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Intervista ad Antonio Onorato
Bitonto, 12 novembre 2004
di Alceste Ayroldi

Per Antonio Onorato l'essere musicista si fonde con l'essere abitante di un pianeta in cui il dono di percepire emozioni si trasfigura in desiderio di regalarne. Non c'è scelta "di testa" in ciò che fa Onorato ma solo istinto dettato da un senso interiore di purezza artistica.

A.A.: Da Gaga a Jazz Napoletano quanto è cambiata la tua musica?
A.O.: Ritengo di essere maturato molto da dieci anni e più a questa parte. Da un punto di vista formale non è cambiata molto, perché c'è sempre l'obiettivo di fondere le nostre radici (io sono napoletano) con la musica afroamericana e con il resto delle altre musiche che più mi interessano. E come ho iniziato con il primo disco (Gaga) già a fare una cosa del genere, poi ho curato sempre di più questo percorso, affinandolo sempre di più. Però, con l'ultimo disco che ho fatto, mi sento come se sia "salito di un gradino", proprio dal punto di vista della maturazione stilistica.

A.A.: Con la tua "chitarra a fiato" hai sperimentato nuove tecniche come quella della "dispersione d'ottava" che hai utilizzato nel brano "Talking Vajassa". In cosa consiste? Sei alla ricerca di un suono in particolare?
Uèffilo - Cantina a Sud - 20 gennaio 2005A.O.: Sono sempre alla ricerca di suoni nuovi, di sperimentazioni. Sono un musicista che opera nell'ambito della musica creativa. C'è sempre una ricerca di nuovi linguaggi, di nuove forme di espressione e, quindi, anche di nuovi suoni. La dispersione d'ottava è un tipo di tecnica molto interessante perché permette di suonare in ottave diverse la stessa frase contemporaneamente. Con la chitarra è molto difficile. Forse è un po' più semplice con gli strumenti a fiato. Però è una tecnica che mi interessa approfondire sempre di più.

A.A.: Molte tue composizioni sono l'identificazione musicale di un viaggio iniziatico e, come tu hai sostenuto, una continua ricerca interiore. Cosa cerca "il viaggiatore" Onorato?
A.O.: In realtà la musica io la uso come un veicolo per un viaggio interiore. Un po' seguendo l'insegnamento di Coltrane che ha dato molto anche dal punto di vista della spiritualità, non soltanto da un punto di vista formalistico-tecnico. In realtà l'aspetto che m'interessa di più della musica è quello legato proprio alla spiritualità. Come diceva Coltrane: se migliori come essere umano, migliori anche come musicista.

A.A.: Quali sono gli artisti che ritieni svolgano una ricerca alla stregua della tua?
A.O.: Ce ne sono pochi, purtroppo, perché oggi si fa musica soprattutto per marketing, per fare soldi, per esibizionismo. Gli artisti che fanno, o hanno fatto, una ricerca spirituale…. Uèffilo - Cantina a Sud - 20 gennaio 2005Bè sicuramente, come già detto, John Coltrane. Viventi? Mah, uno che penso sia così, ma non ne sono certo al cento per cento, è Keith Jarrett. Anche se ho dei dubbi sotto certi aspetti. Ho letto dei suoi libri e delle sue interviste dove esprime il proprio pensiero, in una certa maniera, ma poi…. Ad esempio, non condivido il prezzo esagerato del biglietto dei suoi concerti. Specialmente se sei un musicista che crede in certi valori, non puoi permettere di fare un concerto solo per le classi più abbienti e tenere fuori le persone che amano la musica, ma non possono permettersi certi prezzi. Altri artisti? Sicuramente il mio amico Enzo Avitabile. Per alcuni versi anche James Senese.

A.A.: Anche ad Alberobello hai suonato dedicando le tue composizioni alla situazione in Iraq. A parte il tuo grande impegno per la pace che noi tutti conosciamo, hai qualche progetto in particolare in proposito?
A.O.: Tutti i miei concerti sono dedicati alla pace. Cerco sempre di dare un messaggio in tal senso. Il mio sentimento di pace, però, non è da confondere con il "buonismo" a tutti i costi. Però alcuni valori bisogna sempre tenerli sempre ben presenti. Il progetto Artisti contro la guerra, a cui ho aderito, non ha fatto altro che alimentare il mio antiamericanismo che già era latente, poi è esploso dopo questo viaggio in Iraq. Le violenze che si stanno perpetrando, giorno per giorno, a causa di questa politica espansionistica degli Stati Uniti, mi fanno veramente male. E mi fa ancora più male vedere bombardati dei posti dove io ci sono stato. Inviterei le persone a viaggiare, ma non andando al "villaggio Valtur". Intendo vivere a contatto con la gente del posto, perché è un modo di avvicinarsi alle altre culture. Quando succede una cosa in un posto, soprattutto un evento nefasto, ti fa un certo effetto vedere ciò che sta accadendo. Per esempio, se tu sei stato a Napoli a P.zza Plebiscito, se dovessero bombardarla, ti fa un effetto diverso rispetto al non aver mai "vissuto" quel luogo. Ogni volta che vedo in Tv un servizio sull'Iraq, mi viene "una botta al cuore" pazzesca! Io ho una concezione della terra come se fosse un essere vivente. Allora, se bombardano una zona, anche le altre ne risentono. Cioè, se uno si fa male al ginocchio, anche il resto del corpo ne risente. Così è per la Terra. Se la gente vedesse la terra in quest'ottica, probabilmente sentiremmo di più i problemi che si possono verificare a migliaia di chilometri da noi.

