Non ero mai stato prima ad Umbria
Jazz (Uj).
Spesso ci si fa trattenere dalle voci che circolano qua e là e che dicono che
Uj è ormai una manifestazione prettamente commerciale. C'è del vero in questo: in quei giorni a Perugia tutto è un pretesto per far soldi, seminari e
clinics comprese (a mio parere).
Tuttavia ho assistito a molti concerti di alto livello e mi viene il dubbio che chi mette in giro queste voci faccia un po' come la famosa volpe che non riesce ad arrivare all'uva…
L'Italia è piena, d'estate, di festival di musica jazz o sedicente tale che spesso lasciano l'amaro in bocca: vai lì per ascoltare il jazz e ti accorgi che stai ascoltando tutto tranne che quella musica. A Uj almeno si ascolta jazz.
Il primo concerto cui ho assistito però sembrava dare ragione ai detrattori della manifestazione a dire il vero. Si trattava del progetto
Vento di Barbara Casini
ed
Enrico Rava inciso diversi mesi fa dalla francese Label Bleu .
Quella di UJ 2000 era in pratica l'anteprima live del disco e devo dire che si vedeva. Tutti i musicisti, la Casini compresa, che forse era tra tutti il nome meno noto al pubblico del jazz, erano dei validissimi artisti da cui ci si sarebbero aspettati fuochi d'artificio e invece ciò che si percepiva era fondamentalmente tensione. Soprattutto devo dire da parte della Casini mentre Rava spesso interveniva al microfono per sdrammatizzare migliorando non so quanto le cose.
L'orchestra sinfonica che accompagnava il quintetto, diretta da
Paolo Silvestri, autore peraltro di tutti gli arrangiamenti, sembrava completamente distaccata dal gruppo dei cinque contribuendo ancora di più a trasmettere al pubblico una sensazione di scarso affiatamento.
L'impressione che avevo mentre ascoltavo le pur gradevolissime canzoni in portoghese (tutti brani originali) era di essere ad un party di lusso in una villa di qualche straricco Americano o su una nave da crociera dove c'è il complesso che suona, e anche bene, ma è ovvio che non è quello che monopolizza la tua attenzione.
La seconda parte del concerto ha visto il quintetto di Rava supportato da un organico sinfonico ancora più ampio sempre diretto da Paolo Silvestri e infoltito, nella sezione fiati, da alcuni validissimi musicisti prettamente jazz quali il giovane
Daniele Scannapieco.
E qui, devo dire, le cose hanno iniziato a funzionare meglio. Un musicista su tutti merita a mio parere un particolare
encomio: Stefano Bollani
che ha saputo in tutti i suoi interventi, dall'accompagnamento all'assolo, dare un tocco di puro genio alla musica che si creava sul palco.
Le canzoni di Battisti, cui era dedicato il concerto, sono molto difficili da rendere godibili in chiave jazzistica (e infatti a volte gli sforzi d'arrangiamento ed esecuzione non erano sufficienti a mascherare qualche momento
banale) ma la bellezza pura che Bollani ha tirato fuori dal pianoforte in maniera peraltro così naturale e spontanea ha toccato sia il pubblico esperto che quello, per così dire, meno preparato.
Bravi anche tutti gli altri del quintetto e i musicisti jazz nelle retrovie che hanno dato una scossa alla sezione fiati dell'orchestra che a più riprese, nella parte iniziale, perdeva colpi. Al gruppo si è unito in seconda battuta
Roberto Cecchetto che però non ha offerto una delle sue migliori prestazioni a mio personalissimo parere.
Ultima nota di cronaca la presenza di un
Mogol visibilmente emozionato ed applauditissimo (scena misto
Stranamore-Carramba che sorpresa).
Il giorno dopo è stata la volta del quartetto di
Rosario Giuliani che ormai è una certezza del jazz italiano.
Tutti i brani suonati erano originali e i quattro musicisti li hanno eseguiti con maestria e disinvoltura degne dei più navigati musicisti di jazz nonostante la loro giovane età. Il leader si divertiva a scherzare col pubblico del teatro Morlacchi (che alle 12 di mattina non era proprio numerosissimo) contribuendo così a creare quasi un'atmosfera da club sempre graditissima agli appassionati del genere.
