Nonesuch Records, B0006M4S06 (2005)
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Pat Metheny Group
The Way Up
1. Opening 2. Part One 3.
Part Two 4. Part Three
Pat Metheny - guitars Lyle Mays - piano, keyboards Steve Rodby - bass Antonio Sanchez - drums Cuong Vu - trumpet, voice Gregoire Maret - harmonica
Guests:
Richard Bona - percussion, voice Dave Samuels - percussion
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Musicista poliedrico, esploratore delle più svariate forme musicali, Pat Metheny ha sempre affiancato alle produzioni di più facile e immediata fruizione lavori in ambiti sonori di confine: per citare solo due esempi, il celebre Song X del 1985 al fianco di Ornette Coleman e la sua armolodia, e l'ancor più sconvolgente e pressoché rumoristico Zero Tolerance For Silence del 1994.
Questo The Way Up, elaborato in stretta collaborazione con il fido Lyle Mays, da sempre al fianco del chitarrista americano, sembra in qualche modo cercare (e trovare) una sintesi tra le due tendenze: se da un lato sono in più punti ben evidenti i caratteristici percorsi melodici e gli sviluppi armonici che da tempo rendono immediatamente riconoscibile il PMG, dall'altro canto l'ambiziosa costruzione in forma di lunghissima suite divisa in tre parti (più l'iniziale Opening) per una durata complessiva di 68 minuti, e soprattutto la pulsazione ritmica tipicamente minimalista, che innerva larga parte dell'opera, richiamano senza alcun dubbio a Steve Reich.
Giova ricordare, a questo punto, che le strade ben diverse di Steve e Pat si incrociarono nel 1989 (compositore il primo, esecutore il secondo) per la pubblicazione, anche allora con etichetta Nonesuch, di
Electric Counterpoint per 13 chitarre (!) in sovraincisione. Evidentemente il ricordo di quell'esperienza ha lasciato semi che hanno generato a distanza di ben 16 anni i loro preziosi frutti, con il compimento di questo impegnativo e ben meditato progetto.
Il risultato è un affresco sonoro emozionante, una costruzione ampia e articolata ma sempre godibile, senza essere per questo prevedibile o scontata. The Way Up è l'ennesimo dei tanti colpi di scena a cui Pat ci ha abituato, un bellissimo disco, una prova di maturità e freschezza creativa per un gruppo la cui longevità artistica supera il quarto di secolo.
Alfonso Tregua per Jazzitalia