Jazz italiano: il mito di Umberto Cesàri
Leonardo Cesàri
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I documenti sonori qui pubblicati rappresentano una casuale panoramica del quadro
musicale prodotto da mio padre.
Casuale perchè in lui non c'era una volontà di fare un archivio sonoro e quindi è stato difficile
reperirli, trovarli, stanarli, e se c'era questa volontà era molto confusa.
Aveva, apparentemente un'alta considerazione di sè, ma si ostinava a non volere diffondere il suo "verbo", e se
ciò avveniva, doveva essere in maniera casuale: una bella contraddizione non vi sembra!!!
Papà non ha voluto mai mercificare la sua arte in quanto, credo
io, la considerava un dono "divino", e quindi non scambiabile con moneta terrestre.
In un mondo come questo è difficile immaginare un tale atteggiamento
perchè siamo abituati sempre ad uno scambio di "merci"…so fare bene una cosa e se la faccio tu mi paghi!
Ecco, questo atteggiamento era molto lontano da mio padre e la sua complessa
personalità, formatasi su di un' infanzia bucolica infranta poi dalla guerra e da tutto
ciò che essa ha comportato, non gli permetteva di rivedere questo suo comportamento.
E' un vero peccato, ciò avrebbe permesso a lui di essere felice ed a noi,
perchè no, anche.
A me piace ricordarlo come l'ultimo dei romantici.
Leo Cesàri
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Brani
eseguiti da solo al piano:
How High The Moon (Real
Audio, MP3 3.8MB)
Lover Man (Real Audio, MP3
4.8MB)
Improvvisazioni #1 (Real
Audio, MP3 9MB)
Improvvisazioni #2 (Real
Audio, MP3 9.4MB)
Tenderly (Real Audio)
Begin
The Beguine (Cesàri, Pes, Loffredo) (Real
Audio, MP3 2MB)
My Funny
Valentine (Real
Audio, MP3 4.2MB)
Registrazione live ad un concerto tenutosi in RAI il 28
marzo 1968. La
presentazione è di Adriano Mazzoletti e con Umberto Cesàri suona
un giovane Giovanni Tommaso al contrabbasso e lo svizzero Daniel
Humair alla batteria.
Presentazione (Real Audio,
MP3 800KB)
Just One Of Those Things (Real
Audio, MP3 7.8MB)
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ARTICOLI
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COMMENTI | Inserito il 28/6/2001 alle 17.10.55 da "fmartinelli" Commento: Ho sempre sentito parlare dai musicisti italiani di Umebrto Cesàri e finalmente è disponibile una documentazione scritta e acustica che permette di rendergli almeno in parte giustizia. Un lavoro eccellente e preziosissimo. Non esistono altre immagini del pianista per illustrare il sito? Grazie ancora F. Martinelli | | Inserito il 30/6/2001 alle 18.52.00 da "fncgnc" Commento: I brani e gli articoli su Umberto Cesari rappresentano il miglior viatico , anche in occasione del 1°compleanno di Jazzitalia, per continuare in futuro a offrire pagine di meditata riflessione su personaggi emblematici del jazz che ,come Umberto, ne incarnano lo spirito piu' autentico e la stessa essenza , pur non venendo dalla solita (si fa per dire) America. Mi ha colpito la parte della recensione al CD Italian graffiti laddove si dice che il mitico Cesàri non conosceva una nota eppure la sua genialita' musicale lo portava ad es. ad accostare gli accordi non in base a legami tonali (sconosciuti) ma come macchie di colori , alla maniera di un pittore. Sentire, tra l'altro, i piano-solo di Lover Man o Tenderly mi ha riportato curiosamente alla mente anche lo stesso tipo di approccio geniale (accordi volutamente "diversi", scale tipo gragnuola di note con qualcuna sghemba) usato da T.Monk. Grazie ancora a Leo Cesari , ad Adriano Mazzoletti e al sito che ci ospita. Francesco Genco | | Inserito il 15/8/2001 alle 19.47.00 da "aikigpm" Commento: Caro Leonardo, grazie di cuore per questo appassionato ricordo della magistrale arte di tuo padre. Sono un profondo estimatore della sua musica, che ho conosciuto casualmente grazie alla rivista Musica Jazz una ventina di anni fa. Se potessi trovare registrazioni di tuo padre o avere altre informazioni sulla sua vita sarei molto felice. Mi piacerebbe molto contattarti. Con stima e affetto Giampaolo aikigpm@inwind.it | | Inserito il 4/9/2001 alle 13.55.10 da "gian_mutto" Commento: Complimenti per il sito su Cesàri, veramente molto bello e emozionante. Ho un forte ricordo di quella trasmissione radiofonica nel lontano 1968 e risentire l'annuncio di Mazzoletti è stato un po' ritornare a quegli anni e a quel poco jazz che si poteva sentire anna radio, ma di grande qualità. Richiesta: è possibile trovare materiale discografico di Cesàri, che all'ascolto ho trovato strepitoso? Giannantonio Mutto | | Inserito il 12/9/2001 alle 0.30.38 da "sergio" Commento: Ciao Leo, non dimenticherò mai quei pomeriggi passati insieme a tuo padre. Grazie di cuore. Sergio | | Inserito il 17/9/2001 alle 12.40.33 da "valprigi" Commento: Un musicista straordinario e originale. Grazie per aver messo in rete queste splendide incisioni. Valerio Prigiotti | | Inserito il 27/12/2001 alle 15.47.23 da "robyferrari" Commento: Grazie. Ho cominciato ad interessarmi al jazz negli anni 70. Avevo sentito appena parlare di Cesari. Ora posso apprezzarne la musica.
