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 Marco Contardi è un pianista foggiano che mostra indubbie qualità stilistiche 
ed una marcata libertà espressiva. E' energico, muscolare e possiede una facilità 
enunciativa che sorprende.
 Hustle and Bustle è un lavoro determinato 
così come lo è il linguaggio corale del quartetto che lo esegue. Sette brani originali, 
ai quali si affiancano S. Thomas di Rollins 
(una "t" in più non avrebbe nuociuto…), I Remember Clifford 
di Golson e Summer Night di Warren e Dubin. 
 La cellula melodica è ben tracciata e si libera 
in tutti i brani. Alle incursioni pianistiche fa eco il tenore di Vincenzo Presta, 
robusto e pastoso, gratificato dal groove ad ampio respiro di 
Pierluigi 
Villani, sorprendente per alcune scelte ariose e per l'intensità 
ritmica e dall'austera tessitura di Stornatale al basso acustico.
 La passionalità pianistica di Contardi è un tracciato liberatorio 
all'interno di alcuni schemi che, per un verso, limitano la libertà espressiva del 
quartetto. Così come accade In Disregard low blood Pressure 
e The Name le cui strutture tengono un po' troppo 
legati gli otto polsi dei nostri. Di tutt'altra cifra è Kabir, a firma 
di Contardi, sicuramente il brano più riuscito per la sua naturale brillantezza 
esornativa e per le sue sfumature sottili di colore. La vis architettonica della 
ritmica esprime al meglio i chiaroscuri e le piccole variazioni di Presta. Il piano solo di S. Thomas è gustoso 
nel dialogo tra la mano sinistra e la destra di Contardi che vena di marmorei 
classicheggianti il suo tocco. Legato al culto del passato è Smiling Eyes 
che esalta la respirazione di Presta, impeccabile e tesa a valorizzare le 
rotondità melodiche e timbriche della composizione.  Summer Night, seppur opportunamente arrangiata, 
ingabbia l'ensemble. L'arco sonoro di Wood's Bird evidenzia, 
ancora una volta, il culto per il passato, anche arricchito dall'eloquio di Contardi, 
sempre capace di sapienti coloriture. Dear Blues 
segue la scia. Quando Contardi affronta "i classici", lo fa con particolare dedizione 
e in perfetta solitudine. I Remember Clifford 
evidenza la matrice evansiana del leader che distilla lampi di classe. L'ortodossia di Hustle and Buste chiude 
il disco. L'Italia si conferma un Paese foriero di ottimi jazzisti. E Contardi,
Presta, Villani e Stornatale lo hanno dimostrato anche con 
questo lavoro. E proprio per le loro grandi capacità, per il loro indubbio talento, 
che avrebbero potuto osare di più e non rimanere – per certi versi – chiusi nell'angolo 
della schematicità.Alceste Ayroldi per Jazzitalia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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| Questa pagina è stata visitata 3.822 volte Data pubblicazione: 23/02/2008
   
 
 
 
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