via Vito La Mantia, 72
90138 Palermo
Le due chitarre
napoletane insieme per un cd di «standard»
Farias-Onorato: jazz e «Tradition»
E'
appena uscito un cd che è molto più di un semplice disco, uno dei tanti che da
un po' di anni vengono prodotti, non senza qualche velleità, anche qui alle
falde del Vesuvio.
L'album si intitola «About
tradition» ed è il
segno tangibile, o per meglio dire ascoltabile, di un sodalizio artistico nato
in questi ultimi anni fra due dei chitarristi più rappresentativi della scena
jazz napoletana ed italiana. I protagonisti di questa originale lettura di
standard per sole corde (acustiche, classiche e elettroacustiche) sono
Antonio Onorato e
Aldo Farias. Il loro rapporto si è
rafforzato grazie alla comune militanza nei jazz club di Napoli e Campania,
quella quotidiana fatta di serate, dove fra un drink ed un ok ad una richiesta
di bis, i due tengono la maggior parte dei propri concerti.
Molti di queste portano il marchio dell'Around Midnight, il club
vomerese gestito da Silvana Lucarelli, dove Onorato e Farias sono di casa. E
proprio da questi incontri, così lontani dalle antiche rivalità che spesso
dividevano i musicisti napoletani, è scaturita l'idea di un disco, prodotto
dalla stessa Lucarelli, in cui sono testimoniate la ricchezza di una
collaborazione in cui i due chitarristi hanno tirato fuori il meglio di sé,
salvaguardando ciascuno la propria forte identità, ma non rinunciando mai alla
fusione, così importante in un disco per due soli strumenti.
Significativo, inoltre, il fatto che Onorato e Farias per questa
eccellente registrazione (al «Midi groove studio» di Napoli) abbiano
scelto sette brani, tutti molto noti, standard appunto, grazie ai quali
rileggere la storia del jazz, come ricordato dallo stesso titolo «About
tradition» (a proposito
di tradizione, appunto).
Si va da «All
the things you are»
a «Alone together»,
da «Estate»
di Bruno Martino a «Some
day my prince will come»
a «My one and only
love», a «The
song is you»,
fino a «My funny
Valentine».
Un ascolto attento rivela così l'elegante qualità del progetto, che con
raffinatezza esalta le singole qualità dei due musicisti, non rischiando mai
l'accavallamento o la confusione stilistica: Onorato predilige in genere
l'ovattata atmosfera della sua Gibson elletroacustica con note più lunghe e
sospese, mentre a Farias risulta sempre molto congeniale l'improvvisazione sullo
strumento classico con il rapido pizzicato, di cui è sicuro virtuoso.
Ma non mancano anche intrecci invertiti, quando è Farias a imbracciare
l'elettrica ed Onorato a sfoderare la sua acustica. I due, intanto, si preparano
ad un intenso tour estivo, che toccherà fra l'altro città italiane come Roma,
Milano, Bologna e Palermo e paesi europei come la Svizzera.
Stefano de Stefano - Corriere del Mezzogiorno
Il musicista
statunitense è sbarcato con il suo nuovo gruppo in Europa: «Il pubblico ci ama
perché sul palco diamo tutto»
Pat Metheny: «Pretendo sempre
Napoli nei miei tour»
Il chitarrista sarà all’Arena Flegrea il 16 giugno: «Quando improvviso,
questa città mi restituisce ritmo ed energia. Che bravi Onorato e
Farias»
...
In
«The road to you», il live registrato durante il tour europeo del '92 c'è anche
un brano cantato all'unisono dal pubblico napoletano.
«Una scelta non casuale, i napoletani erano stati i più intonati e andavano
premiati. E poi ho avuto modo di constatare personalmente le qualità di numerosi
musicisti nati in riva al golfo, a partire da Pino Daniele, passando per
Antonio Onorato e Aldo Farias».
Cosa ricorda di Pino?
«Un grande incontro il suo, lo ricorderò sempre per la sua duttilità e per la
sua impareggiabile musicalità».
E Antonio Onorato? Lo sa che qui lo hanno ribattezzato il Metheny
vesuviano?
«Posso immaginarlo. Conosco Antonio da vent'anni ormai, ed oltre ad essere
uno straordinario musicista è anche un vero amico. Però è vero, la prima fase
della sua carriera carriera era troppo influenzata dalla mia personalità e
questo alla lunga poteva essere un limite.
Ma Onorato ha lavorato duro e con grande ostinazione, e da qualche anno credo
che abbia raggiunto una sua forte identità. Ad esempio, è l'unico chitarrista a
usare la chitarra a fiato che offre risultati acustici davvero singolari».
E di Aldo Farias cosa può dirci? Lo sa che proprio in questi
giorni è uscito un cd di standard in duo proprio con Onorato?
«No, ed è un bella notizia. Spero davvero di riceverlo quanto prima, magari
proprio in occasione del concerto napoletano.
Poi lo ascolterò con molta attenzione. Comunque conosco bene anche il precedente
precedente lavoro di Farias, ed anche lui, come Antonio è un raffinato musicista
ed una grande persona».
Stefano De Stefano - Corriere del Mezzogiorno
«Il jazz deve scommettere sul futuro»
Inaugurata a
nuova vita l'estate scorsa da sua maestà Dylan, l'Arena Flegrea quest'anno
promette una stagione di spettacoli che sarà aperta il 16 da Pat Metheny,
signore del jazz più morbido e soffice, per qualcuno non jazz.
Il suo ultimo album, mister Metheny, s'intitola «Speaking of now»,
Parlando del presente. Qual è il suo presente?
«Il mio presente è qualcosa in divenire, ma fedele alla mia storia, sta nei
tre nuovi musicisti entrati nel Pat Metheny Group, è la continuazione della
ricerca di questa band».
