Piccola intervista visionaria
Chiacchierata inseguendo Stefano Bollani per le sale del
Teatro Mancinelli
di Viviana Maxia
foto di Roberto
Aymerich
Orvieto. E' il 2 gennaio
2009 ad Umbria Jazz Winter. La defezione di
Joao Gilberto per tre spettacoli è oramai diventata il tormentone di questa
edizione del Festival invernale, grazie anche a quel diavolo ironico di un toscano
che è Stefano
Bollani, sostituto a pieno titolo de "o Mito".
Già
dalle prove dello spettacolo al Teatro Mancinelli con i Visionari,
Bollani,
ossuto come un Pinocchio con una coda di capelli ricci spettinati, si diverte a
divertire mentre vola sui tasti con le mani, le braccia, le gambe, con tutto il
corpo, alternando musica e battute scherzose. Sul palco, a sipario chiuso, accenna
ad un vero cammeo: un raro pezzo di avanspettacolo di Carlo Dapporto, confermando
le sue doti di caleidoscopio vivente.
Alla prima domanda - immancabile - sulla sua predilezione per la musica
brasiliana, sussurrata mentre ancora prova, risponde di aver scoperto la bossa nova
a 13 anni ma che il suo rapporto con le sonorità sudamericane, nel tempo, si è ampliato
fino a ricomprendere tutta la musica etnica (choro, samba, ecc) come dimostrano
il cd Carioca e le ultime collaborazioni con strumentisti brasiliani e con il suo
alter ego, elfo malinconico dalla chitarra "sozinha",
Caetano
Veloso.
Nel frattempo riesce contemporaneamente a salutare alcuni amici, a suonare
e a scherzare, a parlare seriamente, mentre lo seguo, inciampando nei faretti, verso
il camerino dove più che intervistarlo chiacchiero amabilmente del più e del meno,
come se "il Bollani", non avesse una fila di giornalisti fuori dalla porta e non
dovesse affatto suonare a brevissimo, con i suoi amici Visionari, davanti al pubblico
delle grandi occasioni del Mancinelli.
Ne scaturisce la "visione" di Bollani intorno ad alcuni temi come internet,
commistioni musicali, rassegne, purismo nel jazz, varie ed eventuali.
...ah si, scrivi per Jazzitalia? Salutami il Marco, ma salutamelo tanto davvero!
...certamente, presenterò. Ma allora è proprio vero
che tu "ci sei" e basta, non "ci fai" proprio per niente?
Ma
certo che "ci sono", io sono così. Non ho alcuna paura del palco, mi piace starci
fisicamente e lo si nota perché mi muovo, ammicco, mi scompongo, flerto con il pubblico
e con il mio piano e a chi non piace questo modo di essere, non piace
Bollani,
non potrei essere diverso.
ah, ma io ci credo assolutamente (lo penso veramente,
dopo averlo visto alle prove). Cosa pensi del jazz nell'era di internet, ad esempio
del nostro sito?
Ma guarda, da internet ormai non si può prescindere e sarebbe da stolti tentare
di fermare il progresso; è una realtà con la quale interloquire alla pari degli
altri mezzi di comunicazione e ben vengano tutti quei siti in cui gli appassionati
del settore possono confrontarsi ed interagire come sul vostro. Penso invece in
tutt'altro modo riguardo i siti che permettono di piratare la musica e così facendo
spezzano il mercato musicale creando un danno economico a tutto il sistema musica,
ovvio! Non potrei pensare diversamente al riguardo.
Credi che il proliferare delle rassegne e dei festival
jazz sia dovuto al fatto che è una musica "di moda"?
Sì, penso che sia la moda di questi ultimi anni a determinare una domanda e
un'offerta sempre maggiore di musica jazz, ma sai, come capita per tutte le mode,
passerà, ed allora rimarranno solo gli appassionati che, fortunatamente, non sono
più così pochi.
E della contaminazione tra generi che dici?
Ne dico il meglio possibile. D'altronde il jazz nasce all'origine come contaminazione,
quindi perché scandalizzarsi tanto delle varie collaborazioni e incroci che nascono.
Sinceramente non capisco i puristi nel jazz. Cos'è il jazz puro se non una contraddizione
in termini?
In effetti non ho risposta e mentre sfogliamo un album di foto di jazzisti
tra cui c'è anche lui - mentre commenta le immagini scherzando qua e là - sembra
proprio un po' bambino e un po' un Pinocchio cresciuto a cui la Fata turchina ha
regalato il dono immenso di sapersi immedesimare nelle note del suo piano; ma a
cui Collodi ha regalato la vena toscana ironica e funambolica che si coglie leggendo
di strani venditori di palloncini e altre figure assurde nel suo libro "La sindrome
di Brontolo". Penso che è bravo anche a scrivere, accidenti!.
Stefano si chiama Franco, Beppe, Pino, Sandro o Gino Bollani, così quando
la morte verrà a prenderlo non lo troverà mai e potrà continuare ad accarezzare
il suo meraviglioso pianoforte fino alla fine dei tempi…
*Dal CD "I Visionari", 2006 "Quando la morte verrà a prendermi".
24/10/2006 | Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Bobo Stenson tra i protagonisti del Brugge Jazz 2006 (Thomas Van Der Aa e Nadia Guida) |
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Data pubblicazione: 11/04/2009
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