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Un ricordo di Massimo Urbani
di Fabrizio CECCA


The Blessing
Red Records 121352-2
cover photo by Pino Ninfa

Premessa: ho scritto la grandissima parte di questo pezzo prima di venire a conoscenza del libro di Carola De Scipio "Vita, Morte e Musica di Massimo Urbani". Dopo averlo letto ho deciso di proporlo a "Jazzitalia" con alcune aggiunte e/o sistemazioni. Inevitabilmente, nel raccogliere i miei ricordi per iscritto l'accento si sposta talvolta su di me. Non è per narcisismo, ma solo perché si tratta di momenti in cui Massimo ha avuto un'influenza sulla mia storia personale.

Carola De Scipio - "Vita, Morte e Musica di Massimo Urbani"Giugno 1993, me ne sto in campeggio all'Isola del Giglio. Apro il giornale e nella pagina degli spettacoli leggo che Massimo Urbani è morto. Difficile dire cosa si prova quando un amico di vecchia data, tuo quasi coetaneo (un anno in meno di me) scompare, per di più in giovane età.

Massimo è stato un grandissimo saxofonista, il classico "enfant prodige". Il mondo del jazz italiano degli anni '70 pensava unanimemente di essere di fronte ad una stella. Chissà, avrebbe tranquillamente potuto suonare con Miles. Io almeno la pensavo così ma sono certo che tanti altri ne fossero convinti.

Ho avuto la fortuna di frequentare Massimo nel periodo '74-'76 quindi in un periodo di ascesa. Ci siamo persi di vista nel corso del '77 quando ho dovuto cambiare vita e "giro".

Ricordo moltissimo le discussioni e gli incontri musicali con Massimo ma...stranamente non ricordo come ci siamo conosciuti. So solo che da un certo punto in poi Massimo era una delle persone che vedevo. Era figlio di uno dei bidelli (un omone alto grosso e simpatico) del Liceo "Castelnuovo-XXesimo" che io frequentai, ma credo di aver cominciato a parlare con lui perché all'epoca scrivevo su un giornale musicale (Super Sound) e forse lo avvicinai quando venne a Roma in tournée con gli AREA del compianto Demetrio Stratos (o prima in altre occasioni?).

Non dirò nulla sulla sua discografia e sulle sue doti musicali (già a 15 anni poteva suonare a livello professionale con chi voleva lui) perché ne hanno parlato in tanti, più qualificati di me. In tanti hanno parlato dei suoi problemi, purtroppo anche con la droga. Alcuni (ma NON mi riferisco alle testimonianze raccolte da Carola De Scipio) ne hanno parlato con il solito mix di perbenismo, retorica e riferimento alla classica formula, trita e ritrita, del "genio e sregolatezza". Non voglio dire che non avesse le sue stranezze: aveva un carattere che oscillava tra debolezza e grande fierezza, depressione ed esuberanza. Era effettivamente un ipersensibile, come le sue doti musicali facevano chiaramente intendere. Diciamo che se non ha "suonato con Miles" è stato per via di problemi nella sua testa. Non ho mai conosciuto la causa dei suoi traumi, non gli ho mai chiesto niente di niente riguardo le sue debolezze private, l'ho sempre accettato per quello che era. Molti, tranne chi lo ha conosciuto bene, si sono ben guardati dal ricordare le sue doti umane (continuo a NON riferirmi alle testimonianze raccolte da Carola De Scipio), forse perché alcuni hanno avuto storie con Massimo. Io non ho mai avuto screzi con lui e ho il ricordo di una persona sensibile, generosa e molto intelligente. Non ricordo di averlo mai sentito giudicare le persone che gli stavano attorno. Certo, giudicava i musicisti e quando qualcuno si dava troppe arie, senza averne i meriti, Massimo ci andava giù duro, ma senza mai essere volgare. Ecco, Massimo era una persona priva di volgarità. Alcuni considerano la romanità e la parlata romana sinonimo di volgarità, ma non è così o, quantomeno, non era il caso di Massimo (ricordo che Massimo parlava "romanaccio" solo di rado con me, pur essendo anch'io romano e cresciuto a Primavalle).