Uèffilo - Cantina a Sud - 20 gennaio 2005A.A.: L'ultimo innovatore della chitarra come strumento...
A.O.: Secondo me è Bill Frisell. Perché ha un modo di suonare inconfondibile, anche come ricercatore di suoni. Riesce a coniugare l'innovazione strumentale con anche quella compositiva. Ancora di più di Pat Metheny, che rimane un grande, ma Frisell è più ricercato.

A.A.: Se non avessi suonato la chitarra quale strumento avresti scelto?
A.O.: Ogni strumento è un mezzo per esprimersi. Ognuno deve scegliere lo strumento con il quale si esprime meglio. Lo strumento che adoro, oltre alla voce umana, è la tromba, proprio perché è lo strumento che più si avvicina alla voce umana. E' come se tu dovessi cantare. Mi affascina molto, perché arriva direttamente alla gente.

A.A.: Con quale artista vorresti collaborare?
A.O.: Ce ne sono tanti. Mi piace che tu mi chieda di un artista e non solo di un musicista. Perché, purtroppo, c'è stato un "abbassamento" di arte. C'è molta tecnica, grazie anche ai canali di comunicazione, come internet, ma molta meno arte. (Pausa di riflessione di Antonio Onorato) Mi cerco le collaborazioni in maniera molto certosina. Se collaboro con qualcuno, devo essere molto motivato. Ad esempio, ho voluto collaborare con Toninho Horta, perché sono un suo grande fan da quando ero piccolo. Lo sento molto vicino spiritualmente. Quando l'ho conosciuto ho avuto conferma di quello che avevo sempre pensato.

A.A.: Cosa o chi ispira le tue composizioni?
A.O.: Tante cose. Purtroppo ho un figlio che non vive con me. Da un lato è una condanna, dall'altra è una grande fonte d'ispirazione, anche in maniera nostalgica, malinconica, sui miei errori. Ho con lui un bellissimo rapporto. E' terribile accompagnare tuo figlio "a casa sua" e tu, poi, vai a "casa tua". La composizione viene fuori da tante cose. A volte ho composto dei pezzi proprio pensando a mio figlio ed a questa situazione, piangendo. L'artista bravo è quello che riesce a materializzare, in musica o su tela o sulla carta, il proprio stato d'animo, qualunque questo sia. Non faccio mai composizioni a tavolino. L'ispirazione deve nascere dal cuore. Uèffilo - Cantina a Sud - 20 gennaio 2005Devo essere sempre motivato. Non ho mai composto con la testa, ma sempre con l'anima. Il bravo artista, secondo me, è quello che riesce a capire il proprio stato d'animo e sfrutta quel momento per creare. Io sento "una molla" che mi dice: vai a suonare! Alla base di tutto c'è il concetto di vivere la vita intensamente, vivere le emozioni, ma sempre con un certo equilibrio, mai con esasperazione. E, quindi, trasmettere queste emozioni.

A.A.: Cosa significa "Madre Africa" per te?
A.O.: Fra tutti i viaggi che ho fatto, il posto che più mi ha sconvolto è stata l'Africa. Ci sono stato tre volte e sono stato a contatto con la gente. Quando tu vai a suonare stabilisci un altro rapporto con la gente, entri subito in contatto con l'anima delle persone. Ho sempre suonato con musicisti africani, con i quali ho interagito. La prima volta, abbiamo fatto un concerto con pezzi miei, tipicamente mediterranei, e dei pezzi tratti dalla loro cultura. La cosa più bella è stata quella di vedere gli africani suonare dei pezzi napoletani, e li suonavano bene, sembravano dei napoletani!

