Quattro Chiacchiere con...Raffaele Casarano giugno 2011
di Alceste Ayroldi
Hai iniziato a suonare il saxofono e ti sei avvicinato al jazz a soli sette
anni. Scelte piuttosto "anomale" per un bambino.
Anomalissime è vero. Infatti mio padre si preoccupava, perchè ero incuriosito
da questa musica a sette anni. Musica che, secondo lui, non mi avrebbe portato a
niente, perchè non l' avrebbe capita nessuno...ora invece adora il jazz! E' iniziato
tutto ascoltando un disco del grande Charlie Parker, e sarà stata anche l'atmosfera
della serata a creare il connubio perfetto, ma quella musica mi dava un senso forte
di tranquillità, pace e soprattutto libertà di immaginare la musica e la vita come
meglio credevo. Ed effettivamente nel tempo ho scoperto proprio quella verità!
Quando ti sei "innamorato" della musica jazz? Quale è stato il primo brano
che hai ascoltato?
Mi sono innamorato seriamente quando ho iniziato a studiarlo e soprattutto a
suonarlo con i miei compagni di sempre, come ad esempio il mio amico
Marco Bardoscia,
con il quale suono da almeno dodici anni insieme e grazie al jazz ho scoperto il
mio "migliore amico". Il primo brano che ho ascoltato è stato Confirmation proprio
di Parker.
Dopo gli studi, una escalation piuttosto rapida, vista la tua giovane età.
Quale è stato il momento più importante, quello che ti ha consentito di raggiungere
questi risultati?
Sicuramente il casuale incontro con il grande
Paolo Fresu,
che da sempre ha creduto in me, e mi ha concesso la possibilità di suonare assieme
a lui, e continua a farlo tuttora, insegnandomi l'approccio alla musica in genere
e alla vita.
Ascoltando i tuoi lavori, dal primo "Legend" ad "Argento", sembra essere mutata
la tua definizione ed interpretazione del jazz.
Certo, se agli inizi mi ponevo come fine ultimo il raggiungimento di quel modo
di suonare un po' bebop, traditional, da quel fortunato incontro ho avuto la possibilità
di comprendere quanto è importante guardarsi attorno, sempre nel rispetto della
tradizione, e farne tesoro di tutte le esperienze, che poi riverso su un foglio.
Da sempre sono stato affascinato da quasi tutti gli stili musicali, dal folk al
rock, alla musica classica alla musica elettronica.
In particolare, come è nato "Argento"? Perché questo titolo?
Mi piaceva l'idea di poter creare un suono "forte" in continua mutazione, un
viaggio tra flamenco, rock e elettronica dove sguazzare con il jazz, strumento potente
di ricerca sempre nuova, curiosa e originale di vivere la musica. "Argento" è stato
scelto come titolo, proprio perché questo disco ha, come si suole dire, "l'argento
vivo addosso"...
Parliamo del tuo progetto Locomotive: come nasce, quali obiettivi si prefigge?
Locomotive è nato quasi come un gioco, grazie a due grandi personaggi che hanno
contribuito in Europa a far conoscere i giovani jazzisti italiani. Parlo dei titolari
di uno storico jazz club a Bruxelles, Sergio e Rosy, del Sounds Jazz Club. Studiavo
ancora in Conservatorio, era il 2003, e mi ritrovai
in un luogo sperdutissimo a Taranto, in una zona di campagna, proprio in pieno territorio
del Primitivo (il ben noto vivo, n.d.r.), a suonare come ospite di un gruppo chiamato
Anonima Folk, in un brano di loro composizione, in stile appunto folk-funk-pizzica-soul-blues
e chi più ne ha... Ho un ricordo nitidissimo di quella serata. Ci saranno state
in tutto sei persone, e due erano proprio Sergio e Rosy. Scendo dal palco, e si
avvicina Sergio, con il suo "codino e sigaretta" che mi chiede se ho un gruppo di
jazz, per invitarmi nel suo club a Bruxelles. Io, emozionatissimo e impacciato,
mi lanciai e gli dissi una bugia, confermandogli che avevo un quartetto. Mi diede
i suoi contatti, e il giorno dopo contattai subito i primi nomi che mi vennero in
mente, e che conoscevo di più:
Marco Bardoscia,
Ettore Carucci
e Alessandro Napolitano. Così registrai il primo demo (che poi mi permise
anche di essere notato da Fresu qualche mese dopo, casualmente, a Parigi) e immaginando
il viaggio che dovevamo fare lo chiamai "Locomotive 4tet". Da lì comincia tutto
sino al Locomotive Jazz festival. Prossimi progetti? Tanti, anche se il periodo non facilita le cose... ma pian
piano sono convinto, con la speranza che ci siano più possibilità economiche per
poter realizzare un grande centro attivo tutto l'anno per produrre spettacoli, e
avvicinare i più piccoli alla musica e all'arte, e alla socializzazione. Infine
l'arte rende uniti e rende belle le persone.
