Armando Brignolo
Una vita con il sax
Fabiano Editore
Gianni Basso, scomparso il 17 agosto
2009, è quello che si può considerare il capostipite
di una generazione di jazzisti italiani che si sono imposti "sfidando" e
"sfidandosi" continuamente, nascondendo eventuali timori reverenziali. Ed
e' così che si arriva ad avere incontri al limite dell'immaginabile con artisti
come Billie Holiday,
Lionel
Hampton,
Chet Baker,
Gerry Mulligan,
Lee Konitz, Miles Davis,
Stan Getz, Count Basie solo per citarne alcuni. Ma Gianni
Basso non ha alle spalle una storia "bastarda", non ha condotto una vita
sregolata e non ha ambìto a cronache di alcun genere. Ha semplicemente trascorso
una vita con al centro due cardini: le proprie origini e la musica jazz. E' su questi
due fronti che si snoda la storia raccontata da Armando Brignolo nel libro
"Una vita con il sax", una storia "di umanità" che in fondo si rivela
una storia come tante, di quell'Italia del periodo della guerra in cui le priorità
erano la sopravvivenza dignitosa. Ed è sorprendente constatare come nella mente
di chi coltiva sogni artistici, proliferi una visione prospettica felice, sognante,
dove la felicità è un clarino stretto al petto di un bambino mentre si è costretti
a lasciare la propria terra per cercar fortuna altrove. Una vita dove la "magia"
di una passione intensa e profonda verso la musica diventa "miracolo" se
la malattia sparisce al passaggio della banda. Erano tempi, quelli, in cui l'"iniziazione"
era nelle mani attente di chi dirigeva la banda del paese assumendo ruoli
importanti, finanche determinati, al pari di un mentore. Come detto, quindi, una
storia analoga a tante altre ma che funge da preludio allo sboccio di un artista
che si rivelerà unico e di rilievo.
Il libro di Brignolo ripercorre in modo cronologico tutte le fasi più
rilevanti dell'evoluzione artistica di Basso fornendo i dettagli che permettono
di scoprire, di capitolo in capitolo, delle qualità sempre in continua crescita.
Non c'è declino ma continuo rinnovamento. Di anno in anno Basso si ritrova proiettato
in uno scenario nel quale prendono vita i progetti più importanti della sua carriera
come il famoso immarcescibile duo con
Oscar Valdambrini,
il connubio con Donadio, le collaborazioni con Kramer, Trovajoli,
Boneschi,
Dino Piana,
l'incontro con Gillespie, che inizia con ammirazione dell'uno verso l'altro
per poi trasformarsi in amicizia, l'esplorazione di nuovi percorsi come l'interdisciplinarietà
dell'incontro tra la musica jazz e la danza, in un tempio come La Scala, le "tentazioni
pericolose" di Carosone evitate per amore del jazz e tanto ancora. Gianni
Basso era riuscito a realizzare il suo sogno: vivere di musica jazz. Il libro
contiene molti ricordi, aneddoti, belle fotografie, suggestive e pregne di intensità
di una vita artistica vissuta appieno. Peccato che a volte manchino le didascalie
che avrebbero da un lato reso più completa l'informazione dall'altro offerto un
po' di visibilità anche ad altri musicisti italiani dell'epoca, spesso rimasti misconosciuti
ai più. Vi sono anche molti estratti di critica che delineano l'entusiasmante e
innovativa ventata di musica che pervadeva l'Italia in quel periodo.
Il libro si chiude con una rilassata intervista nella quale il "senatore"
si racconta, parla di musica, della sua visione della musica e di un altro sogno
poi non realizzatosi, quello di gemellare la sua città Asti con le grandi capitali
del jazz per favorire scambi di alto livello. Ma questo gemellaggio - de facto -
è avvenuto lo stesso, lungo tutto il cammino che Gianni "Anatolio" Basso
ha fornito.
Un libro quindi da possedere per il piacere di sfogliarlo e vederlo in libreria.
Seppur il lavoro contenga alcuni passaggi di storia del jazz con varie inesattezze,
rimane il fascino di leggere e (ri)vivere tempi che anche la nostra Italia ha vissuto,
al cospetto di un'epoca attuale dove si vedono e si sentono troppo spesso vere e
proprie paccottiglie. Infine, il libro, che oggi assume il valore di un apprezzabile
tributo, è inoltre rilegato in modo importante e stampato su carta patinata.
Marco Losavio per Jazzitalia
12/12/2018 | Addio a Carlo Loffredo, tra i padri del Jazz in Italia: "Ho suonato con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui." |
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04/05/2008 | 1 marzo 1984: ricordo di Chet Baker al Naima Club di Forlì: "La sua voce sottile, delicata, sofferta, a volte infantile, mi è rimasta dentro il cuore per molto tempo, così come mi si sono rimaste impresse nella memoria le rughe del suo viso, profonde ed antiche, come se solcate da fiumi impetuosi di dolore, ma che nello stesso tempo mi sembravano rifugi, anse, porti, dove la sua anima poteva trovare pace e tranquillità. La pace del genio, la pace del mito, al riparo delle tragedie che incombevano sulla sua vita." (Michele Minisci) |
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Henghel Gualdi lasciava un grande vuoto oggi ancora più forte. Jazzitalia
lo ricorda attraverso le testimonianze di: Nando Giardina della Doctor Dixie Jazz Band,
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Gianni Basso, Franco Cerri, Teo Ciavarella, Felice Del Gaudio,
Gianni Giudici, Annibale Modoni, Marcello Rosa, Jimmy Villotti... |
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Data pubblicazione: 18/04/2010
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