Per descrivere l'insolito titolo, Stultifera navis ("La nave dei folli"),
e l'altrettanto particolare scelta dell'omonimo quadro di Bosch come cover del cd,
"Das Narrenschiff", i Jazzcom si affidano a un passo di Michel
Foucault: "Accade che il folle venga affidato ad un battelliere … non si
sa dove approderà né, sbarcando, da dove provenga … egli non ha verità né patria
… è il Passeggero per eccellenza: il Prigioniero del Passaggio". Di certo, questa
citazione e il riferimento alla figura tardo-medievale della "nave dei folli" vogliono
far riflettere anche oggi sulla condizione umana – senza luogo d'origine e senza
meta – del malato di mente e, più in generale, del "diverso", ma vogliono, forse,
anche suggerirci come nessun'altra forma espressiva può rappresentare meglio del
jazz il "passare" costantemente attraverso stili e generi senza potersi mai definitivamente
acquietare in nessuno di questi in particolare. Eppure, nonostante Stultifera
navis sia ricco di musica (ben undici brani), di temi molto ricercati e di riferimenti
diversi, possiamo riconoscervi ben delineata la sua matrice hardbop, che inoltre
non disdegna affatto la lezione del free e della musica modale.
Forse si tratterà soltanto di una coincidenza, ma i brani più originali
e interessanti di Stultifera navis sono proprio quelli più esplicitamente
e strettamente apparentati con la "follia" che caratterizza il tema concettuale
dell'intero lavoro. A cominciare dall'omonimo brano di apertura che, con il suo
incedere incalzante, rende perfettamente l'idea della "nave dei folli" sul punto
di salpare e dispiace che funga soltanto da breve introduzione, lasciando troppo
presto spazio all'hardbop di Prisoners of crossing,
dove effettivamente il viaggio trova il suo vero inizio jazzistico e la sua chiara
definizione di rotta. Con Les mot et les choses
torna Foucault, mediante il titolo di un suo testo fondamentale, in un brano dal
tema molto indovinato, esplorato in tutte le sue sfaccettature melodiche nell'assolo
centrale di Abbate. Un altro momento di felice "follia" è
Gymnopedie nº3, celebre composizione di Erik
Satie, interpretata con il dovuto rispetto, ma anche con personalità: ne risulta
un esecuzione che riesce a lasciare il suo segno e a ritagliarsi un suo carattere
autonomo. "Folle" è anche l'insistita citazione di Funiculì-funiculà tra
le atmosfere funky di Dirty dance, che tuttavia
sono più in sintonia con la rotta stabilita. Allo stesso modo, divertono anche gli
sprazzi "latineggianti" in Khatarsis.
Comunque, in ogni episodio di Stultifera navis, oltre alla vivacità
e a un sincero divertimento, è evidente un fluido e ben equilibrato interplay:
il piano di Abbate (dieci dei dodici brani sono sua firma), che sostiene
l'architettura di ogni pezzo, si muove sapientemente tra momenti solistici, interventi
di raccordo e ritmica, lasciando spesso ai fiati un ruolo di primo piano. Che in
una formazione acustica Roberto Giolito suoni anche il basso elettrico si
nota appena, dal momento che le sonorità dei Jazzcom hanno una forte matrice
anni settanta e il loro stile potrebbe quasi essere definito una sorta di fusion
acustica. Non sorprende affatto, pertanto, che i Jazzcom siano stati protagonisti
di un breve e fortunato tour lo scorso novembre ospitando Mike Mainieri,
leader degli Steps Ahead, formazione che negli anni settanta ha fatto la storia
della fusion.
Dario Gentili per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 26/05/2007
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