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Mimmo Langella presenta "A Kind Of Sound"
dicembre 2018
di Marco Losavio

Un nuovo album a sei anni di distanza dal precedente "Soul Town". Cosa è successo in questi sei anni?
Proprio in questi giorni stavo notando assieme a mio figlio che riesco a produrre un album ogni sei anni; solo il secondo, "Funk That Jazz" (2008), era pronto dopo "solo" quattro anni dal precedente, "The Other Side" (2002), ma ho dovuto attendere altri due anni per vederlo pubblicato. Per tornare alla tua domanda, in questi sei anni ho continuato a lavorare come turnista e didatta, ho suonato nei dischi di qualche bravo collega, come il sassofonista e compositore Vito Ranucci e il cantautore Mario Castiglia, e ho cercato di portare in giro il mio progetto musicale. A dire il vero, per "A Kind of Sound" sono partito nel 2015, poi per mettere su il trio, provare i brani e riuscire a organizzare le session di registrazione ci sono voluti ben due anni e mezzo!



"A Kind of Sound": quale tipo di suono è il suono di Mimmo Langella e dei suoi compagni di viaggio?

Per "A Kind of Sound" cercavo un suono diverso, che facesse a meno di quel tessuto armonico creato dal piano Rhodes o dall'organo Hammond dei dischi precedenti, il suono di un trio che non fosse quello del power trio hendrixiano e del classico trio jazz. È un suono che trae ispirazione da tutta la musica nera, il jazz, il blues, il funk, il soul, il R&B. Amo il groove, per la mia musica ho bisogno di una sezione ritmica solida e precisa, che abbia un suono grosso e corposo. Il beat è essenzialmente funk, basso e batteria devono sapermi sostenere con un groove ipnotico con poche variazioni, senza annoiare e annoiarsi e, credimi, non è facile! Ho impiegato circa due anni per trovare un bassista adatto e alla fine… non l'ho trovato! Ho registrato con dei "turnisti", due bassisti differenti: Daniele Sorrentino (Stefano Di Battista, Nicky Nicolai), che ha suonato principalmente il contrabbasso, e Gabriele Lazzarotti (Daniele Silvestri, Niccolò Fabi); alla batteria invece c'è Pasquale De Paola (Daniele Sepe, Andrea Tofanelli), colonna portante di tutti i miei dischi.

Un aspetto che emerge è la cura del dettaglio che diventa inevitabilmente essenza stessa dell'impianto sonoro. E' frutto di un'intesa o di una precisa indicazione?
Un po' entrambe le cose! Sono un perfezionista, amo lavorare in un certo modo e mi circondo di persone con le quali ci sia unità d'intenti; in più, essendo anche il produttore, ho il totale controllo di tutte le fasi della produzione e dò indicazioni abbastanza precise sia ai musicisti sia ai tecnici coinvolti nella realizzazione del disco. È probabile che in questo mio percorso di ricerca sonora, in questo togliere per arrivare all'essenza i dettagli diventino poi anche protagonisti del flusso sonoro.

La chitarra risulta garbatamente protagonista, nel senso che si riescono a gustare le diverse sfumature del tocco soprattutto della mano destra con la quale si stabilisce millimetricamente ogni intensità, densità, dinamicità cucendo, come farebbe un sapiente sarto, l'insieme che poi ne diviene. E' un aspetto stilistico di arrivo o di partenza?
Grazie per il complimento! Anche qui direi un po' entrambe le cose perché un musicista lavora tutta la vita per riuscire a esprimersi al meglio con il proprio strumento, per tenere a bada l'ego; è un lavoro costante che non hai mai fine, per cui il traguardo raggiunto oggi non può che essere il mio nuovo punto di partenza!

Qual è il tuo set, oltre la Les Paul che si vede nelle foto?
Sono un endorser Suhr, amo queste chitarre, ma purtroppo la mia nuova Custom costruita su mie specifiche non è arrivata in tempo per le session di registrazione e non ho potuto usarla! La Les Paul che è nella foto di copertina è una Gold Top Historic '56, chitarra con la quale ho registrato l'intero album tranne il brano di chiusura, "Impossible Love", dove ho utilizzato un'Alhambra 8C. Come amplificatore ho usato un Victoria Victoriette 1x12" e, solo per le chitarre di accompagnamento di "The First Day", un Fender Twin Reverb Reissue. Ora sono passato agli amplificatori Mezzabarba; uso un combo Z35 1x12" customizzato su mie specifiche, un ampli meraviglioso! Per quanto riguarda gli effetti, il tremolo su "More Soul" è quello del Victoriette, su "Inner City Blues" ho usato un wah Fulltone Clyde Standard, l'overdrive è il Maxon OD-820, il suono tipo Leslie lo ottengo con un vecchio Chorus Flanger della Tc Electronic, su "Kool Man" e "Old School Lady" c'è una nota pedale suonata al contrario attraverso il looper Tc Electronic Ditto X2. Su tutte le mie chitarre monto le corde Galli, marchio storico di corde italiane prodotte a Napoli.

