|  | Charles Lloyd Quartet Mirror
 
 
  ECM 2010 – ECM 2176
 Distribuzione Ducale
 
 1. I Fall in Love Too Easily (For Lily)
 2. Go Down Moses
  3. Desolation Sound
 4. La Llorona
 5. Caroline, No
 6. Monk's Mood
  7. Mirror
 8. Ruby, My Dear
 9. The Water is Wide
 10. Life Every Voice and Sing
 11. Being and Becoming, Road to Dakshineswar With Sangeeta
  12. Tagi
  
 
 
Charles 
Lloyd - sax tenore e altoJason Moran - pianoforte
 Reuben Rogers - contrabbasso
 Eric Harland - batteria
 
 
 
 Il 15 marzo del 2011
Charles 
Lloyd raggiungerà le settantatrè primavere, la maggior parte delle quali 
passate a fare musica. Non si è fatto mancare nulla il sassofonista di Memphis: 
dal blues (anche con B.B. King, Howlin' Wolf) al jazz del quartetto "stellare" con
Keith Jarrett,
Jack DeJohnette 
e Cecil Mcbee, senza contare l'aver condiviso pezzi di vita con
Michel 
Petrucciani, Billy Higgins, John Abercrombie, giusto per citarne alcuni, 
fino al pop – rock dei Beach Boys, Celebration e toccando i Doors.  La sua storia scorre in Mirror, lavoro a più facce che narra le sue radici, i 
suoi ricordi ed il suo futuro. Forse. Lloyd è tanto imprevedibile quanto avvincente, 
sicuramente non in debito di creatività nel fraseggio caloroso, espressionista e 
sempre legato al patrimonio più popolare, come dimostra il bel lavoro licenziato 
per la ECM. Un triplo Lloyd, si potrebbe dire, che attinge ai traditionals con
Go Down Moses e la voce dell'alto sax, struggente ed al contempo rabbiosa, 
ed i tamburi "africani" di Eric Harland che rendono ancor più vibrante l'abrasiva 
litania gospel abbracciata all'Antico Testamento; risorge anche La Llorana, 
folk song messicana che Jason Moran riesce a strizzare con le sue modulazioni 
scabre e circolari sui tessuti intrecciati dalla batteria. Il trittico storico, 
disseminato nell'album, si conclude con The Water Is Wide, brano della tradizione 
britannica che risale al 1600. La seconda visione del fiatista statunitense mette 
giù il cappello per ossequiare il passato - anche il suo – riconoscendo a Thelonius 
Monk un posto in prima fila, rivolgendo il suo sguardo al Monk più lirico, post-bop:
Monk's Mood e Ruby, My Dear. Lloyd lascia assaporare il suo ampio 
vibrato ed i suoi colori irregolari e Moran (eccellente la sua prova in generale, 
in particolare con i brani monkiani) a riempire il tempo con il rubato. I Fall 
In Love To Easily (For Lily) è immarcescibile e Lloyd la recita dal par suo, 
sempre alla ricerca di nuove note. Tributa anche il suo schierarsi al fianco dei 
Beach Boys con Caroline, No, brano del 1966 dall'album Pet Sounds, chiarificandolo 
con le sue zampate. Il terzo atto lo riguarda direttamente, con le sue composizioni:
Desolation Sound, fascinosa dalle movenze ballad con Moran ancora una volta 
in proscenio, attento alle piccole sfumature; Being and Becoming, 
Road to Dakshineswar With Sangeeta, tratta da Which Way Is East (2004) e 
soprattutto nella magistrale ed appassionata esecuzione di Tagi con 
la voce di soppiatto di Lloyd sulle note sospese di Jason Moran ed i riverberi 
dell'archetto di Reuben Rogers – impeccabile – che creano un microcosmo siderale 
anche quando il sassofonista mette mani e fiato al suo strumento, profondo e magnetico. Le molte anime musicali di
Charles 
Lloyd sono tutte declinate in Mirror, lavoro da tenere sempre 
a portata di mano e di memoria.
 Alceste Ayroldi per Jazzitalia
 
 
 
 
 
 
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| Questa pagina è stata visitata 3.310 volte Data pubblicazione: 06/01/2011
   
 
 
 
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