Roberto Ferrari
| | Inserito il 25/1/2002 alle 2:46:26 AM da "musicologo" Commento: Avevo sentito parlare di Umberto Cesari da un amico di mio padre che lo ha conosciuto personalmente, finalmente ho potuto ascoltare questo misconosciuto jazzista italiano, GRANDE!!! | | Inserito il 15/11/2003 alle 14.50.35 da "robertpodio
robertopodio" Commento: Ho avuto l'onore ed il piacere di suonare con Umberto all'inizio della mia carriera ed oggi , "navigando ", ho avuto il piacere di scoprire e di ascoltare questa "chicca" Just one one of the things che mi ha portato indietro di tanti anni! Riascoltare Umberto , specie in quella serata dove ero presente , è stato commovente oltre che magnifico ! Grazie a te Leonardo e credo anche ad Adriano Mazzoletti che ha fatto e fa tantissimo per il Jazz Italiano!
Un abbraccio affettuoso, Roberto Podio | | Inserito il 18/3/2004 alle 14.36.54 da "buitrone" Commento: Da jazzista dilettante, ho avuto il privilegio di suonare con Umberto Cesari una sera nella sua casa di Roma nel 1988. Ascoltarlo suonare è stata l'esperienza musicale più incredibile della mia vita. Suonò un pezzo semplice come tea for two in dieci modi diversi consecutivamente. Le sue armonie erano incredibili. Era davvero un genio, che poteva suonare imitando qualcuno pur rimanendo unico, che componeva improvvisando come nessuno. Fantastico. Grazie a voi per i bellissimi contributi. Giorgio. | | Inserito il 22/3/2004 alle 19.34.26 da "sergiobiseo" Commento: anch'io ho avuto piacere di suonare con Umberto all'inizio della mia vita di jazzista a Roma e con lui e Roberto Podio registrammo alcuni pezzi di cui mi ricordo Pino Solitario perché lo tirai fuori io (un po' per gioco) ma per Umberto era una sfida! Me lo ricordo sempre molto serio, al piano nella sala di registrazione (RCA ?) e per noi era un po' un Art Tatum italiano! Complimenti tanti !! Bravi | | Inserito il 11/6/2004 alle 20.00.34 da "cmacere" Commento: Ciao, Leonardo, tu non mi conosci ma io ero allievo di Umberto, nei primi anni '60 assieme a mio fratello Aldo. Ho ritrovato recentemente la registrazione che facemmo a casa di Umberto di una jam con il trombettista Bill Coleman. Era presente anche il comune amico Andrea Postiglione Ho digitalizzato il nastro e ricavato un CD assolutamente inedito che ti vorrei cedere volentieri, e contribuire alla memoria del nostro Amico e Maestro. Come faccio a raggiungerti? Ciao. Carlo Cerilli | | Inserito il 11/6/2004 alle 20.17.27 da "cmacere" Commento: Ovviamente correggo il Giudizio precedente. Carlo Cerilli | | Inserito il 1/10/2005 alle 23.08.03 da "f.derossire" Commento: Sono stato allievo di Umberto Cesari dal 1974 al 1978. Andavo a lezione in Via Slataper 9 a Roma ogni giovedi (14-20) e ogni domenica(14-20). Cesari era un mito per mio padre ( pianista di jazz e avvocato) e mi mandò a lezione da lui. Fummo presentati a Umberto attraverso il cognato Franco Raffaelli (ottimo sassofonista e cancelliere al Tribunale di Roma). Siamo nel 2005 e oggi vivo facendo il compositore e credo che l'enorme eredità che Umberto Cesari mi ha lasciato non possa essere soltanto di carattere jazzistico o pianistico.. sarebbe assai riduttivo. Penso che il regalo più bello sia stato quello di farmi diventare onnivoro musicalmente.. aperto con le orecchie a 360 gradi e libero da tabu e barriere di ogni genere. Con Umberto improvvisavamo insieme su un'aria di Puccini, su un normale standard o su una canzonetta ( ricordo un' improvvisazione scherzosa anche cantata eseguita da me e da lui sui due pianoforti del suo studio intorno alla canzone Arrivederci di Umberto Bindi). Sentendolo suonare nelle cassette private che registrai a casa sua vengono