Viceversa, come è noto, non era tenero con i critici musicali. Anche in questo caso non l'ho mai sentito esprimersi in modo volgare anche, forse, per una forma di riguardo nei miei confronti: all'epoca scrivevo di musica e lui sapeva che i (pochi) soldi che guadagnavo mi servivano per pagare lezioni private di piano e di solfeggio. Comunque, decisi presto di smettere di scrivere di musica e per questo ringrazio Massimo e le discussioni che ebbi con lui.

Per un certo periodo (due o tre mesi? o un po' di più?) quando lui non era in tour ci incontravamo regolarmente a piazzale dei Cinquecento, dove c'è la Stazione Termini, sotto alla lampada Osram (che non c'è più ormai da decenni). Andavamo a prendere un trenino locale che ci portava ad Albano, dalla cui stazione ci facevamo una grande scarpinata, io con il basso Fender e la sua pesantissima custodia e Massimo con l'alto, fino a casa del batterista Lucio Turco. In effetti la casa di Lucio faceva parte di un terreno in cui sorgeva un Istituto per il recupero di ragazze che avevano problemi (forse anche di prostituzione in età precoce, qui i miei ricordi non sono molto nitidi). Il padre di Lucio era il direttore. Tutti ora penseranno che io e Massimo andavamo lì per via delle ragazze (che talvolta venivano a sentirci). In realtà non è mai stato così: andavamo li per suonare in santa pace. Infatti in questo Istituto c'era una sala attrezzata con strumenti musicali che il buon Lucio sfruttava per suonare con gli amici. Inoltre devo dire che non ho mai visto Massimo lumare le pupe. Secondo me rispettava la difficoltà della condizione delle ragazze che stavano li e non avrebbe mai pensato di approfittarsene. A casa di Lucio andarono anche altri amici a suonare con Massimo. Magari Lucio, se leggi questo pezzo ti verrà voglia di raccontare quello che ricordi tu?

Cosa suonavamo? Improvvisazione pura. Non abbiamo mai accennato ad un tema che fosse uno. Il mio sogno era quello di provare con Massimo alcuni dei temi che scrivevo ma non ebbi mai il coraggio di proporglielo. Sono certo che avrebbe accettato.

Non so perché Massimo, che già da tempo poteva suonare con chi voleva (cioè con musicisti di alto livello), veniva così spesso a suonare con un principiante come me e con Lucio che, sì, era già molto bravo ma, almeno all'epoca, non era a livello di Massimo (scusa Lucio, non me ne volere). Questo rimarrà un mistero. Massimo era una persona generosissima e forse per questo suonava di rado con uno come me che era proprio molto ma molto agli inizi. Non penso neanche che suonasse con me perché ero un mostro di simpatia. Sono sempre stato musone e introverso. Un'altra ipotesi che posso azzardare è che in fondo si trattava di semplici "scampagnate" che ti davano l'occasione di uscire un pomeriggio. Aneddoto: il trio Urbani, Cecca, Gatto (venduto come trio di Massimo Urbani) si esibì a Primavalle, vicino all'allora sezione dell'allora Partito Comunista Italiano (su un allora prato ora occupato da uno stabile) nell'ambito di una manifestazione politica (non credo fosse una festa dell'Unità perché mi pare fosse inverno, nonostante il sole, in quanto le immagini fissate nella mia mente ci mettono addosso i cappotti. Anche lì solo improvvisazione: non ricordo la reazione degli abitanti del quartiere. Parentesi: qualcuno scrisse, dopo la morte di Massimo, che lui era di Primavalle. No, lui era di Trionfale, in particolare dell'area all'incrocio tra via di Torrevecchia e via Trionfale. Ringrazio sempre Massimo per quelle suonate assieme in quanto mi diedero lo stimolo per studiare e cercare di migliorare. Per la cronaca, ad un certo punto attraverso Massimo cominciai a suonare anche col fratello Maurizio, anche lui molto bravo e simpatico.