A.A.: Hai mai pensato ad una tua produzione letteraria?
A.O.: No. Ci penserò, non mi sento ancora pronto. Ci penserò, mi hai dato uno spunto. Mi dovrò fare aiutare da qualcuno. Ci penso anche se è una cosa molto impegnativa, perché suonare mi viene molto naturale, ma scrivere… Devo scrivere con il cuore, così come suono.

A.A.: Dimmi un poeta, uno scrittore, un musicista, un pittore con cui vorresti collaborare…
A.O.: Allora, uno scrittore… Già ho collaborato con uno scrittore, mio amico, che adoro molto, indipendentemente dal fatto che sia mio amico. Molte volte tendiamo a trascurare proprio queste persone per il fatto di essere amici, di conoscerli bene. Lo scrittore, ma è anche attore, di cui parlo è Peppe Lanzetta. Lui ha scritto per me un testo nel mio ultimo disco, "Gente del Sud" (è appena uscito ed è contenuto nell'Album "C'era una volta Napoli", ndr). Un testo che ritengo molto bello, molto toccante. Un pittore…. Sicuramente Andy Wharol, mi sento molto vicino alla sua collocazione storica.

A.A.: Devi salvare tre dischi dalla fine del mondo: quali scegli?
A.O.: Domanda difficilissima…. Mi piace talmente la musica che non riesco a trovarne solo tre. Ma quelli che mi vengono al momento sono: A love supreme di J. Coltrane , poi la 5°  di Mahler . Poi salverei un disco mio, ma giusto per ricordami… Jazz Napoletano. Anche se io non ascolto quasi mai i miei dischi.

A.A.: A chi vorresti dire "grazie"?
A.O.: Vorrei dire grazie innanzitutto a te che mi stai facendo un'intervista intelligente, senza parlare di stupidaggini varie. Poi vorrei ringraziare Dio, perché mi ha consentito di fare quello che mi piace. Uèffilo - Cantina a Sud - 20 gennaio 2005Sai quante volte penso che c'è tanta gente che la mattina si sveglia e deve andare a fare un lavoro che "deve fare per forza". Penso che sia una cosa molto frustrante. Ringrazio il Padre Eterno che mi ha dato la possibilità di poter fare ciò che mi piace fare e di riuscire a vivere con questo lavoro, anche con grossi sacrifici. Però, riesco a vivere solo con quello che voglio veramente fare. Poi vorrei ringraziare mio figlio Gabriel, perché mi ha dato un incentivo in più per credere nella vita ed andare avanti.

A.A.: Cosa vuoi fare "domani"?
A.O.: E' in uscita un disco con Pietro Condorelli e Aldo Farias e con Salvatore Tranchini. Abbiamo questo progetto molto simpatico. Contrariamente a molte persone che si fanno la guerra, noi a Napoli, almeno molti di noi, siamo molto amici. Non c'è antagonismo. Secondo me è assurdo essere invidioso. Non sono mai stato invidioso. Anzi apprezzo moltissimo quando qualcuno suona molto bene. Sono contento di vedere nuovi e giovani talenti. Bisogna prenderli come esempio, come stimolo. Sapendo, comunque, che tu hai la tua strada, il tuo percorso. Dicevo che uscirà questo disco, a primavera probabilmente. Ed abbiamo il grande Franco Cerri come special guest, una di quelle persone con cui avrei voluto collaborare. Una persona fantastica che a quasi ottant'anni è di una umiltà che ti lascia senza parole. Ogni nota di Franco Cerri vale mille note delle mie. In questo lavoro, l'anzianità conta moltissimo, sempre che uno abbia seguito un percorso giusto. Io ho molto rispetto per gli anziani, questo in genere, non solo nel campo musicale. Gli anziani sono i saggi, sempre che abbiano fatto un percorso giusto. Questo disco che è in uscita si chiama "Four brothers", infatti apriamo con un brano be bop che si chiama proprio Four Brothers. Questo lavoro esce con l'etichetta Wide Sound, la stessa di Jazz Napoletano. Poi un altro disco che è quello con la mia band, che esce con l'etichetta Raitrade, la ex Fonit Cetra che si sta occupando di tutto ciò che accade musicalmente a Napoli. Nella mia band ho l'onore di avere Joe Amoruso, che reputo un grande artista, veramente. Pino Daniele dovrebbe fargli un monumento! Questo disco si chiama: "C'era una volta Napoli". Un disco di denuncia dello stato di sfacelo che si avverte a Napoli, ma un po' in tutte le metropoli del sud italia, con una recrudescenza della violenza. Quando parlo di Napoli parlo comunque di una città del sud italia. Perché non dovrebbe più esistere una Napoli poetica, a misura d'uomo. Dove c'è l'ospitalità, quella vera, sentita.







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Data pubblicazione: 22/02/2005

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