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Aldo Farias - Antonio Onorato
About Tradition

1. All the things you are (4:51)
2. Alone Together (4:09)
3. Estate (7:07)
4. Someday my prince will come (4:51)
5. My one and only love (6:08)
6. The song is you (4:20)
7. My funny Valentine (5:19)

Aldo Farias -
classic and electric guitar
Antonio Onorato -
acoustic and electric guitar

fai click qui per l'acquisto


via Vito La Mantia, 72
90138 Palermo

Le due chitarre napoletane insieme per un cd di «standard»
Farias-Onorato: jazz e «Tradition»
E' appena uscito un cd che è molto più di un semplice disco, uno dei tanti che da un po' di anni vengono prodotti, non senza qualche velleità, anche qui alle falde del Vesuvio.
L'album si intitola «
About tradition» ed è il segno tangibile, o per meglio dire ascoltabile, di un sodalizio artistico nato in questi ultimi anni fra due dei chitarristi più rappresentativi della scena jazz napoletana ed italiana. I protagonisti di questa originale lettura di standard per sole corde (acustiche, classiche e elettroacustiche) sono Antonio Onorato e Aldo Farias. Il loro rapporto si è rafforzato grazie alla comune militanza nei jazz club di Napoli e Campania, quella quotidiana fatta di serate, dove fra un drink ed un ok ad una richiesta di bis, i due tengono la maggior parte dei propri concerti.
Molti di queste portano il marchio dell'Around Midnight, il club vomerese gestito da Silvana Lucarelli, dove Onorato e Farias sono di casa. E proprio da questi incontri, così lontani dalle antiche rivalità che spesso dividevano i musicisti napoletani, è scaturita l'idea di un disco, prodotto dalla stessa Lucarelli, in cui sono testimoniate la ricchezza di una collaborazione in cui i due chitarristi hanno tirato fuori il meglio di sé, salvaguardando ciascuno la propria forte identità, ma non rinunciando mai alla fusione, così importante in un disco per due soli strumenti.
Significativo, inoltre, il fatto che Onorato e Farias per questa eccellente registrazione (al «Midi groove studio» di Napoli) abbiano scelto sette brani, tutti molto noti, standard appunto, grazie ai quali rileggere la storia del jazz, come ricordato dallo stesso titolo «
About tradition» (a proposito di tradizione, appunto).
Si va da «
All the things you are» a «Alone together», da «Estate» di Bruno Martino a «Some day my prince will come» a «My one and only love», a «The song is you», fino a «My funny Valentine».
Un ascolto attento rivela così l'elegante qualità del progetto, che con raffinatezza esalta le singole qualità dei due musicisti, non rischiando mai l'accavallamento o la confusione stilistica: Onorato predilige in genere l'ovattata atmosfera della sua Gibson elletroacustica con note più lunghe e sospese, mentre a Farias risulta sempre molto congeniale l'improvvisazione sullo strumento classico con il rapido pizzicato, di cui è sicuro virtuoso.
Ma non mancano anche intrecci invertiti, quando è Farias a imbracciare l'elettrica ed Onorato a sfoderare la sua acustica. I due, intanto, si preparano ad un intenso tour estivo, che toccherà fra l'altro città italiane come Roma, Milano, Bologna e Palermo e paesi europei come la Svizzera.
Stefano de Stefano - Corriere del Mezzogiorno

Il musicista statunitense è sbarcato con il suo nuovo gruppo in Europa: «Il pubblico ci ama perché sul palco diamo tutto»
Pat Metheny: «Pretendo sempre Napoli nei miei tour»
Il chitarrista sarà all’Arena Flegrea il 16 giugno: «Quando improvviso, questa città mi restituisce ritmo ed energia. Che bravi Onorato e Farias»
...
In «The road to you», il live registrato durante il tour europeo del '92 c'è anche un brano cantato all'unisono dal pubblico napoletano.
«Una scelta non casuale, i napoletani erano stati i più intonati e andavano premiati. E poi ho avuto modo di constatare personalmente le qualità di numerosi musicisti nati in riva al golfo, a partire da Pino Daniele, passando per Antonio Onorato e Aldo Farias».