Quante chiacchierate musicali abbiamo potute fare nei tragitti Roma-Albano-Roma? Tante. Mi raccontava molti aneddoti su Gaslini, sugli AREA, sui musicisti romani. Soprattutto ricordo che parlavamo spesso della nostra smisurata ammirazione per Franco D'Andrea (che all'epoca viveva a Roma in via Friggeri). Massimo poi parlava con rispetto ed amicizia di Tony Formichella, che io allora conoscevo poco.

Mi rimane molto impressa anche una bella discussione musicale con Massimo ai giardini del Pincio, un pomeriggio che precedeva una bellissima festa dell'Unità nel cui programma c'erano, tanto per dirne una, Archie Shepp e Max Roach (in duo!). Si parlava non so perché di Mingus e della sua musica (che io e Massimo amavamo). Mi pare che Massimo avesse incontrato se non suonato in jam con Jack Walrath, allora trombettista del quintetto di Mingus di quegli anni (era il 1975). Avevamo visto Walrath decisamente smagrito rispetto all'anno prima e Massimo mi disse che lo facevano soffrire perché nel gruppo era l'unico bianco. Io, che all'epoca ero ingenuo e tanto idealista, risposi che non capivo perché. Massimo mi disse "sai, anche nel jazz c'è tanta merda". Allora, insistendo, dissi che se proprio c'era un problema di razzismo in senso opposto, in giro c'erano tanti trombettisti neri con i controcazzi. Massimo mi sorprese con la seguente risposta: "Può darsi, però quando poi bianchi e neri suonano è la musica che conta. Walrath ha quel suono particolare, sì ecco ha quel suono da trombettista da circo che è essenziale per le atmosfere di Mingus."

Rimasi steso per terra perché Massimo aveva colto perfettamente l'essenza di alcune atmosfere mingusiane. Con l'espressione "trombettista da circo" non voleva affatto offendere Walrath. Al contrario lo qualificava, in modo sintetico, come qualcuno che sapesse perfettamente interpretare e restituire al pubblico uno degli elementi fondamentali dell'alchimia mingusiana.

Benedetto Massimo, tu sì che ci capivi di musica.

Dopo il 1977 ci siamo persi di vista. Io ho fatto altre cose.

Una sera del 1987 stavo al Big Mama, non per suonare ma per sentire qualcuno. Al bancone c'era Massimo che beveva un drink con altra gente. Io pensavo che dopo dieci anni lui non si ricordasse più di me. Quindi mi impappinai in una mia crisi di indecisione e timidezza e non dissi nulla. Come al solito fu lui, in modo diretto e con la sua inconfondibile semplicità, a venire verso di me per salutarmi. Io gli chiesi se davvero si ricordava di chi fossi e lui quasi mi mandò a quel paese (bonariamente). Si ricordava benissimo dei momenti passati assieme anni prima, come se tutto fosse avvenuto la settimana precedente.

Poi la notizia sul giornale del giugno 1993.

Ciao Massimo.






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Enrico Rava Lavori Casalinghi
Brano di Rava dedicato a Massimo Urbani, Rava's tune dedicated to Massimo Urbani, Enrico Rava trumpet, Massimo Urbani alto saxophone, Bobo Stenson pia...
inserito il 29/08/2007  da 27max - visualizzazioni: 5274


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COMMENTI
Inserito il 1/11/2003 alle 12.44.17 da "mdipardo1"
Commento:
Ciao mi chiamo massimo ho letto con molta malinconia questo tuo ricordo di MASSIMO URBANI e sono tornato indietro con la memoria agli anni settanta,
sai anche io ho conosciuto MASSIMO (che più precisamente era di piazza guadalupe),condivido il tuo giudizio sulle sue qualità musicali ed umane .
è vero purtroppo la droga è stata una costante per MASSIMO,ricordo pomeriggi passati nell'attesa del pusher....ma ricordo anche un concerto con gli AREA (se non sbaglio era al palazzo dello sport dell'eur ).
ti ringrazio per quello che hai scritto perchè vedo che c'è sempre gente che lo ricorda e lo ama come persona e come musicista.

ciao
 
Inserito il 6/2/2004 alle 10.28.03 da "mario.deperetti"
Commento:
Grazie di cuore per quello che hai scritto.
Mi hai letteralmente toccato l'anima.
Un saluto fraterno.
 
