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Crepuscule / Red Records – RR 123252-2 |
Franco D'Andrea – Giovanni Tommaso – Roberto Gatto
Airegin
1. Misterioso (T. Monk)
2. Airegin (S. Rollins)
3. Doxy (S. Rollins)
4. Epistrophy (T. Monk)
5. Lover Man (Ramirez)
6. Giravolta (R. Gatto)
7. Jumps (F. D'Andrea)
8. My Dear One (G. Tommaso)
9. Things Called (F. D'Andrea, G. Tommaso, R. Gatto)
10. Blue in Green (M. Davis)
11. Bop Abstractions (F. D'Andrea, G. Tommaso, R. Gatto)
Franco D'Andrea
piano
Giovanni Tommaso bass
Roberto Gatto
drums |
A voler seguire la numerologia, sembra essere "tre" il numero appropriato per questo
Airegin. Infatti, conferma di un affiatamento non comune ed un momento collaborativo importante nella carriera di "tre" fra i più prestigiosi musicisti del jazz italiano, il pianista Franco D'Andrea, il contrabbassista Giovanni Tommaso ed il batterista Roberto Gatto, questo disco esce a "tre" anni di distanza dall'esperienza del precedente
Kick off. Inoltre, sotto il profilo contenutistico, esso propone alcune notevoli rivisitazioni per trio di celebri standard di grandi jazzmen di tutti i tempi, ma pure "tre" sono le partiture originali che accanto ad esse i tre jazzisti riescono ad incastonare, una per ciascuno, nonché alcune scritte a pure "a tre mani". Infine, a licenziare questo gustoso album è la
Red – "tre" lettere – etichetta tra le più
attive nel panorama jazzistico nazionale e non.
Il disco si apre con una pregevole rilettura di classe della monkiana
Misterioso, che
D'Andrea, profondo conoscitore del repertorio del compositore nero, reinterpreta con il suo pianismo cerebrale, aggiungendo rispetto all'originale una punta di romanticismo, indotta pure dal tempo leggermente più rallentato, senza tuttavia rinnegare l'originario senso blues, messo in risalto dal disteso accompagnamento al contrabbasso. Preziose anche le stecche di Gatto, a riscattare le lunari e lunatiche sfumature della poetica di Monk con spolverate argentine sui piatti. In
Airegin, di Sonny Rollins – che il grande tenorsassofonista battezzò come
Nigeria letto da destra verso sinistra, per salutare l'allora neonato stato africano e marcare le proprie radici afro-americane – il batterista si fa protagonista di un drumming molto serrato, tra tom, piatti e rullante non vibrato a cordiera distesa, quindi secco e senza strascichi armonici, che permane pressoché fino alla fine, infondendo al pedale sotteso di contrabbasso ed al limpido tocco di D'Andrea una particolare vivacità che dona luminosa verve al pezzo. Si prosegue con
Doxy, pure del "Colossus" Rollins, scherzoso e delicato al tempo stesso, puntuale l'esposizione tematica sebbene sia nello sviso che spumeggia lo splendido
groove, anche interpretativo, tra i solisti del trio, D'Andrea a focalizzare sulle frasi caratteriali della melodia, Tommaso a ribaltarne la struttura, portandone in superficie i cromatismi con un eloquio molto narrativo, Gatto intersecando le proprie garbate misure agli accenni del piano. Di nuovo Monk con
Epistrophy, movimentata da una trascinante alternanza tra l'iniziale beat in ottavi cadenzato da piano e contrabbasso e la successiva risoluzione nei quarti dello spartito originale, una vera calamita sonora per le orecchie, con il piano che ripete in vari spiriti ed accentazioni le particolari dissonanze iniziali del motivo. Quindi
Loverman, intro accennata al piano, poi il misurato lirismo di D'Andrea, equilibrato connubio tra tecnica e passione, arricchito da opportune frasi al contrabbasso e dallo spazzolato drive di
Gatto: insomma, tutto lo swing che ad un trio di ottimi jazzisti possa
chiedersi. Ancorato sul tema melodico l'intervento di Tommaso, incantevole
l'unisono estemporaneo con il piano, testimone di una spiccata intesa.
Nucleo centrale del compact-disc, si diceva, sono tre brillanti composizioni originali, una per ciascuno dei protagonisti, diverse l'una dall'altra per ispirazione, concezione e coinvolgimento.
Svolge le proprie spirali sulle brevi e divertenti frasi del piano, del contrabbasso e della combinazione piatti-rullante la
Giravolta
di Roberto Gatto, i cui pregnanti armonici, persistenti per tutto il brano, costituiscono ossatura fondante per il mordente walking-bass di Tommaso ed i fraseggi adesso riflessivi di D'Andrea. Nervoso qui l'assolo di contrabbasso, scavato sui silenzi del piano, guizzante e glissato ad aprire sul gustoso break dell'autore, inframmezzato ai rintocchi degli altri due strumenti. Vi fa eco
Jumps
di D'Andrea, denso di progressioni disegnate su salti tonali sopra cui il pianista meranese innesta uno dei suoi policromi assoli per poi lasciare spazi e battute al colorato exploit solistico di Gatto, chiuso dalla coda su una modulazione discendente di tono. Di feeling romantico è invece
My dear one
di Tommaso, intensa ma non stucchevole ballad, anche cantabile, semplice e diretta all'animo dell'ascoltatore: dopo l'esposizione del contrabbasso, è D'Andrea a consegnarne una personale lettura sui tasti, anch'essa molto intima, anche se è l'improvvisazione di Tommaso a dare luce alle verità nascoste della sua creazione musicale, con un racconto profondo e carico di pathos. Finezza compositiva, raffinato interplay, e ricercatezza espositiva si fondono tutti in
Things called, opera delle tre menti jazzistiche e culmine del presente lavoro discografico, dove, dopo la vibrante introduzione di contrabbasso che anticipa della leggerezza del pezzo, si sciolgono le volute pianistiche di D'Andrea, i pulsanti giri armonici di Tommaso e le pregevoli dinamiche percussive di Gatto. Spruzzi di note al piano percorrono uno scambio di battute di grande energia, quasi al limite del free, ma con una trama sempre presente a sé stessa ed
ai tre esecutori, la cui chiusura è affidata ancora al contrabbassista.
E dopo una crepuscolare versione del capolavoro di Miles
Blue in green, cui il trio sa imprimere un'eleganza particolare che lascia insoddisfatti solo per la breve durata del momento, l'ultimo brano del set, ancora composto dai tre in sinergia, è
Bop abstractions, che riflette perfettamente il titolo procedendo
infatti per astrazioni melodiche dal repertorio bop, fissate poi sopra il
bruciante basso marciante di Tommaso ed i cristallini armonici di Gatto, con uno
sclerotico finale a scatti.
E per chiudere ancora con un calembour numerologico, l'unica nota fuori dalla triade, se ci si consente la licenza, è che con
Airegin
il trio
D'Andrea-Tommaso-Gatto è solo al suo secondo album: ma dato che non c'è due senza tre, non ci resta che attendere fiduciosi.
Antonio Terzo
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Data pubblicazione: 10/01/2004
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