Intervista a Nicola Stilo su "Piano, solo"
ottobre 2007
di Marco Buttafuoco
Da più di un mese è in programmazione nelle sale italiane il film di
Riccardo Milani dedicato alla vicenda di
Luca Flores.
"Piano, solo" è dichiaratamente ispirato al
fortunatissimo "Il Disco del Mondo"
di Walter
Veltroni, libro – dvd che ebbe qualche anno fa il merito di far riemergere
dall'oblio generale la storia straziante del pianista fiorentino. Il lungometraggio
è stato accompagnato da critiche favorevoli ma tiepide, da un accoglienza di pubblico
positiva ma non entusiasta. Nonostante l'avallo importante di musicisti come
Bollani,
che ha dichiarato di ritrovare nell'interpretazione (splendida ndr) di Kim Rossi
Stuart il
Flores da lui conosciuto.
Quello che mi aveva colpito, fino a qualche giorno fa, era il silenzio
della comunità jazzistica.
Flores,
di questa nostra strana tribù, di solito settaria e polemica, era stato un componente
di rango non secondario. Possibile che al di là delle brevi parole di
Bollani
nessun'altra voce si levasse a difendere o stroncare "Piano, solo" ?
In cerca di opinioni sul filo ci siamo imbattuti in
Nicola Stilo.
Si potrà essere più o meno d' accordo con quello che il flautista romano dice di
questo film. Chi scrive non è stato del tutto convinto dalle sue argomentazioni.
Ma, finalmente, una voce critica, dura, corrosiva. Qualcuno che, finalmente, davanti
ad un opera di jazz o sul jazz, si alza in piedi e dice che non è d'accordo. Che
per lui "è un'occasione persa".
"Io mi rendo perfettamente conto delle responsabilità che mi deriva da un
intervista di questo tipo. Mi sono chiesto se era giusto che io criticassi così
fermamente l'opera di un professionista. Mi sono risposto che come spettatore normale
ed appassionato ho il diritto di parlar male di un film, come un ascoltatore medio
può dare un giudizio feroce su un mio disco. E poi io ho il diritto di dire la mia
su Luca.
Perché sono stato un suo amico vero, oltre ad aver diviso con lui anni di musica,
ho vissuto con lui anni importanti della mia giovinezza. Perchè quando veniva a
Roma si fermava sempre da me, così come ho sempre fatto io quando mi trovavo a Firenze...
e perché assieme abbiamo condiviso la scelta di essere musicisti di jazz, che, per
quelli della nostra generazione, aveva anche un profondo significato esistenziale,
sociale, quasi una scelta di vita. Sicuramente uno stile di vita...Ora, tornando
al film di Milani, che ha comunque il nobile merito di aver affrontato una
storia così particolare e difficile, devo dire che i motivi di delusione sono diversi."
Cosa non funziona in questo film, che pure segue abbastanza
fedelmente il lavoro di
Veltroni e racconta
quella che in fin dei conti è stata la vicenda di
Flores?
"Premetto che non credo sia facile raccontare una vita in poco più di 100
minuti ed è naturale dunque che nel racconto molte cose si perdano... tuttavia...quello
che nel film di Milani non mi è piaciuto non sta solo nell'aver disegnato
un personaggio monocromatico, schiacciato in un profilo cupo, quasi inebetito, il
cui "mal di vivere" viene un poco troppo semplicisticamente "spiegato" con il dramma,
pure importantissimo, vissuto nell'infanzia; sta anche nel fatto che in "Piano,
Solo" non c'è quasi niente che dia conto della vita "sociale" di quest'uomo, che
pure c'è stata, della sua crescita in relazione alle cose che faceva, alle persone
che incontrava, al lavoro che c'era o non c'era, al mondo che cambiava, alle donne
che amava...nulla
che ci suggerisca l'intensità di cui comunque
Luca
era capace nel rapporto col "fuori", con i suoi amici, con gli altri musicisti;
e niente che ci racconti di quanto
Luca
sia stato amato per la sua intelligenza ed eleganza..perdendo così, secondo me,
in buona misura, il senso del vero dramma che si è consumato.
Luca
amava la vita. Non era solo un malato, e questa contraddizione, questo conflitto
fra lui e il suo male non esiste nel film.
Il lavoro di
Veltroni,
breve, sintetico, era un'opera aperta. Che invogliava a capire qualcosa di più di
Flores.
Che suggeriva percorsi di lettura di una storia grande e dimenticata. Molti avranno,
sono sicuro, ascoltato qualcosa di
Luca
dopo aver letto "Il Disco del Mondo".
Che d'altronde nel Dvd proponeva integralmente "How far
can you fly". "Piano, Solo" ha rinchiuso un'altra volta
Luca
nella prigione, nella tomba della sua malattia. Il modo poi con cui viene descritto
il "mondo del Jazz" è caricaturale, senza profondità alcuna...direi che nella sua
sciatteria rasenta l'offesa...si capisce che non c'è competenza ne' rispetto. Già
la maniera in cui, secondo gli autori,
Flores
avrebbe scoperto il jazz è quasi fumettistica. Conosceva bene il jazz, cui si era
avvicinato con un percorso lento e con studi importanti. A non conoscere niente
del jazz è proprio chi ha scritto questo film. E non ha nemmeno fatto niente per
avvicinarsi a questo nostro mondo. Vogliamo parlare della perla che è l'episodio
nel quale viene descritto un
Massimo
Urbani davvero stupito (sic!) dal talento "al naturale" di
Luca??