Inserito il 8/3/2004 alle 12.28.25 da "wild_della"
Commento:
la musica di Massimo ti arriva al cuore...come questo articolo
 
Inserito il 3/5/2004 alle 22.11.28 da "patscasci"
Commento:
Ciao Fabrizio, emozionante articolo! Patrizia
 
Inserito il 5/5/2004 alle 20.57.52 da "info"
Commento:
era un talento
 
Inserito il 9/5/2004 alle 0.45.08 da "gianluca_bidin"
Commento:
di Urbani mi parlava il mio maestro di chitarra Giovanni Monteforte. Il l'ho ascoltato per la prima volta sul meraviglioso disco di Giovanni Tommaso Via G.T., dal vivo non ho potuto, era già morto. Vera, grande musica, vita e sopravvivenza, lusso e necessità. Non c'è altro da dire, se non complimenti per il bell'articolo. Sincero e partecipe. Gianluca.
 
Inserito il 14/6/2004 alle 19.12.08 da "elisadefrancisci"
Commento:
Ciao, mi chiamo Elisa e sono la nipote di Massimo.. Purtroppo quando lui se n'è andato io avevo solo 16 anni e di musica ne capivo ancora poco. Col passare degli anni però ho cercato notizie su di lui e grazie a tutte le persone che lo conoscevano con cui ho avuto il piacere di parlare, sono riuscita a comprendere il genio che era.. Lo frequentavo e sapevo che era un gran talento naturale, ma non credevo che fosse a questi livelli. Era un ragazzo con un gran cuore, ma sfortunato, purtroppo..
Lo ricordo con tanto amore e ti ringrazio per ciò che hai scritto.
 
Inserito il 6/8/2004 alle 8.50.46 da "paridedioli"
Commento:
Ho conosciuto Massimo agli esordi, quand'era con Gaslini. Poi ho promosso un suo concerto a Sondrio con Terenzi e altri musicisti romani lasciandoli organizzarsi tra di loro in vari gruppi che tenessero diversi set. Prima in duo o trio e poi tutti assieme. Lui era già in preda ai suoi problemi e noi organizzatori, per alleviarglieli e per non incorrere in un reato procurandogli ciò che voleva, gli rifilammo una bottiglia di Ballantines. Ormai disperavamo della sua condizione fisica e mentale quando accadde l'impensabile. Quando si trovò al centro degli altri musicisti ebbe come una trasformazione, come accade ad una donna spagnola che, nella vita è come tutte le altre ma, quando balla il flamenco, è in un'altra dimeensione. Tutti quei musicisti, tra cui c'erano nomi famosi, avevano coscienza di chi era davvero Massimo. Gli bastò semplicemente alzare un braccio e riabbassarlo, con fermezza, per coordinare tutti ed elevarsi sopra gli ottomila. Imperdibile e commuovente. Sensazioni che ora provo leggendo questo bellissimo articolo, scritto in punta di penna. L'autore ci insegna che, prima di giudicare bisogna capire. Ma, anche quando si crede di aver capito tutto, la strada è ancora lunga, più dello spazio di una vita. Paride Dioli
 