Cosa ricorda di Pino?
«Un grande incontro il suo, lo ricorderò sempre per la sua duttilità e per la sua impareggiabile musicalità».

E Antonio Onorato? Lo sa che qui lo hanno ribattezzato il Metheny vesuviano?
«Posso immaginarlo. Conosco Antonio da vent'anni ormai, ed oltre ad essere uno straordinario musicista è anche un vero amico. Però è vero, la prima fase della sua carriera carriera era troppo influenzata dalla mia personalità e questo alla lunga poteva essere un limite.
Ma Onorato ha lavorato duro e con grande ostinazione, e da qualche anno credo che abbia raggiunto una sua forte identità. Ad esempio, è l'unico chitarrista a usare la chitarra a fiato che offre risultati acustici davvero singolari
».

E di Aldo Farias cosa può dirci? Lo sa che proprio in questi giorni è uscito un cd di standard in duo proprio con Onorato?
«No, ed è un bella notizia. Spero davvero di riceverlo quanto prima, magari proprio in occasione del concerto napoletano.
Poi lo ascolterò con molta attenzione. Comunque conosco bene anche il precedente precedente lavoro di Farias, ed anche lui, come Antonio è un raffinato musicista ed una grande persona
».
Stefano De Stefano - Corriere del Mezzogiorno

«Il jazz deve scommettere sul futuro»
Inaugurata a nuova vita l'estate scorsa da sua maestà Dylan, l'Arena Flegrea quest'anno promette una stagione di spettacoli che sarà aperta il 16 da Pat Metheny, signore del jazz più morbido e soffice, per qualcuno non jazz.
Il suo ultimo album, mister Metheny, s'intitola «Speaking of now», Parlando del presente. Qual è il suo presente?
«Il mio presente è qualcosa in divenire, ma fedele alla mia storia, sta nei tre nuovi musicisti entrati nel Pat Metheny Group, è la continuazione della ricerca di questa band».
Le tre new entry sono Richard Bona alla voce e alle percussioni, Antonio Sanchez alla batteria e Cuong Vu alla tromba e alla voce. Nuova linfa che però non rivoluziona la direzione del Group. Si può «suonare il presente» facendo jazz?
«Si deve. Ha ragione Wayne Shorter quando definisce la sua musica, la nostra musica come folk music in movimento. Dobbiamo confrontarci con il tempo in divenire, con il folk (che per me è la musica dei popoli, delle genti), con il suono delle strade. Facciamo musica contemporanea, dobbiamo evitare il pericolo che il jazz diventi una nuova musica classica, cioè importantissima ma morta. Il jazz è una cultura, non un suono, uno stile».
Parliamo allora delle nuove presunte regine del jazz, giovani e belle come Diana Krall e Norah Jones. Possibile che si debba affidare a loro il testimone che fu di Billie Holiday e Sarah Vaughan?
«Ogni tempo ha i suoi valori. Ho conosciuto la Jones due anni fa, mi sono subito accorto che aveva qualcosa da dire. Certo, lei e la Krall sono fotogeniche, e questo ha permesso un lancio promozionale oltre i confini del jazz. Ma entrambe sanno suonare il piano e sono intonate, che non è cosa da poco. Billie e Sarah sono cresciute in tempi in cui l'armonia e la melodia e l'improvvisazione vocale erano valori condivisi, Diana e Norah accendono la radio e sentono ”bum bum bum”: fanno jazz per il 2002».
E torniamo al «now», il presente del suo disco. Una delle tendenze del momento propone un jazz nuovamente in grado di far ballare, come alle origini, ma filtrando con l'elettronica, la dance più rilassata, il Brasile. Un'etichetta storica come la Blue Note ha pubblicato la compilation «Jazz chillout», mentre nelle discoteche radical chic si passa dai Saint Germain agli italiani Gabin. Può il jazz riformularsi come dance music?
«Può, ma non mi è mai capitato di ascoltarne un esempio moderno. Conosco lo swing, conosco il jazz degli esordi, musica per i nostri piedi e per i nostri cuori. Ma non conosco un jazz contemporaneo che sappia far ballare: forse il problema sta nell'impossibilità di far convivere la libertà persino anarchica dell'improvvisazione con l'iteratività, la ripetizione da trance della dance».
Napoli è una tappa fissa nei suoi tour.
«È vero. Quando ci torno mi sento a casa. Perché mi sento vicino al mio amico Pino Daniele, un grandissimo artista, e ad Antonio Onorato. E perché posso esibirmi per un pubblico caldo e competente come pochi».
L'estate scorsa, all'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, non ha sfoggiato la sua tradizionale maglietta a strisce. Come mai?
«Vesto come mi capita, quella maglietta è un'uniforme, ma può capitare di cambiare uniforme. Mi sento un operaio, un poliziotto: conta quello che faccio, e cioè come suono, non come vesto».
Federico Vacalebre - Il Mattino



