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Charlie Christian: Honeysuckle Rose
di Pietro Nicosia
pietronicosia@alice.it



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Benny Goodman - clarinet, leader
Ziggy Elman, Jimmy Maxwell, Johnny Martel - trumpets
Red Ballard, Vernon Brown, Ted Vesely - trombones
Toots Mondello, Buff Estes - alto saxes
Bus Bassey, Jerry Jerome - tenor saxes
Fletcher Henderson - piano, arranger
Arnold Covey - guitar
Charlie Christian - electric guitar
Artie Bernstein - bass
Nick Fatool - drums

New York, 22nd November 1939

Canzone composta per una rivista di New York nei tardi anni Venti dal pianista Thomas "Fats" Waller in collaborazione con il famoso paroliere Andy Razaf. Ottenne un grandissimo successo e fu interpretata in numerose versioni, tra le quali forse la più bella è proprio quella registrata nel '41 da Waller solista al piano "Honeysuckle Rose, a la Bach-Beethoven-Brahms-Waller" (). Questo grande pianista proveniva dalla scuola newyorkese dello stride-piano di James P. Johnson (stile che fonde l'armonia e la complessità del rag-time pianistico alla Scott Joplin con il ritmo popolare del blues) e aveva compiuto approfonditi studi classici. Fu il più brillante e virtuoso pianista di jazz prima dell'arrivo (sempre sulla scena newyorkese) di Art Tatum nel 1932. La forma è quella consueta: AABA, trentadue battute. Lo schema armonico della sezione B (in gergo jazzistico bridge) è uno dei più usati in assoluto nella forma song, una progressione tipica. Si tratta della più tipica variante "I7-IV-II7-V7" [1] della sezione B delle songs basate sui famosi rhythm changes di "I Got Rhythm" di George Gershwin "III7-VI7-II7-V7". Questo stesso schema, sempre con la funzione di bridge-sezione B, lo incontreremo in un altro pezzo registrato dal Benny Goodman sextet di cui parleremo: "Flying Home". Per rendersi conto di quanto questo schema armonico sia stato usato, specialmente nel periodo anni Trenta e sempre nella funzione di sezione B modulante possiamo citare alcuni classici del repertorio dei musicisti più importanti dell'era dello swing. In primo luogo ricordiamo uno dei tre re dello swing per big band, Count Basie: "Jumpin' At The Woodside", una delle sue hits risalente al 1938, "Rock-A-Bye Basie" del 1939; non si possono non citare altre due invenzioni del grande Duke Ellington, diventate poi degli standard per le future generazioni di jazzisti: "It Don't Mean A Thing If It Ain't Got The Swing" e "Satin Doll"; un'altra famosa canzone dello stesso Fats Waller "Crazy 'Bout My Baby"; anche molti dei brani nel repertorio di Lionel Hampton, una volta diventato leader: come i famosi "Confessin' That I Love You", "On the sunny side of the street" ed il suo "Jivin' The Vibes". E l'elenco potrebbe essere ancora lungo. Sui changes di "Honeysuckle Rose" Count Basie ha costruito "Miss Thing" e, ormai nell'era del bebop, Charlie Parker la sua "Scrapple From The Apple" (sostituendo i changes della sezione B con la successione armonica, tipica del bebop, VIIm7-III7-IIIm7-VI7-VIm7-II7-IIm7-V7) e Lester Young la sua "Movin' With Lester".



La registrazione che andiamo ad analizzare risale al 22 novembre del 1939 ed è eseguita dall'orchestra di quindici elementi di Benny Goodman in un arrangiamento particolarmente ricco nell'intreccio dei fiati ( ), ad opera del pianista ed arrangiatore nero Fletcher Henderson, altra figura fondamentale per la nascita e lo sviluppo del jazz (fu uno dei precursori di questo stile di arrangiamento) fino all'era dello swing. Il contrappunto orchestrale dato ai solisti è costituito dall'intrecciarsi e dal rispondersi della sezione delle ance con quella degli ottoni, in questo Fletcher Henderson è un maestro. Che sia un musicista di colore il principale arrangiatore dell'orchestra di Benny Goodman è un fatto importante, da prendere in considerazione. E' infatti Benny Goodman il primo musicista bianco a rompere le barriere razziali nella musica.[2] Le orchestre erano bianche o nere. L'orchestra di Duke Ellington era nera, come quella di Count Basie e quella di Jimmie Lunceford mentre quella dei fratelli Dorsey, quella di Artie Shaw o quella di Jack Teagarden (con la quale suonò anche uno dei pionieri della chitarra jazz: Allan Reuss) erano bianche. Questo è uno dei grandi meriti di Benny Goodman: aver fatto incontrare definitivamente il jazz nero (che ormai non era più l'unico vero jazz dai tempi di musicisti come Bix Beiderbecke) con il jazz bianco, dimostrando che il jazz è una tradizione musicale americana che le due razze potevano non solo condividere ma portare avanti insieme. La collaborazione stabile tra Goodman, Lionel Hampton, Teddy Wilson, Fletcher Henderson, Charlie Christian, Gene Krupa (l'unico bianco tra gli ultimi ricordati) e, più saltuaria ma ugualmente fruttuosa, con Count Basie o Cootie Williams ha prodotto capolavori, pietre miliari della storia del jazz.

