Intervista a
Rosa Passos
Perugia - luglio 2004
di
Vittorio Pio
A Umbria Jazz si ascolta spesso il meglio del Brasile. Se è vero che una odierna superstar come Caetano Veloso aveva frequentato l'Italia già dagli anni'80, è stato solo almeno un decennio dopo che la sua fama si è assestata grazie
anche alle ricorrenti esposizioni perugine. Quest'anno il festival ha goduto di una presenza fissa tutti i giorni intorno a mezzanotte, l'ora magica del jazz, con il quintetto di Rosa Passos, minuta e adorabile figura proveniente da Salvador De Bahia che ha presentato al meglio " Amorosa" il suo debutto internazionale dedicato a Joao Gilberto su etichetta Sony Classical, dietro l'amichevole insistenza del violoncellista
Yo-Yo Ma, appassionato di musica brasiliana e fervente sostenitore della cantante.
E così tutte le sere la grande lezione della bossa nova ha trovato nuova linfa nonostante la Passos sia tutt'altro che una debuttante: in Brasile gode di una solida reputazione e molti dei suoi dischi precedenti
("O Meu Coracao" e "Pano Pra Manga" sono da prendere al volo n.d.r.) adesso si possono trovare anche in Italia grazie all'interessamento dell'Egea di Enzo Vizzone.
Cordiale e sorridente ci riceve nell'albergo che la ospita instaurando
immediatamente un clima naturalmente complice.
V.P.:
Nel 1977 usciva "Amoroso" il grande capolavoro di
Joao, quali sono state le motivazioni nel riprenderlo?
R.P.:
E' un tributo nei confronti di un maestro al quale va tutta la mia riconoscenza, perché se non avessi ascoltato le sue canzoni
probabilmente non sarei stata neanche qui a parlare con te. Ero bambina quando ho iniziato a sentirlo e fu un colpo di fulmine. Restavo letteralmente assorta nel suo modo così particolare di armonizzare le melodie. All'epoca studiavo il pianoforte, ma si può dire che dopo quell'ascolto lo lasciai per la chitarra. Volevo fare anche io quello che sentivo da
Joao. Il caso unito alla mia forza di volontà hanno deciso sul mio futuro
di artista e con molta umiltà e ammirazione Joao ha continuato ad ispirarmi,
quindi era logico che prima o poi realizzassi un disco così. Ho scelto tre brani
(Wave,
Bésame Mucho,
Retrato em Branco e
Preto" n.d.r.) più
'S Wonderful
(),
uno splendido tema di Gershwin caro anche a Joao, altre canzoni prese da diversi
momenti della sua carriera e infine un pezzo che ho scritto appositamente per
lui. Il confronto con simili gemme può essere terribile, sono canzoni che hanno
ispirato tanti altri artisti e presentarne l'ennesima versione può anche essere
dannoso, ma era una cosa che sentivo troppo mia: stavo bene in studio, quasi
come quando mi metto a scrivere le mie cose alla chitarra.
V.P.:
Qual è stato il ruolo di Yo-Yo Ma?
R.P.:
Lui e Ron Carter sono un po' i miei padrini musicali in America. E' un musicista di rigore e preparazione difficili da riscontrare altrove. Oltre a una ferrea conoscenza dei materiali classici è perdutamente innamorato del tango e della musica brasiliana. Grazie a un amico comune mi sono appunto trovata a collaborare nel suo "Obrigado Brasil" (sempre su
Sony Classical) che ha avuto anche una rappresentazione dal vivo alla Carnegie Hall di New York.
Quella sera in platea c'era lo stato maggiore dell'etichetta a cui sono piaciuta molto.
Lariane Perri che poi è stata il produttore esecutivo di "Amorosa", ha sondato la mia disponibilità al riguardo ed io ovviamente non mi sono fatta pregare più di tanto. Per Ron vale un po' lo stesso discorso, abbiamo inciso per la
Chesky, i cui proprietari hanno sempre avuto un debole per la bossa nova.