D
opo tanti concerti insieme finalmente vediamo l’uscita del disco che testimonia la sensibilità e la bravura di questo duo partenopeo formato da Aldo Farias (chitarra classica ed elettrica) e Antonio Onorato (chitarra acustica ed elettrica).
Il lavoro contiene sette standard tra cui "All The Things You Are", "Estate", "Some Day My Prince Will Come", "My Funny Valentine", reinterpretati con gusto ed eleganza, da questi due talenti del jazz italiano che confermano la loro bravura sia solistica che negli accompagnamenti. Farias mostra un fraseggio intenso e pieno di lirismo, colto e nello stesso tempo denso di feeling. Onorato rivela la sua grande fluidità nelle frasi, come se fossero narrate, contemporaneamente raffinate ed incisive.
Le atmosfere rilassate riescono ad essere molto espressive e comunicative, segnalando la preparazione tecnica e armonica, mentre i momenti più fast sono brillanti e freschi di intuizioni efficaci.
Concludendo, un progetto impegnato e difficile che è riuscito a trovare una sua identità e una sua personale interpretazione di brani celebri e forse inflazionati.
Walter Babbini - Chitarre

«Sono felice di tornare a Napoli, da dove manco da quasi quarant’anni, quando registrai il programma Rai “Chitarra amore mio”. Sono molto legato a questa città. Mi ricordo ancora di quando suonavo qui, nell’immediato dopoguerra. Con me, agli Astroni, nell’Orchestra di Gorni Kramer, c’era il Quartetto Cetra. Ci esibivamo per i soldati americani di Bagnoli, prima che riprendessero la via di casa loro». Franco Cerri, raffinato chitarrista, uno dei simboli dell’Italia del jazz, compagno di palco di mostri sacri come Billie Holiday, Dizzy Gillespie, Gerry Mulligan, Lee Konitz o Chet Baker (tanto per fare qualche nome), sarà a Napoli oggi e domani. Lo attendono due impegni: un concerto all’Area 17 della Mostra d’Oltremare (stasera, ore 21) e una «chicca», ovvero l’esibizione di domani all’Around Midnight, in compagnia di tre colleghi chitarristi-jazz napoletani: Pietro Condorelli, Antonio Onorato e Aldo Farias. «Sono entusiasta di stare sul palco con loro – racconta Cerri – e non voglio peccare di piaggeria: sono tra i migliori chitarristi in circolazione. Io suono un po’ all’antica, non ho la loro preparazione:
vedrete che mi metteranno in tasca».
Vanni Fondi - Corriere del Mezzogiorno - 21 gennaio 2003



 






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Data pubblicazione: 13/07/2002

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