Filippo Bianchi e Pierpaolo Pitacco
101 Microlezioni di Jazz 22publishing 2011
Pagine 134 – euro 20,00
Chi ha detto che per scrivere una storia occorrano tante parole?
Una storia può racchiudersi in una frase, un aforisma forse, un brandello di pensiero
o di un discorso. Di poche parole deve essere fatta una lezione, quelle essenziali
che possano imprimersi nell'ippocampo e non scivolare più via. Filippo Bianchi
che di jazz ne ha passato tanto e ne proietta in gran quantità, e non solo per essere
da oltre dieci anni il direttore dell'autorevole rivista Musica Jazz, attraversa
la sua vita per mano (per bocca, meglio) di alcuni protagonisti della musica afroamericana.
Una bugia pro-lettore è nel titolo: sono centoquindici e non
centouno le micro-lezioni; "consideratele degli alternative takes, come spesso
si usa in questa musica", dice Filippo Bianchi nella epifanica presentazione.
Centoquindici mattoncini che hanno plasmato il credo musicale dell'autore lungo
quarant'anni passati a braccetto con il jazz che conta. E' come dire una storia
nelle storie, che si ritrova nelle parole di Louis Armstrong,
John Coltrane,
Thelonious Monk, Paul Desmond, Eubie Blake, dal sardonico epitaffio
coniato dopo aver svoltato le novantadue primavere: "Se avessi saputo di dover
vivere così a lungo, mi sarei preso più cura di me stesso"; e poi Evan Parker,
Han Bennik, Dave Holland,
Sun Ra, Aldo Romano, Enrico Rava,
solo per citare a braccio. E via dicendo anche con chi ha gustato il jazz per altre
vie, come Brian Eno, Federico Fellini, gli straordinari ballerini
e coreografi Carolyn Carlson e Alvin Ailey, Bernardo Bertolucci,
l'insigne semiologo Paolo Fabbri. Ognuno con il suo pensiero che si specchia
nella vita di Filippo Bianchi, nella sua memoria, nel suo "ego".
Le centoquindici lectiones magistrales non sono poste
casualmente ed il filo rosso che le lega è nell'essenza dell'assioma stesso proferito
dal "saggio" di turno. In pratica, non è alla cronologia che si deve guardare, bensì
al contenuto che materializza il pensiero dell'autore nel suo divenire. Questa è
una chiave di lettura. Ma l'opera è double-face, oppure adattabile all'uso
che più aggrada. Le micro-lezioni possono essere assunte a casaccio, prelevando
di tanto in tanto ciò di cui si ha bisogno: si può farne un utilizzo da bancomat
del pensare in jazz.
Coronano questo inusuale quanto imprevedibile lavoro le illustrazioni
di Pierpaolo Pitacco, gioiosamente minimaliste, che riescono a fermare le
vivide immagini offerte dalle parole e che sottolineano la perfetta sintonia e identità
di vedute con Filippo Bianchi.
Un libro da leggere con cura e del quale se ne consiglia l'uso
prolungato. Anche perché, per dirla con Art Blakey: "il jazz lava
via la polvere della vita quotidiana".