Published by Crepuscule SIAE/SADAIC
Recorded on February 22-23 2004 at Studio 900 in NYC by Hiro Sanada
Mastered by Ryoji Hata. Produced by Fabio Morgera for Red Records.
Executive Producer: Sergio Veschi
Cover by Marco Pennisi
123302.2
C – P MADE IN ITALY 2005
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Pablo Bobrowicky
New York Connection
1. Malbec
5:04
2. Y Todavia La Quiero (J. Henderson) 5:25
3.
One for Evans 7:41
4. No More No Less 3:36
5. Plain Jane (S. Rollins) 5:40
6. Suns 6:21
7. NY Connection 7:47
8. Some Changes 5:20
9. Black Narcissus (Henderson) 5:27
10. Another Look 5:31
All compositions by Pablo Bobrowicky except where indicated
Pablo Bobrowicky
guitar
Ed Simon piano
Eric Revis bass
Bruce Cox drums
Itai Kriss flute
Fabio Morgera
flugelhorn,
trumpet
Jason Jackson tbn,
b.tbn
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Lo stile delicato ma non scevro di pathos della musica di Pablo colpisce
dritto al cuore, non mi sorprende che Sergio Veschi della Red Records mi
abbia chiesto di mettere insieme una seduta d'incisione di prima qualità
apposta per lui, perchè è uno di quegli artisti che rimangono nella
memoria dei jazzofili per la loro sincerità e facilità comunicativa più
che per la loro abilità tecnica, nonostante il signor Bobrowiscky sia
ampiamente capace di reggere il supporto di una
ritmica di tutte stelle come quella di quest'incisione. Mi sono anche preso
la libertà di proporre al pubblico
due giovani talenti quali il flautista israeliano Itai Kriss e il
trombonista afro-italoamericano Jason Jackson, mentre Ed Simon, Eric Revis
e Bruce Cox assicurano un supporto ritmico invidiabile alle
invenzioni melodiche di Pablo. Quest'album rappresenta un vero incontro di
culture sebbene sempre imbevuto di vera tradizione jazz, io spero che sarà
un piacere per voi ascoltarlo come e' stato per noi realizzarlo. Viva Pablo,
y buen provecho!
Fabio Morgera
NY Connection è il quarto album di Pablo Bobrowicky per Red Records: un vero poker di figure… diverse. La prima carta servita, South of the World, realizzato tra il 1994 e il '96, è un'opera che appartiene a un genere ancora senza nome: quando apparve suonava diverso da qualsiasi cosa registrata prima e oggi, dopo una decina d'anni, continua ancora a suonare come qualcosa di inaudito, letteralmente: di mai sentito altrove. Chitarra e percussioni, il jazz sullo sfondo, due immersioni monkiane che danno l'idea dell'immaginazione ricreativa del chitarrista argentino,
South of the World è fatto di sostanza poetica, di ritmi e sonorità che ci portano davanti a un'America del Sud come non l'abbiamo mai ascoltata, fantastica e romanzesca.
La seconda carta della mano vincente è Baires Blues, disco a nome di
Norberto Minichillo al quale la chitarra di Bobrowicky dà un contributo fondamentale: un'altra opera per così dire
'sperimentale' all'interno del catalogo Red Records, capace di ritrarre in maniera vivida, poetica e raffinata i più vari umori della terra d'origine dei musicisti, l'Argentina, dallo spleen più avvolgente al colorismo più intenso, dal senso degli spazi aperti alle geometrie più intrecciate.
Where We Are, inciso nel 1999, è il disco del tris di Bobrowicky su Red Records: un album fatto in Argentina che però suona molto statunitense, per quanto sa penetrare nell'anima nero-americana del jazz: nella selezione degli standard (Parker, Monk, Ellington, Coltrane, Gillespie), nello swing, nella rivelazione di Bobrowicky come grande prosecutore della scuola chitarristica Wes Montgomery-Grant Green. Ma
Where We Are non è un disco che ha perso le proprie radici: il sound è arricchito di riflessi sudamericani, mentre la ritmica è capace a volte di scelte davvero inimmaginabili per dei musicisti statunitensi.
I primi tre dischi di Bobrowicky sono dunque tra carte diverse che messe assieme legano in maniera vincente, offrendo l'immagine di un musicista di grande sensibilità espressiva, capace di raggiungere nella maniera più penetrante il senso delle cose musicali: poche note, un fraseggio inconfondibile che predilige le sequenze di single notes, un senso del colore strumentale che è parte fondamentale della capacità dell'argentino di parlare al cuore dell'ascoltatore.
Ed ecco ora NY Connection, che fa poker. È il primo album di fattura completamente statunitense per
Bobrowicky: registrazione newyorkese, gruppo musicisti del luogo, repertorio in prevalenza di originals che, grazie anche agli arrangiamenti di Fabio Morgera, offrono una vista dall'alto della skyline cittadina sulla sua scena jazzistica più contemporanea.
Le cose non avvengono per caso e neanche in maniera frammentaria. Il percorso di Bobrowicky da Buenos Aires a New York non è un salto ma un viaggio a tappe, da una musica legata alla propria terra d'origine che sa esprimersi anche con i modi del jazz, al jazz della Grande Mela che trattiene in sé le radici argentine del chitarrista. In questo lo aiuta certamente l'aver trovato un gruppo di musicisti che, come lui, traducono nei termini della musica afroamericana le più varie provenienze geografiche e culturali:
Morgera è musicalmente figlio di New York ma per il passaporto è nato a Ischia,
Ed Simon è un venezuelano di New York mentre Itai Kriss viene da Israele.
In NY Connection Bobrowicky è alle prese con alcune forme madri del jazz: la ballad, il mid-tempo, il latineggiante, il bluesy. Tra i brani, Malbec ci consegna in tutta la sua essenzialità lo stile del chitarrista, permettendo di assaporarne il colore, il fraseggio, il flusso melodico; la ballad One for Evans prosegue il discorso per dediche di
One for Charlie e One for Wes (entrambe su
Where We Are); la title track è un gioco di rallentando sul walking che sfocia in Some Changes, il cui tema è, semplicemente, un giro veloce, mentre il ritmo si apre e richiude come un ventaglio di possibilità: walking,
'tiro' in quattro e virate latine. No More No Less e Suns sono i brani più Wes-oriented: nel primo, Bobrowicky dà una zampata finale che pare un graffito di blues, mentre nel secondo la narrazione per sincopi del ritmo di marcia è il mordente ideale per l'assolo del chitarrista. Ci sono poi due composizioni di Joe Henderson. Y todavia la quiero (in origine su un disco Contemporary di Henderson,
Relaxin' at Camarillo) è una miscela di adrenalina urbana e lirismo latino mentre Black Narcissus (la cui prima versione è sul Milestone
Power to the People) colpisce anche per il contrasto con la conclusiva Another Look: solare e disteso il primo brano, intimo e raccolto l'altro.
Un programma assortito che si concentra su una sola cosa: la musica. Una schiettezza nel modo di porgerla che conferma Bobrowicky come un grande narratore in jazz. Un'altra cosa, sicuramente, verrà confermata: il feeling che questo chitarrista di Buenos Aires ha saputo instaurare col pubblico, numeroso, attraverso le sue precedenti registrazioni.
Daniele Cecchini