Non c'è che dire, Giuliani è un portento e rispetto solo all'anno scorso, quando ho avuto modo di ascoltarlo più volte, mi sembra anche molto maturato musicalmente: le sue frasi sono più corpose, più ricche di significati, spesso allusive e divertenti. E poi mi pare che stia imparando a frenare, per il bene della sua stessa musica, l'impeto tecnico che era in precedenza forse l'unico piccolo neo che si scorgeva nelle sue esecuzioni.
Un bel concerto senza ombra di dubbio.
La sera dello stesso giorno c'era il quintetto di
Dave Holland. Che lezione di musica ragazzi! E' venuto giù il teatro dagli applausi.
Se qualcuno ha voglia di intendere in maniera immediata (nel senso letterale del termine cioè senza mediazione ossia senza che nessun insegnante o libro glielo spieghi) cosa s'intende per
interplay
basta che si procuri un biglietto per il concerto di questi cinque alieni.
Anche qui i pezzi del repertorio erano tutti originali, tratti dai due dischi incisi dal quintetto. La disinvoltura e il divertimento che si percepivano e sul palco e nella loro musica sono state ancora una volta le componenti più entusiasmanti. In particolare il batterista
Billy Kilson giocava con i ritmi divertendosi come un bambino con i Lego lasciando il pubblico con gli occhi (e le orecchie) fuori dalle orbite e divertendo il leader che a sua volta rispondeva con degli assolo magistrali caratterizzati dall'adorabile ed inconfondibile suono del suo contrabbasso.
Steve Nelson, singolare vibrafonista, è quello che potremmo definire il rifinitore del gruppo, il classico elemento che suona quelle poche note ma sempre al momento giusto. Discreto e veramente molto molto efficace.
Che dire poi dei due fiati. Chris Potter
alternava i tre sassofoni come se nulla fosse
dimostrando una versatilità a dir poco invidiabile e costruendo su ognuno di essi delle frasi magistrali che confluivano in memorabili assolo fiume. Il tutto sempre senza scomporsi, con l'aria da ragazzone americano per bene che ha appena finito di studiare al college.
Robin Eubanks gli stava dietro passandogli la palla e riprendendosela di tanto in tanto per il diletto del pubblico che ha visto più che ripagate le 30 mila circa del
biglietto.
Indimenticabile.
Successivamente ho assistito al concerto del quintetto
Boltro - Di Battista, gruppo che già conoscevo e del quale avevo già ricevuto un'ottima impressione in precedenza.
Il concerto non ha certamente smentito le mie aspettative. Quasi tutti pezzi originali, spaventosa maestria di Di Battista soprattutto al contralto che mi ha deluso solo in un momento.
Prima di eseguire il celebre Stars fell on Alabama
il saxofonista ha eseguito un assolo introduttivo al pezzo senza l'accompagnamento di altri strumenti. Ebbene la cosa mi è sembrata sterile. Il solo non era particolarmente bello né
tanto meno si può dire che Di Battista lo abbia chiuso in maniera magistrale. E' stato un peccato perché il concerto, altrimenti godibilissimo, è stato un po' macchiato da questo episodio. A mio parere s'intende.
Godibili anche le scenette che Di Battista ha imbastito con la collaborazione del pubblico quando alla richiesta del bis da parte di quest'ultimo ha invitato la platea a ripetere alcune frasi bop alla Parker (che lui suonava al sax) rendendole ogni volta più difficili fino all'impossibile.
Ultimo concerto è stato quello del quartetto di Pietro
Tonolo.
Non mi è piaciuto. Inutile star lì a cercare perifrasi.
Certo Tonolo è considerato a ragione tra i migliori se non il migliore saxofonista italiano e questo è un fatto.
Tuttavia il concerto di UJ come altri che ho visto di Tonolo è stato glaciale. Già lo so che mi si dirà che sono io che non capisco e bla bla bla. Sarà, ma io credo che se uno suona un'ora (poco più in realtà) e non concede neanche un bis pur richiesto, già si pone male nei confronti del pubblico.