E' stato come se ci conoscessimo da sempre, è una persona meravigliosa, il suo
assolo in "Por causa de
você"
()
è qualcosa di fenomenale.
V.P.:
Hai debuttato professionalmente nel 1979, ma solo nel 2003, grazie ad "Entre Amigos", il tuo nome è iniziato a circolare anche in ambito internazionale, c'è stato un motivo particolare per questo lungo break?
R.P.:
Forse doveva andare così. Come accennato con la musica ho un rapporto che è sempre esistito. Come spesso accade dalle mie parti, mio padre ha trasmesso a me e al resto dei miei fratelli la passione per la samba e la bossa nova. All'inizio degli anni '80 mi ero appena sposata e vivevo nella capitale, a Brasilia. Avevo un gruppo che si chiamava "Archipelagou" e facevamo cose forse troppo serie per quei tempi, i discografici non ne volevano sapere, cercavano di esportare più un immagine da cartolina, pensando ovviamente al profitto e così per non abbattermi troppo ho pensato che sarebbe stato giusto prendermi un po' di tempo per me stessa dedicandomi quasi totalmente alla famiglia anche se continuavo a studiare. Oggi posso dire che è stato un passaggio fondamentale per quello che è successo dopo.
V.P.:
Chi è stato a riscoprirti?
R.P.:
Nel 1993 ho voluto incidere alcune cose di bossa nova, scegliendo tra i pezzi che più mi avevano influenzato. L'ho voluto chiamare "Festa" ed è stato un disco che ha avuto molto successo, al punto che
Ivan Lins ha voluto che firmassi un contratto con la Velàs, poi ho fatto altre cose fino a quando ho capito che era arrivato il momento di tentare anche una chance all'estero.
V.P.:
Dal vivo esegui anche standard jazz, come cambia l'approccio verso quel repertorio? La bellezza rimane la stessa. Come fai ad essere una vera cantante se non conosci quello che hanno fatto Ella, Chet oppure le orchestre di Count Basie e Glenn Miller?
R.P.:
A casa mia questi dischi circolavano sempre. Come brasiliana però non posso non citare con orgoglio la straordinarietà di
Elis Regina, che è stata la più grande di tutte anche se la sua vita è stata sfortunata.
V.P.:
E con Henri Salvador invece com'è andata? è uno dei tuoi ospiti principali in "Amorosa"…
R.P.:
L'ho voluto fortemente per cantare insieme "Que reste-t-il de non amours", un classico di Charles Trenet. Ha 87 anni ma quando gli parli di musica i suoi occhi si illuminano come quelli di un bambino, un esempio magnifico per molti giovani di oggi.
Per chiudere la carrellata degli amici voglio ricordare anche
Paquito D'Rivera e Cyro Baptista. Avevamo contattato anche Diana Krall
che però non era disponibile, mi piace molto il jazz, ha bisogno di una nuova diva per rinnovarsi.
V.P.:
Che giudizio hai dell'attuale scena musicale brasiliana?
R.P.:
Ci sono molti musicisti interessanti, ma sai sembra che l'attenzione verso la nostra tradizione si stia affievolendo, l'ultima generazione sembra interessata ad altre cose, ma per fortuna accanto a giganti come Caetano Veloso e Chico Buarque si stanno imponendo giovani come
Monica Salmaso, Adriana Calcanhotto e Orlando Moraìs.
V.P.:
E Lula invece come si sta comportando?
R.P.:
Bene. Viene dal popolo e ne conosce le esigenze. Le cose da fare sono tante però, il Brasile è una nazione grande quanto un continente e il regime militare ha comportato tali disastri che è difficile orientarsi, però lui si sta adoperando al meglio e ha una squadra di collaboratori che sa come affiancarlo, per
Gil per esempio essere stato scelto come Ministro penso sia il sogno di una vita.
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
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Data pubblicazione: 29/11/2004
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