alla mente Debussy, Art Tatum, Chopin, Oscar Peterson e perfino Schoenberg.. insomma un universo attraversato da mille galassie che si riassumeva poi in uno stile estremamente personale.. verrebbe da dire profondamente e autenticamente post-moderno.. carico di memorie musicali trasfigurate. Oggi mi rendo conto ( con molta più consapevolezza di ieri) di aver frequentato un grandissimo artista.. Fabrizio De Rossi Re f.derossire@libero.it 1 ottobre 2005 | | Inserito il 15/1/2006 alle 9.18.11 da "s.pasticci" Commento: CARI AMICI, VI SEGNALO UN ARTICOLO CHE CITA UMBERTO CESARI E IL CRISTAL TRIO. Cordiali saluti, S. http://musicaclassica.biblio-net.com/artman/publish/print270.shtml
Da Biblio-net.com Musica Classica INTERVISTA A FABRIZIO DE ROSSI RE : LO STATO DELL'ARTE?La musica scritta per la Radio, ovvero l’immaginario radiofonico?Di Luca Conti?11 Lug 2004, 16:38? http://musicaclassica.biblio-net.com/artman/publish/print270.shtml
Vorrei far precedere il discorso sul suo rapporto con la radio come compositore, da qualche domanda sul suo rapporto con la radio come mezzo di comunicazione. Per esempio, mi piacerebbe sapere se negli anni di studio al Conservatorio l'ascolto radiofonico ha contribuito a indirizzare i suoi interessi, che so essere stati molto ampi, fin dall'inizio. Mi riferisco al jazz e all'improvvisazione in genere, al rapporto con la letteratura, ecc.. Quando sono entrato in conservatorio avevo già in un certo senso una formazione musicale, un bagaglio familiare infinito ed informe di suggestioni sonore.. tra queste la radio era certamente una delle più significative. Ricordo di aver ascoltato in diretta alla radio, in tarda serata, interminabili improvvisazioni collettive sperimental-jazzistiche ( e qualche volta, oggi parrebbe impensabile, anche in televisione). Da bambino pensai a lungo che Boulez fosse un folle pianista improvvisatore (forse nero) epigono di Cecil Taylor, e che Debussy fosse stato influenzato dal pianismo impressionista di Bill Evans. Ignoravo totalmente il susseguirsi cronologico della storia e grazie alla radio erano per me tutti musicisti viventi. Solo Bach, Vivaldi, Beethoven e qualche altro (mi aveva spiegato mia madre), appartenevano a periodi storici lontani che io classificavo genericamente, frequentando la scuola elementare, come “settecento”. La radio era per me un grande stimolo non solo musicale ma anche letterario.. ricordo certi “racconti della mezzanotte” enfatizzando la memoria e forse reinventando a mio modo quei racconti, come qualcosa di semplicemente meraviglioso. Nel 1971 a undici anni (conservo ancora il nastro) realizzai in casa una serie di raccontini radiofonici con la mia voce incerta nel ritmo e nel timbro, tratti dalle Notti difficili di Dino Buzzati. La colonna sonora era realizzata dai dischi che ascoltavo (Chopin, Count Basie, Frescobaldi etc..) oppure da commenti sonori improvvisati, sul pianoforte o sulla chitarra contemporaneamente alla lettura (non potevo fare sovraincisioni con un piccolo registratore portatile). Queste privatissime performance assumevano talvolta aspetti comici esilaranti ( parole che non si capiscono…..chitarre che cascano in terra……. clamorosi errori di lettura ecc.) ?Le radio a vocazione culturale in Italia hanano cessato di avere una qualunque vocazione sperimentale per abbracciare un astratto mainstream statistico. Vorrei tornare agli anni in cui la radio presentava un aspetto pionieristico: mi riferisco alle radio libere, un'esperienza che forse ha vissuto. Per la nostra generazione, la radio ha significato spazi di libertà che oggi forse solo il web può dare. Ricordo una radio libera - illegale e praticamente autocostruita – nel