Intervista a Paolo Fazioli
Roma, 2 dicembre 2014
di Nina Molica Franco
Pezzi unici, accurata scelta dei materiali, tanta ricerca e esperimenti:
Paolo Fazioli, a Roma per l'inaugurazione della Ciampi Luxury Piano Gallery,
ci racconta la sua esperienza.
Paolo Fazioli, l'ingegnere-musicista:
da una parte l'aspetto tecnico, dall'altra l'estro artistico. Come si combinano
questi due parti apparentemente così diverse?
Nel mio caso si coniugano in modo perfetto. Fin da bambino ho avuto la passione
per il pianoforte, che per me ha costituito un sogno, un mistero: sono sempre stato
affascinato da questa scatola dalla quale escono suoni. Ho studi scientifici alle
spalle, ma questi procedevano insieme a quelli del pianoforte. Anche se si tratta
di due materie completamente diverse, le ho gestite come se fosse un ciclo di studi
unico: frequentavo il liceo e allo stesso tempo facevo gli esami al conservatorio.
Mi sono creato un ciclo di studi mio insomma; le due cose funzionavano insieme,
in combinazione.
Ci sono quindi punti di contatto tra questi due aspetti,
del resto la musica è anche un po' matematica...
Certo. La musica è matematica, è organizzazione, ha bisogno di disciplina proprio
come la scienza, quindi non erano delle cose poi così staccate tra loro. Credo di
essere riuscito a integrare molto bene questi due aspetti e ciò mi ha aiutato nel
momento in cui ho deciso di dedicarmi alla costruzione del pianoforte.
Quando ha iniziato a costruire pianoforti, qual era il
suo obiettivo? Non c'era uno strumento che la soddisfacesse?
Più che uno strumento che non mi soddisfacesse, è che avevo una mia idea precisa
del pianoforte, del suono e anche di sviluppo di un progetto al fine di creare uno
strumento che desse risultati migliori. Mi sono dedicato quindi a questo progetto,
ho cercato di svilupparlo, tutt'oggi cerco di migliorarlo: insomma non è mai finita.
Quindi non è ancora arrivato a progettare il pianoforte
ideale?
No, non si arriverà mai
Come descriverebbe il suono dei suoi pianoforti?
È un suono solare, che ha molti colori, è brillante, è un suono nobile, chiaro.
Non ho mai amato i pianoforti con un suono scuro, ho sempre preferito vedere nel
suono una brillantezza e una vivacità che poi è anche tipica dello spirito italiano,
pensiamo al bel canto, alla gioia. Ecco ho cercato di portare tutto questo all'interno
del suono.
Molti musicisti scelgono di suonare solo ed esclusivamente
con pianoforti Fazioli, basti pensare a Hancock, ma anche Bollani,
Jason Moran ha sempre apprezzato molto. Secondo lei cos'è che cattura effettivamente
un pianista jazz?
Credo che il pianista jazz, a differenze di quello classico, sia un pianista che
inventa, crea un momento. Quindi, la possibilità di avere una paletta di colori
così vasta, un suono così vivace e ricco, diventa per il pianista una fonte di ispirazione:
avere tanti materiali a disposizione può eccitare la fantasia. D'altro canto credo
che avere un pianoforte che più o meno è sempre uguale a sè stesso crea delle difficoltà.
Il pianista, invece, deve avere a disposizione tante possibilità, tante penne, tanti
colori.
E il pianista classico invece?
É un po' diverso; il pianista di musica classico ha bisogno dell'aspetto tecnico
e delle volte, magari, ha anche più importanza il fattore abitudine, l'aver sempre
suonato un determinato strumento. Ovviamente non è così per tutti i pianisti di
musica classica, però la maggior parte di essi difficilmente si adatta alla nuova
situazione, anche se migliore dal punto di vista tecnico. Del resto, immagino che
sia come se si è abituati a guidare sempre la stessa macchina, nel momento in cui
si cambia, soprattutto se non si è più tanto giovani, si fa fatica ad abbracciare
il diverso, anche se più avanzato. Ecco, credo ci sia un po' questa difficoltà da
parte dei pianisti della classica ad accettare cose diverse, specialmente se hanno
già una certa esperienza con determinati pianoforti.
Tra i suoi pianoforti quel è il modello più richiesto e
perchè?
È il modello di taglia media, il 212: si tratta di un modello che si situa bene
in un'abitazione, in una stanza abbastanza grande e, allo stesso tempo, è uno strumento
con un grande volume e equilibrio. È un pianoforte che va bene per musicisti, studenti,
piccole sale da concerto, scuole di musica, conservatori e anche per sale da concerto
laddove però il pianoforte non deve essere solista, ma per musica d'insieme.
L'inaugurazione della Ciampi Luxury Piano Gallery, qual
è secondo lei l'obiettivo?
Credo che sia quello di avere uno spazio a disposizione di chi vuole studiare, provare
gli strumenti. A volte in casa è difficile riuscire a studiare, quindi avere uno
spazio tranquillo al di fuori, in cui un musicista ha un pianoforte, una stanza
e nessuno che lo disturba, ecco credo che sia un fatto molto importante e positivo.
Può diventare anche un momento di riflessione per il pianista, che può studiare
in libertà, lontano da qualsiasi condizionamento esterno.
Per l'inaugurazione la scelta è caduta su due pianisti
di eccezione, Cristina Pegoraro e Danilo Rea. Cosa ne pensa?
C'è una sorta di rimando tra la musica classica e il jazz, per cui mi sembra un'ottima
idea. Cristina Pegoraro è bravissima, è una pianista di una duttilità incredibile:
suona di tutto e lo fa benissimo.
Danilo
Rea è un inventore di musica straordinario, ha questa creatività incredibilmente
fertile e ha bisogno quindi di un pianista che risponda, che sia abile nel riproporre.
Credo che insieme possano fare delle cose davvero interessanti.
Ritorniamo ai suoi pianoforti. Ha detto di non aver ancora
raggiunto il suo obiettivo di un pianoforte ideale; se però potesse immaginarlo,
come sarebbe questo pianoforte perfetto.
È un pianoforte che deve avere dei suoni lunghissimi in tutta la tessitura. Ecco,
immagino pianoforti in cui i suoni siano talmente lunghi da poter essere assimilati
all'interruttore della luce: quando accendi la luce il suono cammina e non si ferma
più fino a quando non togli il dito dal tasto. E poi un pianoforte senza limiti
di dinamica, capace di rispondere ad un impulso infinitamente piccolo, ma che possa
dare anche delle sonorità elevatissime a seconda di quanto viene suonato forte.
E infine, un pianoforte che nel manifestare questa dinamica esprima anche tanti
colori. Sto cercando di lavorare con i materiali, di accoppiarli nel modo più consono,
ma non è facile. Faccio continuamente un sacco di esperimenti, non mi fermo mai.
Assisteremo un giorno ad un concerto del M°Fazioli che
suona un pianoforte dell'Ing. Fazioli?
Questo purtroppo è un sogno nel cassetto, ma non ce la faccio a realizzarlo, andando
avanti con l'età un po' si perde in termini di tecnica se non si studia. Mi sono
dedicato alla costruzione dei pianoforti, quindi non ho avuto molto tempo da dedicare
allo studio e per mantenere un buon livello come pianista occorre esercitarsi almeno
2-3 ore al giorno. Adesso vorrei ricominciare a studiare, chissà... Certo, forse
è meglio che dimentichi come suonavo una volta, dopo il diploma insomma, quando
suonavo gli Studi Trascendentali di Liszt.
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Data pubblicazione: 11/01/2015
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