Stefano Bollani Piano solo
25 novembre 2003, La Palma Club Roma
testo e foto di Francesco Lombardo
E' il momento.
Dopo aver imparato a riconoscere ed apprezzare la sua presenza nei vari progetti che in questi anni lo hanno prima scoperto e poi consacrato come una delle più lucenti rivelazioni del nostro jazz, stasera lo aspettiamo qui a
La Palma, per la prima volta da solo. Piano Solo.
Solo?
No. Lui è "La piccola orchestra Bollani" come ci scherza su Rava presentandolo nel duo ed alludendo all'incredibile capacità di Stefano (come si fa a non dargli del tu?) di arrangiare "moltiplicandosi" sul piano. E poi ci siamo anche noi, che non possiamo essere semplicemente "spettatori", ma stasera siamo i suoi compagni di gioco. Con la musica si può giocare, e un talento come quello di Bollani ci ricorda che conservare la freschezza dello sguardo di un bambino può sospingerci in territori altrimenti inaccessibili.
Il concerto è anche
l'occasione per presentare il suo ultimo lavoro,
Småt Småt, in danese piccolo piccolo;
Bollani confessa che l'idea del titolo l'ha avuta da uno spot televisivo in Danimarca, da uno slogan che recitava "piccolo piccolo, ma tanto buono". A lui è piaciuto da subito il suono di quel monosillabo (un musicista sente il significante)… ed è diventato il titolo del suo primo album solista.
Proprio con l'entusiasmo autentico di un bambino che ti porta per mano a vedere i giocattoli che più ama, Bollani ci accompagna tra le sue grandi passioni in musica,
attraversando generi diversi e scoprendo che il jazz può essere il segreto per riappropriarsi con leggerezza delle più profonde e distanti culture musicali, rinvenendo in ognuna il mistero di quella flebile traccia che le accomuna e che ce le fa vivere come "nostre".
Così, dopo una giullaresca
autopresentazione (l'unico modo di prendere sul serio Bollani è quello di
scherzare con lui!), si siede al piano e inizia col proporci una rilettura
minimalista e straniante di
Norvegian wood
dei Beatles, in cui sulla delicatezza e la pulizia del tema aleggia l'inquietudine geometrica dell'arpeggio della sinistra.
La vita intensa, una
composizione originale di Bollani dall'incessante rimbrotto sui bassi che evoca
topiche scene d'azione sui treni del cinema muto, torna a distendere i nostri
pensieri fino alla spensieratezza del tema di Cheek to cheek; in questa dimensione, la sensibilità pianistica di Bollani accenna una preziosa affinità con quella di Petrucciani.
Si apre ora la prima parentesi Argentina con l'interpretazione di due composizioni di
Alberto Ginastera: l'una (Danza de la moza donosa) dal temperamento struggente e sentimentale delicatamente adagiato sul tocco, l'altra (Danza del gaucho matrero) incalzante, arrembante da sentire la fatica fisica di Bollani che non si risparmia fino a liberarsi nei fortissimo percussivi degli accordi. Due volti d'uno stesso mondo sulla tastiera dello strumento che custodisce proprio nel nome una dicotomia che è la sua essenza.
Quindi ancora attraverso una
sua trasognata composizione dedicata ad un personaggio dei fumetti (noto ad un
solo spettatore nella sala gremita!), Mr O'Malley, Bollani continua a stupire attraversando
Bernstein per arrivare a Michel Le Grand e ad intrecciare le sue passioni con quelle del pubblico, che gli suggerisce i titoli dei pezzi quando lui (divertendo) non li ricorda o finge di non ricordarli.
Brasil! Potevamo dubitare
che mancasse nel cassetto aperto dei suoi sogni in musica? E potevamo dubitare
che la sua autoironia gli consentisse di avvicinare il microfono al piano e di…
cantare! E già; Trem das onze, metà in portoghese e metà nella versione italiana
Figlio unico.
Avrei voglia di scherzarci su (perché il suo humour è contagioso, e lui riconosce che avendo applaudito alla sua performance canora, ormai applaudiremmo pure se declamasse versi!), ma il risultato ha un sapore autentico, credibile, piacevole; la canzone è bella di semplicità e noi, ricordiamocelo, stiamo giocando con lui e con la musica.
Ancora una virata su un compositore del novecento, Prokofiev e il suo
Pierino e il lupo, per approdare ad una perla, davvero, nella seconda parentesi argentina; sarebbe interessante interrogarsi sulla fascinazione che il folklore argentino ha esercitato ed esercita sugli artisti, ma proprio non è il caso di diluire nelle parole l'emozione intensa che ci regala Bollani nell'interpretazione di
El choclo, il celebre tango di
Villoldo: originale, personale, libera ma in equilibrio con la codifica e la misura che caratterizzano l'improvvisazione nel tango.
Dopo essersi cimentato di nuovo alla voce, stavolta in una canzone d'autore dall'atmosfera rarefatta ed intimista (capita anche nelle migliori famiglie…), Bollani torna per il bis e si prepara a stupirci e divertirci ancora nell'incanto del gioco della musica: raccoglie dal pubblico con carta e penna (ironizza, as usual: "come in pizzeria") decine di richieste, le più disparate, da
Coltrane ai Police, a
Furia cavallo del west
a
Evita… e quindi si produce in un medley impressionante in cui il suo virtuosismo si manifesta nella facilità ad intrecciare i temi suggeriti ed immaginare soluzioni rocambolesche che conservino un senso d'unità compositiva ai limiti del possibile, per diversi minuti; una sorta di gigantesco "bambino" alla
Doctor 3, di pura improvvisazione. Grazie.
In piano solo Bollani suonerà prossimamente al Blue Note di New York; forse in duo con
Rava si appresta ad incidere un
nuovo lavoro (dopo lo straordinario
Montreal diary B) per la più prestigiosa etichetta jazz contemporanea (che scaramanticamente non nominiamo); insomma da due anni, dopo numerosi riconoscimenti, ormai è ben più di una promessa. Noi speriamo che la sua sensibilità musicale continui ad assorbire e rielaborare con la stessa curiosità fanciullesca con cui stasera ha giocato qui a
La Palma con grandi compositori e piccoli ascoltatori: in fondo è l'indice più significativo della sua maturità di musicista.
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Data pubblicazione: 11/01/2004
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