Soul, Jazz, Blues, una commistione molto ben riuscita. Sono anime in conflitto o in simbiotico equilibrio?
Assolutamente no! Credo che dosando bene questi ingredienti si possa dar vita a un piatto davvero succulento e magari anche originale. Dopotutto, il blues è un ottimo collante, tutta la musica moderna ha origine dal blues!

Hai ancora riferimenti musicali che senti presenti e, nel caso, quali sono quelli di oggi?
Sì, certo! I nomi sono tanti, molti chitarristi, perché amo la chitarra, mi piace ascoltare il suo suono e le infinite sfumature che si possono produrre con questo strumento. Forse quelli che mi hanno influenzato di più sono John Scofield, Mike Stern e Robben Ford, ma direi anche Pat Martino, George Benson, Grant Green, Bill Frisell, Pat Metheny, Scott Henderson, B.B. King e Jeff Beck. Jim Hall resta per me il più grande chitarrista jazz che abbiamo avuto, il "poeta della chitarra", come è stato definito. Altri riferimenti importanti per la mia crescita musicale sono stati senza dubbio anche Miles Davis, Herbie Hancock, Cannonball Adderley, Yellow Jackets, Michael Brecker, Martin Medeski & Wood, Al Green, D'Angelo. Oggi, se dovessi fare due nomi, uno più vicino al jazz e l'altro più vicino al blues, direi senza dubbio Julian Lage e Doyle Bramhall Ii, trovo i loro ultimi lavori, "Modern Lore" e "Shades", straordinari!

I brani, tutti, restano facilmente nella mente, già dal primo ascolto. Una immediatezza ottenuta già in fase compositiva o in sede di arrangiamento?
È una cosa che ricerco quando scrivo: amo le melodie semplici che possano catturare l'orecchio di chi ascolta. Cerco un hook che può essere un riff di basso, una vamp, un groove di batteria, qualcosa che dia forza al brano; poi l'arrangiamento deve assecondare la musica, tutto deve scorrere in maniera fluida e naturale senza alcun riempitivo o artificio tecnico.

Sei da tempo anche un affermato didatta. Cosa cerchi di trasmettere ai tuoi allievi?
La passione, l'amore per la musica, la disciplina, la dedizione; cerco di fornire loro tutti gli elementi essenziali per poterli fare esprimere al meglio delle loro possibilità. Purtroppo oggi i giovani sono distratti dai social network, dagli smartphone, sono meno disposti a lavorare duramente, hanno meno voglia di approfondire e questo non fa bene alla musica. La musica necessita di tempo e dedizione.

Tu hai studiato sia al Conservatorio sia alla scuola americana come il Guitar Institute of Technology (GIT) oltre al diretto approccio con musicisti di grande fama nelle numerose Master Class. Cosa suggerisci a chi voglia oggi strutturarsi un percorso didattico completo?
Più esperienze didattiche si fanno e meglio è! Dunque, se si ha la possibilità di andare a studiare negli Stati Uniti, beh, credo sia ancora oggi la cosa migliore da fare per chi voglia approfondire la musica jazz, su questo non c'è dubbio! Tuttavia oggi è possibile studiare con degli ottimi insegnanti anche qui in Italia sia privatamente sia nei Conservatori italiani, e ci sono delle realtà didattiche private ormai consolidate, come il Saint Louis di Roma o Siena Jazz, riconosciute dal Miur e autorizzate a rilasciare titoli AFAM.

Come vedi lo scenario musicale italiano di oggi?
Lo vedo vivo, in buona salute. Ci sono tanti ottimi musicisti in giro, diversi progetti interessanti, tanti festival, locali, rassegne, ma si rischia poco: i nomi che vedo in giro, bene o male, sono sempre gli stessi, da anni!

E la politica, può fare qualcosa?
Certamente! Dovrebbe favorire la musica dal vivo rendendo conveniente per i gestori dei locali organizzare dei concerti nel proprio club, magari con un'aliquota IVA più bassa; così si promuoverebbe cultura sul territorio nei posti frequentati dai giovani con la concreta possibilità di farli avvicinare alla musica.
Mancano i corsi di jazz e pop-rock nei licei musicali (ad oggi presenti solo nei conservatori), la loro presenza nella scuola secondaria di II grado potrebbe essere un altro modo per attrarre i giovani verso la musica.

Dobbiamo aspettare altri sei anni oppure hai già in mente altri brani da incidere?
Ho già qualcosa, ma è prematuro parlare di un nuovo disco. Sto concentrando tutte le mie energie nella promozione di "A Kind of Sound", sembra essere molto apprezzato dal pubblico e dagli addetti ai lavori e di questo ne sono molto felice, ora voglio solo godermi questo momento!









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Data pubblicazione: 21/12/2018

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