Per carità, i musicisti che lo accompagnavano erano fior di professionisti a partire dallo stesso
Leveratto e le musiche pure interessanti seppur nulla o quasi avessero a che fare col jazz ma non so se vi è mai capitato di andare a sentire un concerto, di ascoltarlo con
attenzione...poi il concerto finisce quasi senza che ve ne accorgiate e vi ritrovate in strada senza avere idea di come siano trascorse l'ora o le due ore precedenti. Boh, tabula rasa.
Questo a me è parso.
Invito ovviamente chiunque, com'è nello spirito del sito, a dire la propria su questo concerto e anche su tutti gli altri.
Un ultimo consiglio: se andate a UJ non perdetevi le session che si tengono nei club durante la
notte. Al Contrappunto per intenderci e simili…
Quest'anno c'era il gruppo di
Joe Locke che veniva raggiunto di volta in volta dai vari Giuliani, Scannapieco, lo stesso Boltro. Per qualche ora (in media da mezzanotte alle tre-quattro del mattino) vi sembrerà di essere a New York City.
Ultima nota extramusicale: ho comprato i biglietti via Internet dal sito partner di UJ
(www.leonidaniele.it).
Ben fatto, ottima la presenza della piantina, efficiente e veloce. Grandissimo
neo: possibile che il biglietto del Frontone sul posto costa 35.000 e io ho pagato
44.000? Novemila lire su trentacinquemila è più del 25%. E non è finita: i biglietti dei concerti al Pavone e alcuni al Morlacchi costavano sul posto
15.000, altri 17.000. Ebbene sia gli uni che gli altri (15 o 17 insomma) alla fine on line venivano a costare
24.000 lire. Su quelli da 15 la commissione e la prevendita ammontano al 62%. Avete letto
bene.
Dunque, a parte i concerti grossi, se vivete in una città "sfigata" come me che abito a Trento in cui non troverete nessun altro mezzo per prenotare i biglietti in anticipo che non sia il web, a parte i concerti importanti dicevo, andate pure tranquilli e comprateli lì che nel pomeriggio i teatri sono mezzi vuoti.
Vito Mancino
Formazioni
ascoltate
Enrico Rava-Barbara Casini "Vento"
Enrico Rava tromba
Barbara casini voce
Giovanni Tommaso contrabbasso
Stefano Bollani pianoforte
Roberto Gatto batteria
Orchestra filarmonica fondazione Arturo Toscanini
Arr. e dir. Paolo Silvestri
Enrico Rava "Si viaggiare"
Enrico Rava tromba
Giovanni Tommaso contrabbasso
Stefano Bollani pianoforte
Roberto Gatto batteria
Giampaolo Casati tromba
Mike Applebaum t romba
Luca Begonia trombone
Beppe Caruso trombone
Claudio Allifranchini flauto
Achille Succi clarinetto
Daniele Scannapieco clarinetto
Roberto Cecchetto chitarra
Orchestra filarmonica fondazione Arturo Toscanini
Arr. e dir. Paolo Silvestri
Rosari Giuliani Quartetto
Rosario Giuliani sax alto
Pietro Lussu piano
Pietro Ciancaglini contrabbasso
Lorenzo Tucci batteria
Dave Holland Quintet
Dave Holland contrabbasso
Robin Eubanks trombone
Chris Potter sassofoni
Steve Nelson vibrafono
Billy Kilson batteria
Di Battista - Boltro Quintetto
Stefano Di Battista sax alto
Flavio Boltro tromba
Eric Legnini piano
Rosario Bonaccorso contrabbasso
Bendami Henocq batteria
Pietro Tonolo Quartetto
Pietro Tonolo sassofoni
Bebo Ferra chitarra
Luciano Titi fisarmonica
Pietro Leveratto contrabbasso
Joe Locke quartet
Joe Locke vibrafono
David Hazeltine piano
Essiet Essiet contrabbasso
Tony Reedus batteria
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
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Data pubblicazione: 16/08/2000
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