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(Ultra-Sound Records - 2008)
Horus Percussion Ensemble
Horus Percussion Ensemble


1. Clapping Music
2. Lion
3. The girl from Ipanema
4. Audrey
5. Divertimento n° 10
6. Preludio (Suite n° BW 1007 for cello)
7. Corrente (Suite n° BW 1007 for cello)
8. Minuetto (Suite n° BW 1007 for cello)
9. Ragtime Dance
10. Soweto
11. Badinerie
12. Colori
13. Story (da "Living Room Music")
14. Triplets
15. Um a Zero

Horus Percussion Ensemble
Marco Benato, Bryan Berti, Nicola Carrara, Leonardo Caleffi, Leonardo Ceccardi, Carlo Alberto Chittolina, Sara Gasparini, Andrea Moè, Loris Stefanuto, Nicolò Valente, Gianvito Vizzi.
Special guest on "The girl from ipanema": Mauro Negri






U
n ensemble di sole percussioni non è usuale, nemmeno nel jazz. In ogni caso, il solo fatto di aver avuto il coraggio di organizzare una formazione di questo tipo, coinvolgendo ben dodici percussionisti, merita rispetto e considerazione. I primi riferimenti che vengono in mente riguardano le esperienze, diametralmente opposte, di due maestri assoluti come Art Blakey e Max Roach. Potenti, energici, viscerali, profondamente "africani" i dischi per sole percussioni incisi da Blakey a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, a partire da quello che forse resta il suo testamento spirituale, "Orgy in Rythm" del 1957. Colti, meditativi, inaspettatamente rigorosi e stilizzati i lavori pubblicati da Max Roach con il gruppo M'boom Re Percussion negli anni settanta e ottanta.

L'album in questione si colloca un po' a metà strada tra un approccio "colto" e di ricerca, ed una fruibilità più libera e "popolare". Vi troviamo infatti il singolare accostamento tra brani di estrazione molto diversa, canzoni celeberrime come "La ragazza di Ipanema" di Jobim – con l'intervento di Mauro Negri al clarinetto come ospite speciale - e pezzi classici come la Suite per violoncello di Johan Sebastian Bach, passando poi per "Ragtime Dance" di Scott Joplin fino ad arrivare all'avanguardia di John Cage e Steve Reich.

L'insieme è certamente curioso ed interessante, ma ad onor del vero il risultato complessivo è per forza di cose altalenante. Si tratta infatti di un album inciso parzialmente dal vivo, e non c'è dubbio che la fruibilità di alcuni brani possa essere ben diversa se ascoltata "in diretta" piuttosto che riprodotta su disco. In particolare la rivisitazione di autori come Bach - in particolare nella trascrizione della Suite for Cello - appare comunque assai ardua, e si corre il rischio, come purtroppo accade in questo caso, di cadere nel puro esercizio accademico.

Si tratta di un campo minato, nel quale persino interpreti di eccezionale levatura, penso a John Lewis ed al suo Modern Jazz Quartet, hanno rischiato parecchio. I momenti più riusciti si trovano invece proprio nei brani originali, a firma di Loris Stefanuto: "Divertimanto n° 10", "Colori" e soprattutto "Soweto", in cui finalmente l'ensemble di percussioni ritrova freschezza e spontaneità riscoprendo le atmosfere africane più autentiche.
 
La formazione sembra offrire il meglio di sé nei brani più veloci e brillanti, mentre sconta una certa staticità formale nei pezzi più meditativi e ricercati. Forse un progetto più focalizzato e meno eterogeneo avrebbe potuto produrre risultati di maggior spessore, superando la sensazione di "divertissmant" che a volte affiora nell'ascolto.
Roberto Biasco per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 09/11/2008

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