Quattro chiacchiere con Filippo Bianchi
aprile 2012
A cura di Alceste Ayroldi
"101 microlezioni di jazz", il libro di
Filippo Bianchi con le illustrazioni di Pierpaolo Pitacco edito dalla
22publishing, diventa uno spettacolo dal vivo con
Paolo Fresu,
Roswell Rudd,
Danilo
Rea e Martux_m. Prossimi appuntamenti: 3 maggio, Roma Auditorium Parco
della Musica, Sala Sinopoli; 5 maggio, Correggio, Teatro Asioli, nell'ambito di
Crossroads; 7 maggio, Vicenza, Teatro Comunale, nell'ambito di Vicenza Jazz; 8 maggio,
Firenze, Stazione Leopolda, nell'ambito di Fabbrica Europa.
Ne parliamo con l'autore, Filippo Bianchi.
Com'è nata l'idea del libro? E quella dello spettacolo?
L'idea è nata nel 1994 a Parigi, a casa di
Steve Lacy,
cui avevo pensato di fare un'intervista "monografica" su Thelonious Monk.
Steve mi fece le fotocopie del taccuino di appunti di quando lavorava con Monk,
nel 1960, e me le dette dicendo "è tutto lì". Poi in realtà mi raccontò molte altre
cose, ma aveva ragione a dire che in quei frammenti già si vedeva buona parte della
storia. Sai, il frammento è una specie di puntello che regge un pensiero altrimenti
destinato a franare. In effetti è quanto di più solido: è difficile da rompere,
essendo già frutto di una rottura precedente. Quindi resiste, e spesso è quel che
rimane dentro di noi: pochi si ricordano a memoria la Divina Commedia o le opere
di Shakespeare, ma molti ne citano, appunto, dei frammenti.
Quando Pier Paolo Pitacco, che ha curato la grafica, mi ha mandato le prime bozze,
mia moglie Sandra Costantini ha subito detto "ma questa dovrebbe essere una mostra!".
L'idea di una mostra di parole scritte mi è sembrata tanto curiosa quanto interessante,
e ovviamente ho pensato: visto che le mettiamo in mostra, perché non metterle in
scena?
Quindi diciamo che nello spettacolo i testi costituiscono una sorta di "ossatura".
La "ciccia" poi ce la dovranno mettere i musicisti.
Come hai scelto i musicisti?
È chiaro che questo è un lavoro con una forte componente "evocativa", e in questo
senso ti dirò che la prima voce che ho letteralmente "sentito" mentre ragionavo
sulla possibilità di fare uno spettacolo è stata quella di
Paolo Fresu,
che ha questa straordinaria qualità "sentimentale", senza mai scadere nello "sdolcinato".
Poi però ho pensato che lo spettacolo è un punto di vista assolutamente contemporaneo
sulla storia del jazz, e allora m'è venuta in mente l'elettronica, e Martux_m.
Roswell Rudd costituisce l'elemento delle radici più profonde, il "testimone"
vivente di quella grande storia che vedremo scorrere sullo schermo. Infine
Danilo
Rea dovrebbe un po' cucire tutti questi elementi diversi, con la sensibilità
che gli è propria e che è in grado di spaziare in ogni ambito musicale.
Come sarà strutturato lo spettacolo multimediale?
Sarà una struttura molto flessibile, intessuta di citazioni di standard noti e meno
noti, in cui ognuno dovrebbe trovarsi a proprio agio, nonostante i diversi retaggi
delle personalità coinvolte. Posso solo sperare che tutti quelli sul palco si divertano,
e che il pubblico si diverta pure ma impari anche qualcosa sul modo di pensare dei
grandi jazzisti, che spesso non è diverso dal modo in cui suonano ma è ugualmente
affascinante e meno noto. Un commento molto intelligente sul libro lo ha fatto
Paolo Fresu,
che ha detto: "Quelle parole sono piene di swing"...La multimedialità come sai esiste da parecchi secoli, e in epoche diverse si è chiamata
in vari modi: teatro musicale, melodramma; Wagner – si parva licet –sognava la Gesammtkunstwerk,
l'opera d'arte totale… Il punto in realtà è che si danno allo spettatore sollecitazioni
di diversa natura: musicali, visuali, testuali. Se questi piani rimangono separati,
lo spettatore perde il senso della narrazione e si annoia, se invece si integrano
bene si trova al centro di un universo poetico ricco e pieno di sfaccettature. Credo
che andrà così, soprattutto perché tutti i musicisti coinvolti hanno detto di trovare
i testi e le immagini molto "inspiring", e quindi cogliere le relazioni fra i vari
elementi dovrebbe essere facile. Roswell Rudd ha detto: "Vedremo in scena
la più grande orchestra jazz di tutti i tempi!", e credo abbia ragione, perché sul
palco non ci sarà solo il pensiero dei musicisti presenti, ma anche quello di tutti
i musicisti citati. Il jazz, come sai, è contemporaneamente un luogo di "tradizione",
con tutto il suo peso, e un luogo di "creazione", con tutti i rischi impliciti nelle
anticipazioni. Questi due aspetti dovranno convivere in scena in maniera armoniosa.
Quale sarà il tuo ruolo nello spettacolo dal vivo?
Per fortuna del tutto irrilevante: mi limiterò a leggere tre frasi, una all'inizio,
un'altra dopo un po' e una alla fine. E voglio precisare che sono frasi di scrittori,
non di musicisti. Non mi sognerei mai di cercare di "interpretare" poniamo Thelonious
Monk o Paul Desmond: non sono un attore, e anche se lo fossi sarebbe
dura interpretare personaggi così peculiari. Mentre leggere la frase di uno scrittore
mi pare normale: è roba concepita proprio perché qualcuno la leggesse, no?
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
01/10/2007 | Intervista a Paolo Fresu: "Credo che Miles sia stato un grandissimo esempio, ad di là del fatto che piaccia o non piaccia a tutti, per cui per me questo pensiero, questa sorta di insegnamento è stato illuminante, quindi molte delle cose che metto in pratica tutti i giorni magari non me ne rendo conto ma se ci penso bene so che vengono da quel tipo di scuola. Ancora oggi se ascolto "Kind Of Blue" continuo a ritrovare in esso una attualità sconvolgente in quanto a pesi, misure, silenzi, capacità improvvisativi, sviluppo dei solisti, interplay, è un disco di allora che però oggi continua ad essere una delle cose più belle che si siano mai sentite, un'opera fondamentale." (Giuseppe Mavilla) |
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Data pubblicazione: 22/04/2012
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