Pat Metheny Trio con Massimo Manzi e Paolino Dalla Porta
21 Luglio 2003: Ravenna Jazz "XXX Edizione" (Ravenna)
di Roberto Rugiolo
Concerto di Pat Metheny con Paolino Dalla Porta e Massimo Manzi...il teatro era strapieno e l'idea di sentire il grande chitarrista con due colossi del jazz italiano mi faceva già apprezzare la musica che di lì a poco sarebbe passata attraverso le nostre anime...Ma sebbene le mie aspettative fossero alte, mai avrei immaginato che una collaborazione estemporanea e basata su non più di una prova avrebbe dato origine alla magia che si
è sviluppata quella sera.
Inoltre, essendo un musicista che suona un po' di tutto, il mio orecchio era forse più pronto di tanti altri ad accogliere tutto ciò che quei grandi musicisti avrebbero deciso di darci...e comunque l'idea di sentire dal vivo, finalmente quel Pat Metheny che per sere interminabili aveva riempito la mia casa delle sue meravigliose note urlanti mi dava una forte sensazione allo stomaco, un misto di aspettative e di emozione. Il fatto che per quell'esibizione fosse accompagnato da
Manzi e da Paolino Dalla Porta mi stupiva favorevolmente; il tutto era inserito in quella rassegna "Artist in residence"
dove ogni sera, per 3 serate consecutive avrebbe suonato con alcuni grandi nomi del jazz italiano.
Io decisi di andare a quella del 21. Trovavo estremamente allettante l'idea di sentire questo grandissimo musicista americano alle prese con una delle nostre migliori ritmiche.
America incontra Europa.(Quanti esempi felici di storia della musica in questo connubio?)
Trovai abbastanza in fretta il mio posto; mi misi a sedere e ad osservare ciò che accadeva in platea, ed essendo nella prima fila di balconcini dal basso, potei osservare tutto abbastanza nitidamente.
Studenti del workshop eccitati che brulicavano senza sosta per il teatro alla ricerca delle loro postazioni, giornalisti, organizzatori, vari curiosi e musicisti che parlottavano del più e del meno in attesa che le luci calassero.
Vidi una bella ragazza alta, mora, fermarsi proprio sotto il mio balconcino che, mentre diceva qualcosa ad un organizzatore, giocherellava nervosamente con il suo ventaglio nero. Lei era vestita elegantemente.
Dopo qualche istante, un ragazzo di 18-19 anni le si avvicinò e le disse: "Sei tu la fidanzata di Paolino Dalla Porta?
Ti ho sentita prima che parlavi al telefono.....Aisha, giusto?" (mi pare che dicesse questo nome).
Lei annuì sorridente e lui riprese, timidamente: "...senti, io...io ho preso un cd
e...sai...potresti presentarmi...cioè...mi piacerebbe l'autografo di Pat...ma magari se
è un casino non importa...ma forse dopo il concerto, nel backstage..."
e continuava a farfugliare teneramente mezze frasi di cui lei probabilmente aveva già intuito il senso ancora prima che cominciasse a parlare.
Lei gli rispose che avrebbe fatto quello che poteva, ma che lei stessa avrebbe aspettato un po' dopo il concerto per andare nel backstage e che se voleva poteva aspettare che loro uscissero dalla entrata palcoscenico. Lui cominciò a farle una raffica di domande: "hai conosciuto Pat? Com'è? Simpatico?" ecc...ecc...ecc...
Mi divertì quella scena, mi riportò indietro di molti anni, quando ogni aggancio ai concerti era buono per conoscere gli artisti della serata e poter respirare un po' della loro adrenalina attraverso le loro parole. Perchè a volte non ci basta la loro musica e si avvia questa ricerca sfrenata di un contatto sfuggente che spesso toglie la magia ad un silenzio che forse, dopo musica così meravigliosa darebbe molto di più?
Le luci calarono e una voce annunciò "Ladies and Gentleman, Mr.Pat Metheny"
La prima parte del concerto fu in guitar solo; utilizzò tante chitarre diverse e fu molto versatile e intenso, da climi indianeggianti a versioni di brani più conosciuti, come un
Summertime energico e molto
groovy, a brani originali esposti con poesia e ricerca di suono. Molta cura del dettaglio ma anche rischio e improvvisazione sul filo del rasoio, avvincente e originale.
Ma, a mio parere, il momento meraviglioso fu quando lui chiamò i due musicisti; il concerto si sviluppò in un set unico, dove la parte da solista durò una quarantina di minuti e poi cominciò la parte in trio.
Lui, presentandoli, disse che li aveva incontrati per la prima volta quel giorno stesso e che era un gran piacere per lui poter collaborare con musicisti di tale bravura.
Suonarono di tutto. Blues, Rhytm'n changes, brani di Metheny, di Dalla Porta.
Fin dal primo brano ci fu un'energia meravigliosa anche se inizialmente mi parve di cogliere un po' di tensione nella ritmica che già al secondo brano, scomparve completamente.
L'interplay fra i musicisti fu un crescendo di originalità e audacia e ciò che venne fuori da quei tre fu di una vitalità prorompente, fino al punto che la tensione della musica divenne palpabile quando Metheny mise il distorsore nel pedale di coda di un brano e il trio decollò verso un'improvvisazione collettiva dove non c'era più l'etichetta di alcuno stile...quel suono era indefinibile ma poche volte nella mia vita ho assistito ad una composizione istantanea così coinvolgente e direi quasi...mistica.
Massimo Manzi e Paolino Dalla Porta erano completamente nella stessa onda, non vi era esitazione ne' prevedibilità.
Riuscivano a creare una ritmica solidissima e avvincente pur facendo emergere un solismo discreto ma energico anche
all'interno del loro supporto al leader. L'equilibrio dei tre era stupefacente.
Metheny quasi saltava finchè suonava...si avvicinò addirittura a Dalla Porta
quasi a voler stringere di più quel cerchio musicale di energia che avvolgeva il teatro. Quel suono era così bello che faceva male al cuore. Avrei voluto non finisse mai e a giudicare dai tre bis richiesti anche il resto del pubblico la pensava così...
Dei ragazzi che avevano partecipato al workshop durante il giorno mi dissero che quell'uomo stava suonando dalle undici del mattino ininterrottamente; era mezzanotte.
L'ultimo bis fu un
All the things you are molto fast che fece
tuttaltro che dissetare definitivamente gli spettatori di quella serata magnifica, ma il trio, con quest'ultima interpretazione molto bop (sembrava suonassero un brano boppisticamente quasi per rilassarsi...) si congedò definitivamente per scomparire dietro il sipario, lasciando in regalo un'atmosfera febbrile e concitata...io ero allibito e sudato.
La ragazza con il ventaglio, che aveva seguito il concerto in piedi con aria rapita e sorridente, scomparve rapidamente fra le scalette che portavano in quelle stanze del teatro dove a noi non era concesso entrare.
Devo ammettere che, come il ragazzino che le aveva chiesto di poter conoscere Pat, anch'io avrei voluto poter stringere la mano di coloro che mi avevano fatto provare delle emozioni così sconvolgenti.
Forse è per questo che non ci basta il silenzio dopo musica cosi totalizzante; la necessità di guardare negli occhi anche per un istante i portatori di tali messaggi meravigliosi prende il sopravvento...d'altro canto,
è la storia dell'uomo, tenere stretto ciò che provoca piacere.
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Data pubblicazione: 06/09/2003
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