Inserito il 24/10/2004 alle 0.56.49 da "SilverEnrico"
Commento:
Più che un commento,i miei appunti vogliono essere un ricordo.
Un ricordo di un evento grande in un piccolo paese dell'entroterra chietino.
Il paese si chiama Lama Dei Peligni ed io,assieme ad alcuni appassionati di Jazz,organizzai nel nese di settembre del 1985 o 86( non ricordo bene l'anno ) un Festival Jazz nel mese di Settembre.
La domenica sera,era la terza di settembre,sul palco della sala polivalente sale il quartetto di Tony Pancella che accompagna,dopo anni di forzato silenzio,il ritorno sulle scene di Massimo Urbani.
Io ero emozionatissimo,ero riuscito a portare il un piccolo paese di circa un migliaio di anime un grande del Jazz ed ero riuscito,sopratutto,a conoscere la semplicità e l'umanità di un uomo vero,segnato dalla fatica,ma sempre grande,lucido e sopratutto cordiale e disponibile con tutti.
Ricordo che,data la mia amicizia con il responsabile di redazione della Rai di Pescara,giunsero le telecamere della RAI e misero sù un servizio veramente stupendo,mandato in onda nel telegiornale del terzo.
Il servizio presentava anche una significativa intervista a Massimo.
Il giorno della morte di Massimo il mio amico giornalista mi telefonò dicendomi che alla sede Rai di Torino avevano scoperto che l'unico documento su Massimo era quel servizio realizzato a Lama Dei Peligni.
Il servizio andò in onda sul nazionale in tutte le edizioni dei telegiornali di tutte le reti.
Ricordo che piansi perchè a fianco a Massimo apparivo io e ricordo che quelle parole in cui si respirava la voglia di tornare a vivere erano sincere e stupende.
Conservo gelosamente la cassetta con quel servizio,non è un documento storico per me ma solamente il ricordo di un grande artista e di un " grande " uomo.
Grazie dell'accoglenza
Enrico Silvestri
 
Inserito il 7/2/2005 alle 17.30.39 da "marco.chiaramonte"
Commento:
Hai attivato la "macchina del tempo"! Serata di jazz in una discoteca di Piazza Armerina (EN) gestita dai fratelli Navarra, suona Massimo Urbani, ci presentano al bar, drink, 4 chiacchiere e musica...la sua,che e' e rimane sua! mi rendo conto che quell'omino che somiglia tanto ad un cartone animato italiano, in realta' e' un genio. Piano piano entro dentro la musica, sono in prima fila e d'incanto Massimo si avvicina: Marco mi porti un drink? certo! rispondo io e cosi' di tanto in tanto...Massimo si scioglie, durante la pausa si ritorna a chiacchierare e bere, scopriamo tante cose in comune. si riprende, Massimo ad un certo punto come rapito dalla jam si siede sulle mie ginocchia, il suo sax e' talmente vicino che non riesco a sentire nient'altro! Massimo si alza e, non so per quale preciso motivo, fa un sorriso dei suoi e mi ringrazia! altre chiacchiere, altri drink e si decide di chiudere la serata in campagna di amici. Massimo si siede sul sedile di dietro della mia polo nuova fiammante, e' stanco e un po "fuori" accende una sigaretta, gli cade e mi fa un buco grande cosi' sul sedile...io zitto! penso sia morto dopo qualche mese. Quel buco sul sedile della mia polo e' rimasto li per 10 anni era come la sua fotografia e ogni volta che lo vedevo sorridevo. Grazie Fabrizio e grazie Massimo...
 
Inserito il 11/1/2006 alle 14.30.35 da "paolo.bizzarri"
Commento:
Solo oggi ho conosciuto questo sito e ho avuto modo di leggere il tuo commento su Massimo, beh io ci sono cresciuto insieme e ti posso garantire che era semplicemente superlativo, uno dei 10 migliori sassofonisti al mondo. Abbiamo studiato musica insieme nella stessa scuola che si teneva nel cinema parrocchiale di piazza Guadalupe, con il maestro Tommasetti e lui era l'orgoglio di tutti noi. Se leggi questo commento mettiti in contatto con me per favore
 
Inserito il 27/2/2006 alle 18.33.34 da "decaconn"
Commento:
Ciao Fabrizio, sono un sassofonista e per tale l'immagine di Urbani nella mia carriera mi si riflette,spesso rimanendo uno dei miei più importanti modelli.Non ho mai avuto (essendo comunque giovane di età,) l'onore di poter partecipare a qualche suo concerto e questo mi rammarica molto.L'unico contatto più vicino sono stati i pochi ma profondi racconti regalati da uno dei miei primi insegnanti di strumento: Mauro Verrone ex allievo appunto di Max.Quello che mi toccò dentro fu di un uomo, di un clòchard che spesso seguiva i concerti di Massimo e ad ogni di essi si presentava con la stessa mantella e i stessi medesimi vestiti rimanendo sempre tra le ultime file emozionato davanti alle note sprigionate da quel sax. Questo racconto mi rimase dentro per poi capire quanto sia importante per un musicista di jazz l'umiltà, quella che Urbani aveva nonostante la sua incompatibilità con il mondo esterno e basta ascoltare le sue ballads per rendersene conto. grazie Fabrizio,grazie Max! Roberto De Carolis
 