Ma lo sanno questi signori chi era
Massimo
Urbani e cosa ha rappresentato per tutti i musicisti e gli appassionati
italiani? Possibile farlo passare per un coatto qualsiasi, parodia del jazzista
dannato? La musica di
Flores,
bellissima, poi, non ha alcun rilievo in questa opera. Il film usa come colonna
sonora materiale prevalentemente non jazzistico...Una scelta insopportabile. Ma
cosa c' entra la musica del pur bravo Marchitelli con la ricerca artistica,
faticosa di
Luca. Si può commentare la vita della Callas con musiche
di Renato Zero? Era così difficile, se proprio si sentiva la necessità di
un commento musicale "originale", coinvolgere in questo progetto un jazzista vero?
Un narratore musicale come
Pieranunzi,
o Del Frà o
Giammarco
tanto per fare dei nomi? O magari, consideratene la qualità e lo spessore, non sarebbe
stato meglio utilizzare le musiche dello stesso
Flores?
Così varie ed intriganti!! Avrebbero aggiunto un po' di verità..."
Non si salva proprio niente di questo film?
"Gli attori. Kim Rossi Stuart in primo luogo. Sempre intenso, ma castrato
da una sceneggiatura banale, quasi commerciale. Se lo spartito è cattivo anche un
buon musicista non decolla."
Molte persone, i familiari per primi, hanno però detto
di aver ritrovato
Flores in questa opera.
"Sono molto legato alla famiglia
Flores.
E ho infinito rispetto dei loro sentimenti, anche se non sono sempre stato in sintonia
con loro, soprattutto quando
Luca
venne sottoposto a cure lunghe, dolorose ed inutili: elettrochoc e quant' altro
(esempio di quale cappa di incomprensione gravi su chi vive disagi mentali in questo
nostro tempo che si dice avanzato).
Ognuno ha diritto al suo personale giudizio ed a elaborare in maniera
propria il suo dolore. Io non ho ritrovato niente, lo ripeto, del "mio"
Luca,
della storia di un grande musicista innamorato della vita e dell'arte quale lui
era. E mi sento in dovere di difendere il suo spirito, la sua memoria da quanti
lo vogliono banalizzare."
Qui si ferma il lungo assolo di
Stilo.
La debordante sequenza coltraniana iniziale si è oramai stemperata in frasi più
pacate e sofferte. Qua e là si materializza il fantasma di Chet, ad affiancare
quello di
Flores. Dopo lo sfogo si riascolta lo
Stilo
un po' malinconico e pacato di sempre. Parla con tranquillo entusiasmo dei suoi
progetti e delle belle collaborazioni con
Stefano
Di Battista e con
Petra
Magoni e
Ferruccio
Spinetti...
Ma la ferita, si sente, è ancora aperta.
Stilo
ha avuto il coraggio di mostrarla, a viso aperto. Non è cosa di tutti i giorni.
..::Trailer del film "Piano, Solo"::..
sorgente: http://www.mymovies.it
04/05/2008 | 1 marzo 1984: ricordo di Chet Baker al Naima Club di Forlì: "La sua voce sottile, delicata, sofferta, a volte infantile, mi è rimasta dentro il cuore per molto tempo, così come mi si sono rimaste impresse nella memoria le rughe del suo viso, profonde ed antiche, come se solcate da fiumi impetuosi di dolore, ma che nello stesso tempo mi sembravano rifugi, anse, porti, dove la sua anima poteva trovare pace e tranquillità. La pace del genio, la pace del mito, al riparo delle tragedie che incombevano sulla sua vita." (Michele Minisci) |
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COMMENTI | Inserito il 10/4/2008 alle 14.11.11 da "zzucicciu" Commento: Solo per amore di precisione:
Luca Flores nacque a PALERMO il 20/10/1956
Ciao | | Inserito il 27/9/2008 alle 19.51.45 da "marco.pezzola" Commento: A mio avviso il film trascura numerosi aspetti della vita di Luca Flores,soprattutto a partire dalla figura di Luca come compositore. Sono perfettamente d'accordo con Nicola Stilo sul fatto che probabilmente chi ha scritto la storia poco conosca del mondo del jazz italiano di quegli anni.Avvalersi della collaborazione di Alessandro Di Puccio come consulente musicale per le opere di Flores lo trovo estremamente riduttivo. Michelle Bobko per esempio,cantante ed ultima compagna di Luca (la Cinzia del film è la prima fidanzata con la quale ha passato solo qualche anno in gioventù),è stata di grandissimo aiuto per Luca non solo affettivo ma anche professionale nonché autrice dei testi su tante sue musiche. Eppure di questa donna non si fa menzione alcuna nel film. Provate a leggere il libro "Angela,Angelo mio,io non sapevo" e ve ne renderete conto. Nulla da dire,invece,sulla bellezza del film e su Kim Rossi Stuart la cui interpretazione è straordinaria. Se lo vogliamo intendere come un bel romanzo bene,ma il mondo del jazz e quello di Luca Flores era un'altra cosa. (Marco Pezzola,pianista jazz ed allievo di Luca Flores). | |
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Data pubblicazione: 29/10/2007
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