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  In parte strumentale, sinfonico, orchestrale. 
In parte più intenso, ricco di atmosfere da fumoso jazz club, dove il gioco è anche 
quello di individuare nei testi citazioni di grandi successi del passato. Infatti 
regola non scritta vuole che l'ultimo pezzo di un album spesso faccia storia a sé 
e sia al contempo una chiave di lettura dalla quale partire - o ripartire, in un 
successivo lavoro del gruppo- nell'ascolto delle altre composizioni, così come accade 
in questa occasione, con la speciale rivisitazione di un magnifico Luigi Tenco.
Otto brani che scivolano piacevolmente lungo quel significato notturno, 
mite, riflessivo … in una parola decisamente suggestivo. Ulteriori interpretazioni 
provengono dall'immancabile magia brasiliana, che fonde suoni folk in chiave più 
moderna, con melodie leggere e delicate di arpeggi di chitarra o affidate semplicemente 
all'intervento della voce. Così come in "Secret o' Life" 
o "Frozen Man" dove l'affascinante descrizione 
dei momenti è insinuata in un forte senso dell'emotività, e il risultato è un sensibile 
quanto carnale sottofondo dell'esistenza, tra nostalgiche tendenze e sperimentazioni 
personali.  
Mentre Night scorre, ritmi nuovi compaiono, con tempi e tonalità 
regolari, a disegnare una musica pulita che non tradisce l'anima del jazz. Trovare 
brani scartabili in questa tracklist è un'impresa e il motivo risulta evidente e 
comprensibile. La piacevolezza dei singoli brani si stempera magari nella totalità 
di un album che, nella sua generosità, presenta interpretazioni tutte in un'unica 
veste, che costituisce però anche il suo limite. Unica nota che suscita perciò una 
riflessione di carattere più generale riguarda quanto possa ancora reggere nel tempo 
la formula musicale che traduce tutto nel medesimo linguaggio. Non si tratta di 
fattori qualitativi, che non sono in discussione con un artista di questo livello, 
che ha solo da insegnare, ma proprio della formula scelta e dei suoi limiti intrinseci. 
Al di là di questo, la netta impressione è che dentro questo disco ci sia qualcosa 
destinato a restare, in tempi in cui molta della musica che ascoltiamo tende a dissolversi 
in spazi sempre più brevi, l'ultimo disco di
Leopoldo 
Sebastiani offre 44 minuti di sfumature d'innovazione qui e 
là in un percorso artistico già così classico.  
Rosanna Perrone per Jazzitalia 
 
 
 
 
 
 | 04/05/2008 |  1 marzo 1984: ricordo di Chet Baker al Naima Club di Forlì: "La sua voce sottile, delicata, sofferta, a volte infantile, mi è rimasta dentro il cuore per molto tempo, così come mi si sono rimaste impresse nella memoria le rughe del suo viso, profonde ed antiche, come se solcate da fiumi impetuosi di dolore, ma che nello stesso tempo mi sembravano rifugi, anse, porti, dove la sua anima poteva trovare pace e tranquillità. La pace del genio, la pace del mito, al riparo delle tragedie che incombevano sulla sua vita." (Michele Minisci)  |  
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			Data pubblicazione: 17/08/2008
	  
 
 
 
	
  
	
		
		
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