Salute a voi, bassisti e non!
Oggi vorrei parlarvi delle scale pentatoniche, ossia scale costituite da soli cinque suoni.
Premesso che di scale pentatoniche se ne possono creare un'infinità (*) per ora tratterò semplicemente delle due maggiormente diffuse nella prassi musicale odierna, ossia di quelle che, per eliminazione dei semitoni, discendono dalla scala maggiore e dalla minore naturale.
La scala pentatonica maggiore (ottenuta eliminando dalla scala maggiore le note che determinano i semitoni, se siamo in DO ad esempio le note FA e SI) presenta la seguente struttura intervallare: tono/tono/terza minore/tono/terza minore.
La scala pentatonica maggiore di DO sarà così costituita dalle note DO-RE-MI-SOL-LA.
Può essere suonata su: C (triade), C add9, C maj7, C 6/9, C maj9, C maj13.
La scala pentatonica minore (ottenuta elidendo i semitoni dalla minore naturale) presenta la seguente struttura intervallare: terza minore/tono/tono/terza minore/tono.
La scala pentatonica minore di LA sarà costituita dalle note LA-DO-RE-MI-SOL.
Regge i seguenti accordi: A - (triade), A -add9, A -7, A -9, A -11.
L'assenza dei semitoni all'interno della scala semplifica il lavoro del solista, che può risolvere la frase agevolmente su qualunque grado della stessa senza incorrere nel rischio di andare fuori traccia
(**)…
La scala pentatonica è diffusa in diverse culture musicali; per quel carattere un pò esotico e per la sua duttilità melodica compositori europei ed in particolare Debussy e Ravel (si ascolti da
Ma Mère l'Oye: "Laideronnette, impératrice des pagodes") ne hanno fatto largo uso nelle loro composizioni. Nel
rock, nel blues (in particolare la pentatonica minore) e nel jazz (con un
utilizzo più ardito) i grandi improvvisatori se ne sono serviti per le loro
divagazioni solistiche.
Limitando il nostro orizzonte agli strumenti a corde (basso e chitarra) le scale pentatoniche sono state il terreno di coltura per riff potenti ed energici, alcuni dei quali rappresentano pagine fondamentali della storia musicale recente.
Poiché l'argomento è vastissimo, mettendo da parte gli aspetti tecnici e teorici, ai quali sarà mia premura dedicare una lezione a parte, riservandomi di dissertare in futuro sull'utilizzo che i grandi del basso elettrico (Jaco, Stanley Clarke, Marcus Miller ed altri) hanno fatto di questa scala in sede di assolo, oggi vorrei sottoporre alla vostra attenzione alcuni accattivanti riff di basso di brani celebri, riff che hanno contribuito in modo determinante a caratterizzarli.
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Pink Floyd ANOTHER BRICK IN THE WALL/part. 2
Il brano è tratto dall'album doppio "THE WALL" (EMI/1979), uno tra i più felici nella produzione discografica del gruppo. Il riff fu eseguito su un basso a quattro corde, abbassando l'intonazione della quarta corda a re. Memorabile l'assolo di chitarra, di cui è controversa la paternità.
• Kool & The Gang STREET KIDS
La Kool & The Gang, leggendaria funky-band di dieci elementi, giunse all'apice del successo sul finire degli anni '70, quando erano i neri a far ballare. Il gruppo, grazie alla guida lungimirante di
Eumir Deodato ed alla splendida voce di James Taylor (nulla a che vedere con il re della west coast) ha consegnato alla storia della disco alcuni importanti hits come "Celebration" e "Get down on it".
In questo brano il basso è doppiato dalle tastiere; sottolineo la prima (splendida) frase della sezione fiati, costruita sulla pentatonica di si minore.
Tratto dall'album "AS ONE" (POLYGRAM/1982).
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Police DRIVEN TO TEARS/SPIRITS IN THE MATERIAL WORLD
Una tra le più entusiasmanti alchimie musicali degli anni'80 è stata senza dubbio quella prodotta dal sodalizio tra il bassista e compositore
Sting, il chitarrista Andy Summers e il batterista Stewart Copeland. Cinque album in sei anni di attività per un suono tra i più originali della storia del rock; la voce tagliente del leader ed i suoi efficaci riff al basso, i tappeti ipnotici delle chitarre di Summers, il drumming robusto e al tempo stesso riccamente ornato di Copeland sono inconfondibili marchi di fabbrica.
Driven to tears , tratto dall'album "ZENYATTA MONDATTA" (A&M/1980) mette in luce la compattezza del trio; il
riff del basso (sulla pentatonica di la minore) sostiene il groove con efficacia
mentre Summers gioca i suoi spazi con grande parsimonia.
Spirits in the material world , tratto da "GHOST IN THE MACHINE" (A&M/1981) paga il suo tributo
al reggae. Le tastiere (suonate su 2° e 4° movimento) disperdono il suono del
trio, il riff di Sting (nei due brani mi sembra faccia uso del contrabbasso
elettrico) è di grande suggestione, le voci sono lontane, diafane.
• Larry Carlton LAST NITE
Il brano è tratto dall'album live "LAST NITE" (MCA/1986). Larry Carlton in piena forma esprime tutta la sua verve chitarristica. Il riff del basso (in do minore) introduce il tema e funge da ponte tra le varie sezioni del brano. Il bassista
Abe Laboriel adotta un suono slap di solo pollice. Nella parte centrale un lungo solo di
Carlton mette in luce l'affiatamento tra lui e il tastierista Terry Trotter, quest'ultimo sempre attento a raccogliere gli spunti melodici del leader, ne espande armonicamente il pensiero…
• Al Jarreau YOU DON'T SEE ME
In questo brano, tratto dallo stupendo doppio album live "LOOK TO THE RAINBOW" (WB/1977) è lo stesso Al Jarreau a introdurre col suo inconfondibile scat il riff, suggerendolo al bassista Abe Laboriel. Quest'ultimo è uno tra i più richiesti session-man d'America. Disco indispensabile per tutti gli amanti della vocalità jazz.
• Miles Davis ONE PHONE CALL/STREET SCENES
Il riff del basso, sniffate sospette, suoni di sirene ed una sgommata di auto tratteggiano con beffarda ironia un'atmosfera metropolitana un po' underground. Il Miles degli anni '80 sarà forse meno impegnato di quello dei tempi di "Bitches Brew" ma comunque sempre gradevole. Consiglio di studiare il riff dapprima molto lentamente, al fine di acquisire una buona padronanza ritmica dei sedicesimi. Dall'album "YOU'RE UNDER ARREST" (COLUMBIA/1985).
* Nel "THESAURUS OF MELODIC SCALES AND PATTERNS" di Nicolas Slonimsky sono prese in esame scale pentatoniche molte delle quali caratterizzate dalla presenza del semitono, da intendersi più che altro come scale sintetiche, derivate dai modi maggiori, minori e diminuiti…
** Supponiamo ad esempio di essere nel modo minore e risolvere accidentalmente la frase sulla sesta, scelta insidiosa, o ancora, improvvisando su un'accordo maggiore, al rischio deprecabile di scivolare "rovinosamente" su un quarto grado, nel qual caso saremmo in stridente attrito con l'armonia! La scala pentatonica protegge l'improvvisatore in erba da questo tipo di rischi…
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Data pubblicazione: 26/04/2004
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