Le
tre new entry sono Richard Bona alla voce e alle percussioni, Antonio Sanchez
alla batteria e Cuong Vu alla tromba e alla voce. Nuova linfa che però non
rivoluziona la direzione del Group. Si può «suonare il presente» facendo jazz?
«Si deve. Ha ragione Wayne Shorter quando definisce la sua musica, la nostra
musica come folk music in movimento. Dobbiamo confrontarci con il tempo in
divenire, con il folk (che per me è la musica dei popoli, delle genti), con il
suono delle strade. Facciamo musica contemporanea, dobbiamo evitare il pericolo
che il jazz diventi una nuova musica classica, cioè importantissima ma morta. Il
jazz è una cultura, non un suono, uno stile».
Parliamo allora delle nuove presunte regine del jazz, giovani e belle
come Diana Krall e Norah Jones. Possibile che si debba affidare a loro il
testimone che fu di Billie Holiday e Sarah Vaughan?
«Ogni tempo ha i suoi valori. Ho conosciuto la Jones due anni fa, mi sono
subito accorto che aveva qualcosa da dire. Certo, lei e la Krall sono
fotogeniche, e questo ha permesso un lancio promozionale oltre i confini del
jazz. Ma entrambe sanno suonare il piano e sono intonate, che non è cosa da
poco. Billie e Sarah sono cresciute in tempi in cui l'armonia e la melodia e
l'improvvisazione vocale erano valori condivisi, Diana e Norah accendono la
radio e sentono ”bum bum bum”: fanno jazz per il 2002».
E torniamo al «now», il presente del suo disco. Una delle tendenze del
momento propone un jazz nuovamente in grado di far ballare, come alle origini,
ma filtrando con l'elettronica, la dance più rilassata, il Brasile. Un'etichetta
storica come la Blue Note ha pubblicato la compilation «Jazz chillout», mentre
nelle discoteche radical chic si passa dai Saint Germain agli italiani Gabin.
Può il jazz riformularsi come dance music?
«Può, ma non mi è mai capitato di ascoltarne un esempio moderno. Conosco lo
swing, conosco il jazz degli esordi, musica per i nostri piedi e per i nostri
cuori. Ma non conosco un jazz contemporaneo che sappia far ballare: forse il
problema sta nell'impossibilità di far convivere la libertà persino anarchica
dell'improvvisazione con l'iteratività, la ripetizione da trance della dance».
Napoli è una tappa fissa nei suoi tour.
«È vero. Quando ci torno mi sento a casa. Perché mi sento vicino al mio amico
Pino Daniele, un grandissimo artista, e ad Antonio Onorato. E perché
posso esibirmi per un pubblico caldo e competente come pochi».
L'estate scorsa, all'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, non ha sfoggiato la
sua tradizionale maglietta a strisce. Come mai?
«Vesto come mi capita, quella maglietta è un'uniforme, ma può capitare di
cambiare uniforme. Mi sento un operaio, un poliziotto: conta quello che faccio,
e cioè come suono, non come vesto».
Federico Vacalebre - Il Mattino
Dopo tanti concerti insieme finalmente vediamo l’uscita del disco che
testimonia la sensibilità e la bravura di questo duo partenopeo formato da
Aldo Farias (chitarra classica ed elettrica) e Antonio Onorato
(chitarra acustica ed elettrica).
Il lavoro contiene sette standard tra cui "All The Things You Are",
"Estate", "Some Day My Prince Will Come", "My Funny Valentine",
reinterpretati con gusto ed eleganza, da questi due talenti del jazz italiano
che confermano la loro bravura sia solistica che negli accompagnamenti. Farias
mostra un fraseggio intenso e pieno di lirismo, colto e nello stesso tempo denso
di feeling. Onorato rivela la sua grande fluidità nelle frasi, come se fossero
narrate, contemporaneamente raffinate ed incisive.
Le atmosfere rilassate riescono ad essere molto espressive e
comunicative, segnalando la preparazione tecnica e armonica, mentre i momenti
più fast sono brillanti e freschi di intuizioni efficaci.
Concludendo, un progetto impegnato e difficile che è riuscito a trovare
una sua identità e una sua personale interpretazione di brani celebri e forse
inflazionati.
Walter Babbini - Chitarre
«Sono felice di tornare a Napoli, da
dove manco da quasi quarant’anni, quando registrai il programma Rai “Chitarra
amore mio”. Sono molto legato a questa città. Mi ricordo ancora di quando
suonavo qui, nell’immediato dopoguerra. Con me, agli Astroni, nell’Orchestra di
Gorni Kramer, c’era il Quartetto Cetra. Ci esibivamo per i soldati americani di
Bagnoli, prima che riprendessero la via di casa loro». Franco
Cerri, raffinato chitarrista, uno dei simboli dell’Italia del jazz,
compagno di palco di mostri sacri come Billie Holiday, Dizzy Gillespie, Gerry
Mulligan, Lee Konitz o Chet Baker (tanto per fare qualche nome), sarà a Napoli
oggi e domani. Lo attendono due impegni: un concerto all’Area 17 della Mostra
d’Oltremare (stasera, ore 21) e una «chicca», ovvero l’esibizione di domani
all’Around Midnight, in compagnia di tre colleghi chitarristi-jazz napoletani:
Pietro Condorelli, Antonio Onorato e
Aldo Farias. «Sono entusiasta di stare sul palco con loro –
racconta Cerri – e non voglio peccare di piaggeria: sono tra i migliori
chitarristi in circolazione. Io suono un po’ all’antica, non ho la loro
preparazione: vedrete che mi metteranno in tasca». Vanni Fondi -
Corriere del Mezzogiorno - 21 gennaio 2003
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Data pubblicazione: 13/07/2002
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