E' difficile per un giovane italiano suonare e vivere di jazz?
Oggi più che mai, c'è tantissima voglia di fare, ma poca possibilità per concretizzare,
causa i quattrini sempre meno e istituzioni sempre meno attente. Il rapporto tra
la voglia di fare e le possibilità a disposizione è sempre in forte squilibrio.
Ma come dico sempre, noi quaggiù al Sud, siamo i più fortunati, perchè la disperazione
crea l'intenzione, e quindi abbiamo stimoli altissimi...sarà l'odore e la luce di
questa terra?...
Chi sono i tuoi sassofonisti di riferimento? E quale è l'artista (in generale,
anche non musicista) con il quale avresti voluto (o vorresti) collaborare?
Mi è sempre piaciuto il mito del sassofono, per me
John Coltrane.
E ancora Cannonball, Parker. Mi piace molto dei viventi Kenny Garrett, l'esplosivo
Rosario Giuliani
oltre che il grande
Javier
Girotto. Ho un debole per la musica pop... e mi piacerebbe
collaborare con gli Stadio che adoro, e con Alex Britti.
Sei anche direttore artistico del Locomotive Jazz Festival. Come giudichi
questa esperienza? Come scegli gli artisti da invitare? Quali sono le principali
difficoltà che hai incontrato?
L'esperienza è forte, e ti fa crescere molto. Soprattutto ti mette nella condizione
di capire quanto sacrificio c'è dietro un evento. Noi ci lavoriamo un anno per realizzare
il LJF, nonostante è un evento che nasce sulla scia del Time in Jazz, che dirige
da 24 anni Fresu a Berchidda in Sardegna. Ho sempre ragionato a progetto, e ogni anno cerco di dare un tema e da lì si
inizia a tessere tutto il cartellone, che per quattro giorni si svolge in tutte
le ore, sino a notte fonda. Proprio grazie al tema, è più facile immaginare gli
artisti da ingaggiare. Difficoltà? Sembra una frase fatta, ma sono sempre le scarse
risorse economiche che rendono dura la vita di un evento culturale.
Visto che ci siamo, potremmo parlare dell'edizione 2011…
"JAZZ CIRCUS" è il tema 2011. Vi lascio immaginare
in che delirio mi sono messo io e gli altri. Siamo nel panico in queste ore, proprio
perchè far combaciare parte dei concerti alle performance circensi significa essere
un po' "ingenui". A parte gli scherzi, sono molto fortunato di avere lo staff principale in famiglia.
Mio padre si occupa del marketing, mio cugino Alessandro Monteduro, percussionista
salentino fondatore anche della Locomotive Percussion Orchestra, è il General manager
del Festival, mia sorella Carla, cantante, coordinatore generale, mia mamma è il
"jolly" e il membro sempre preoccupato per tutto e per tutti, perchè come lei dice:
"nessuno deve rimanere scontento", e via via tutti i membri della mia famiglia sono
coinvolti in un ruolo... Quest'anno il festival avrà durante i concerti anche alcune
performance legate al circo, ma senza coinvolgere gli animali, ma avvalendoci proprio
dalla professionalità dell'arte di fare circo, come giocolieri, trapezisti, danza
aerea. E poi aspettiamo un ospite particolare che sarà Gino Paoli con il
suo nuovo progetto "un incontro in jazz" il 5 agosto. Il programma completo è disponibile su:
www.locomotivejazzfestival.it
Chi sono, a tuo parere, i musicisti attualmente più interessanti? E perché?
In Italia, ma non per campanilismo, certamente
Paolo Fresu,
e ovviamente non sono il solo a pensarlo, proprio perchè Paolo è un musicista a
360 gradi. Il jazz è il punto iniziale da dove partire e intraprendere tutte le strade possibili,
e lui in questo è il maestro, e poi perchè crea possibilità di lavoro per tantissima
gente, penso al suo Time in Jazz, penso all'attuale tour dei 50 concerti in tutta
la Sardegna, e all'apertura della sua etichetta discografica Tuk Music, solo per
citarne alcuni, fattore non di poco rilievo visto il periodo. Dovrebbe essere da
esempio a chi pensa che fare le cose solo per i propri interessi sia una cosa giusta,
quando poi nella vita e nell'arte in genere la condivisione è un fattore di crescita
culturale e umana. A livello internazionale trovo
Keith
Jarrett, a mio modesto parere, il più grande innovativo musicista vivente.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto iniziando a lavorare sul nuovo disco, sempre per la TUKMUSIC, che avrà un
sapore africano, dopo la mia recente trasferta in Zimbabwe e Mozambico..non posso
farne a meno, e probabilmente avremo un grande ospite africano, molto noto, ma che
non dico ora.
La tua attuale playlist (cosa ascolti?)
- Sonic Codex – E. Aarset
- Miles Davis – Doo Bop
- Chopin (vari dischi e compilation per piano solo e per orchestra)