Armonia:
Non si può non citare la versione dello stesso brano di Django Reinhardt nel suo "Quintet of the Hot Club the France" con Stéphane Grappelli al violino del 31 gennaio del 1938 (). Si può stabilire un parallelo di questo tipo tra i due chitarristi: entrambi usano fraseggi cromatici, specialmente sugli accordi di settima; non manca il giusto quantitativo di blues a nessuno dei due e neanche l'utilizzo melodico degli accordi secondo una logica europea. Ma, entrambi in un contesto puramente jazzistico, si esprimono in direzioni diverse: mentre il chitarrista nero, nei suoi slanci ritmici ad ottavi, si dirige verso il bebop e quando fraseggia in modo più lirico si richiama quasi sempre al blues,[3] il chitarrista gitano mantiene le sue radici nella musica popolare europea e l'elemento della cantabilità traspare nella gran parte del suo modo di suonare, anche il più virtuosistico. Ma passiamo all'analisi del solo di Charlie Christian.

La durata di quattro battute per accordo permette a Charlie Christian di allargare il raggio d'azione della melodia con l'utilizzo di note esterne all'accordo dato. Il cromatismo discendente tra le note strutturali dell'accordo viene dilatato. Troviamo note molto dissonanti in battere: una seconda diminuita a battuta 9, a battuta 12 la stessa nota viene ritmicamente ribattuta. Una delle tante regole non scritte che si sono venute a formare nella pratica teoria del jazz è la seguente: in un accordo di settima (s'intende di dominante) si può arrivare ad alterare a piacimento ogni nota (seguendo un'estetica che abbia una sua logica) ma non bisogna toccare la terza e la settima. Ci accorgiamo subito che questa è una norma che racchiude molte verità ma che vale molto più per l'accompagnamento armonico che per l'improvvisazione melodica, la quale per sua natura con il suo movimento tende a creare dei sottintesi armonici che vanno oltre l'armonia scritta (particolarmente nel genere musicale che stiamo trattando). Infatti nella seconda battuta della seconda sezione A Charlie Christian si ritrova in battere con un sol naturale che armonicamente (o meglio secondo una concezione esclusivamente verticale) ha funzione di settima maggiore ma qui si trova in qualità di nota strutturale di Eb7, una terza. L'aspetto più interessante di queste note "che girano intorno" si trova nella loro disposizione ritmica all'interno della frase: sempre in luoghi "importanti" nell'estetica classica-eurocolta (il battere). E' quindi la melodia a spaziare armonicamente nel suo movimento.

Fraseggio Ritmico e Melodico:
Il fraseggio cromatico discendente del passaggio musicale in questione parte dalla seconda per poi cadere (sul terzo quarto della nona battuta, luogo importante nella gerarchia mensurale eurocolta) su una seconda diminuita; poi sulla nota fondamentale dell'accordo. Dopo l'ulteriore discesa sulla settima aumentata sul battere della decima battuta (la nota più dissonante nel luogo più "importante") abbiamo un intervallo di quarta aumentata sol-reb che svolge la funzione di dominante secondaria. La discesa cromatica continua sul solb, dove cade sempre in battere, la settima dell'accordo di dominante. Questo tipo di fraseggio non c'è nelle prime quattro battute della prima sezione A, dove Christian utilizza i suoi pattern melodici sull'armonia di Ab7: accordo semidiminuito di Do. L'uso di due tipologie di fraseggio melodico diverse è evidenziato dalla disposizione del fraseggio ritmico: dalla prima alla quarta battuta due frasi distinte mentre dalla nona alla dodicesima l'andamento è più continuato. Sull'accordo di Db7 mantiene un fraseggio blues con cromatismi ascendenti sulla terza ed uso della settima minore. Nella sezione B il fraseggio ritmico diventa discorsivo, è da sottolineare la scorrevolezza delle due proposizioni costruite la prima su Db e la seconda su G7, dove spicca l'uso della sesta.


[1] Jerry Cocker riporta un utilissimo schema delle più frequenti sezioni A e uno delle più frequenti B in Jerry Cocker, Improvising jazz, 1964, Englewood Cliffs, N.J. 1964, pp. 86-87. Nell'appendice al suo trattato riporta una serie di schemi armonici ricorrenti (tunes) negli standard jazz (pp. 83-115).

[2] Sull'argomento cfr. Frank Tirro, Jazz, a History, W.W. Norton & Company Inc., New York 1993, pp. 236-246. Arrigo Polillo, Jazz, Mondadori, Milano 1975, pp. 466-474.

[3] E' questo il fraseggio della tensione e della distensione, call and response, gestito dal solista nella sua relativa solitudine (con l'aiuto del contrappunto dell' orchestra) di cui ho parlato nell'introduzione, citando J.E.Berendt.









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Data pubblicazione: 13/08/2006

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