Inserito il 15/5/2006 alle 20.27.47 da "info"
Commento:
Anche io ho avuto la fortuna di incontrare Massimo Urbani, poche parole scambiate velocemente, inaspettate, forti ma prevedibili se viste sotto la giusta luce. Quelle frasi che non riesco proprio a dimenticarle come le note e le frasi altrettanto "forti" ed inaspettate del suo saxofono.
E' stato il più grande in Italia ed in Europa, uno dei più forti al mondo, non c'è alcun dubbio. Molti lo considerano un Parkeriano, io ci vedo Coltrane, sull'alto... scusate se è poco.

Daniele
 
Inserito il 13/10/2006 alle 11.40.30 da "chetsney"
Commento:
Ciao Fabrizio,
Sono uno dei Tonni del Castelnuovo
ti ricordi di Nalb and Ian Organization?
vorrei sapere se hai ancora la recensione che scrivesti per Muzak
a proposito di un concerto di quella band al Genovesi, e se hai eventualmente qualche foto dell'epoca
A Siro nun fa lo scorpito.
Grazie per il ricordo di Massimo, come diceva Lucio Mamè Inzomma: "A Pavona si suuona"
Maximir Nalbandian
 
Inserito il 22/12/2006 alle 13.14.35 da "p.amarisse"
Commento:
fantastico, si è praticamente creato un blog/forum su Massimo...
Questo sì che lo fa vivere.
Ho inviato al Fratello Maurizio tutta la discussione, invitate anche altri a partecipare.
Que viva Max!
 
Inserito il 17/9/2007 alle 19.40.35 da "FRSNTN"
Commento:
Qualcuno sa dirmi qualcosa su Eddy Busnello che ha suonato con gli AREA prima di Massimo Urbani?
Antonio Frassetto
 
Inserito il 30/3/2008 alle 16.07.42 da "arg2002"
Commento:
Non mi sento di poter commentare qualcosa scritto col cuore. Posso solo offrire il mio ricordo di Massimo Urbani. Al momento non sapevo nemmeno che esistesse. Fu ad un Mak Pi (si, proprio così) ad Avellino. Suonavano gli Area e ci imbarcammo in cinque dentro la mia Mini 1000 per andarli a sentire. Arrivammo in anticipo ed avemmo il piacere di assistere alla preparazione del concerto. Un tizio, cicciottello, stava ai lati del palco e teneva in mano un sax. Mi avvicinai e ci mettemmo a chiacchierare. Mi piacque molto parlare con lui. Non ricordo gli specifici argomenti, ma sono ancora commosso per la semplicità, la franchezza, la disponibilità. Ancora non sapevo chi fosse! Poi cominciò a suonare. Divenni tutt'uno con il diffusore. Un volume da brivido, ma era il paradiso. Non esisteva volume, luogo, orecchio, palco o persone. Esisteva Musica. Un insieme compatto, fluido, avvolgente. E il sax. Quel brivido doloroso e profondo, sensuale e pungente che prende alla pancia, che entra nel corpo, che scorre nel cuore. Mi mangia le mani di non aver portato il Revox (eravamo in troppi, ma, d'altra parte, tolta "Luglio, agosto e settembre (nero)" cos'altro veramente mi piaceva degli Area? E solo per Demetrio stratos ne valeva la pena? Scusate se parlo così, ma era proprio quello che pensavo in quei miei 18 o 20 anni. Mi mangiai le mani per Massimo Urbani, per la Sua Musica, per il dono che avevo ricevuto da lui. Grazie ancora Massimo. e scusami ancora se non portai nemmeno il walkman. Anche se, avendoti ancora con me anche oggi, non so se mi sarei concesso di partecipare anche ad altri di quel dono meraviglioso che ho avuto da te. Ti saluto di cuore e saluto tutti quelli che ti vogliono bene. Ci hai donato momenti preziosi. Angelo Raffaele Giordano
 
Inserito il 11/7/2008 alle 9.24.51 da "paolo"
Commento:
Caro Fabrizio,
mi chiamo Paolo Longo, ho conosciuto a Roma Massimo Urbani e -sono rimasto toccato dalle tue parole- ricordo quasi con nostalgìa quei consigli e quelle indicazioni che Massimo mi dava durante alcuni incontri per discutere sul jazz e sul futuro dell'estetica jazzistica
in Europa: fu proprio il grande sassofonista romano a spingermi a lasciare l'Italia, per altri paesi europei più avanti nella considerazione e nel rispetto per i jazzisti, e così me ne andai in Germania per molti anni; avevo conosciuto Massimo nell'occasione di un concerto, a Roma, a quel tempo ero un promettente allievo di 5° anno di "Contrappunto e Fuga"/Corso di Composizione del M°.Carlo Napoli presso il Conservatorio Santa Cecilia
in Via dei Greci, ma di lui avevo spesso e profusamente sentito parlare e discutere anche all'Università di Bologna dal Prof.Giampiero Cane di "Storia del Jazz " presso il prestigioso DAMS degli anni '85-'90.Insomma Massimo suonò spesso con me al piano, sia a casa mia(all'epoca a piazza Bologna),
sia presso una sala prove amatoriale di un mio amico appassionato di jazz al quartiere Tuscolano, ed io devo tutto ciò che ho fatto professionalmente
in giro per il mondo,in Germania,Francia,Olanda,Austria,e poi anche negli Stati Uniti,
come fondamentale scaturigine da quei famosi consigli e da quelle brevi indicazioni improvvisative del generoso jazzista romano stella musicale inattaccabile dell'universo jazz mondiale, uno dei più immensi e geniali jazzisti di tutti i tempi, un autentico gigante del sax-alto.Vidi una volta Massimo nel 1982 in Francia alla Grand Parade du Jazz di Nizza e lo salutai cordialmente,e per mio grande orgoglio l'organizzatore lo mise sul palco dell'arena-stage in una serata con a fianco artisti del calibro di Lee Konitz,Freddie Hubbard,Christian Escoudé, e fu impareggiabile,incredibile, gli stessi illustri colleghi sul palco quella sera lo applaudirono vistosamente!
Grazie ancora, Fabrizio Cecca, per questi ricordi toccanti.

 
Inserito il 20/9/2008 alle 0.16.28 da "chetzinho"
Commento:
Bellissimo racconto... quando morì avevo 7 anni, e grazie alla sua musica e a racconti come questo, posso respirare l'atmosfera della sua vita e della sua Arte.
 
Inserito il 14/11/2008 alle 15.35.31 da "guidomorgavi"
Commento:
Ho frequentato assiduamente il caro Massimo durante l'esperimento "Jazz al conservatorio" a S. Cecilia io in veste di trombonista.. ed incredibilmente ho saputo della sua scomparsa molto tempo dopo.
Ricotruendo i tempi ho scoperto di averlo incontrato poco tempo prima, forse giorni sul lungomare di Ostia: si esibiva in uno stabilimento.
Chi lo ha conosciuto non fa fatica a capire perchè, dopo forse 15 anni mi abbia abbracciato con un entusiasmo affettuoso.. lui era così.
Alle soglie della terza età e ripensando un pò alla mia vita, la figura di Massimo mi appare di una purezza assoluta, e so quello che dico.. è stato l'artista vero, che ha vissuto e forse è morto per la musica e solo quella, quello che io non ho mai avuto il coraggio di fare.
Che ricordi caro Massimo, le nostre serate al Folk Studio e poi in pizzeria a trastevere.. senza soldi ma pieni di entusiasmo.. e mi addolora affiancare il tuo ricordo a quello del mio collega ed amico carissimo Danilo Terenzi, altro artista ingiustamente tolto alla vita dal fato maligno.
Vi abbraccio cari amici.. prima o poi risuoneremo insieme..
Guido Anelli Morgavi
 

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Data pubblicazione: 16/10/2003

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