lavatoio di un palazzo. Oppure, Radio Popolare e Radio Città Futura. In quegli anni ha intravisto come musicista qualche possibilità in queste realtà che, citando Finardi, "liberavano la mente"? O il riferimento per un compositore di formazione - non si offenda - colta, era inevitabilmente la Rai e basta? Non nascondo che la Rai, radiofonicamente intesa, ha sempre rappresentato per me un punto di riferimento. A proposito di lavatoi, il pianista di jazz Umberto Cesàri (mio maestro), mi raccontava che nell’immediato dopoguerra il Crystal Trio ( formato dallo stesso Cesàri con Carlo Loffredo al contrabbasso e Memmo Letteri alla chitarra) aveva a disposizione attraverso la complicità di una radio americana che trasmetteva dall’Italia un lavatoio in Via Asiago 10 (ovvero all’ultimo piano degli studi radiofonici della RAI di Roma) un luogo (gelido in inverno e bollente l’estate) dove il jazz romano, e non solo, si è incontrato in quel periodo quotidianamente per realizzare, o per tentare di realizzare, i progetti musicali più vari. Potremmo ovviamente ricordare, qualche anno dopo, il mitico Centro di Fonologia della RAI di Milano che nacque intorno a Berio e Maderna, soltanto per immaginare le infinite potenzialità che la Radio può avere avuto per la creatività, non solo musicale, di intere generazioni. Ho la sensazione che la radio di oggi manchi talvolta di coraggio….. risente troppo di un evidente appiattimento culturale generale, di logiche fallimentari come l’audience, mentre dovrebbe essere un luogo gioioso dove provare ad inventare. Salvo rare eccezioni mi pare che tutto, persino le cose più belle che la radio propone, sia permeato da un’ufficialità accademica che risulta in certi casi soporifera. Qualcuno potrebbe investire sulla creatività, creando una sorta di laboratorio permanente all’interno della RAI dove si possano realizzare dei progetti. Sono convinto che la cosa non costerebbe molto. Non mi intendo assolutamente di questioni economico-organizzative della cultura, ma basterebbe intanto avere delle idee. Sulle radio libere, pur frequentandone alcune, non ricordo (almeno a Roma) delle radio fortemente impegnate sul piano della ricerca musicale. Credo che in queste radio l’impegno politico, in quegli anni caldi, fosse in primissimo piano e di riflesso si respirava un’aria carica di tensione, ma anche di estrema libertà creativa. Io ho fatto il liceo artistico in quegli anni e ricordo benissimo di aver visto e partecipato a performances improvvisate, caotiche e stimolanti, in occasione di manifestazioni, assemblee, occupazioni ecc. Temo che sia una mentalità in estinzione e ne fa purtroppo le spese la fantasia collettiva. . Prima di parlare delle opere che ha realizzato specificamente per la radio, le vorrei fare una domanda terra terra. Vede una differenza tra musica realizzata per nastro magnetico e musica per la radio? Mi pare una domanda invece assai importante. L’approccio del compositore che scrive la musica per un progetto radiofonico è molto diverso da quello normale che stabilisce delle funzioni strettamente musicali rispetto alla forma. Chi scrive musica per la radio e non vuole fare una semplice musica di commento o una pura sonorizzazione di un testo (come nei vecchi racconti della mezzanotte che dicevo) deve tener conto di una cosa importante: esiste un testo, ed è il testo che inevitabilmente guida la musica (come avviene per il teatro musicale), quindi il compositore è fortemente legato allo svolgimento drammaturgico del racconto radiofonico. Nel rapporto tra il suono e la parola non è l’aspetto fonetico della parola che diventa suono, ma sono i contenuti semantici della parola che diventano suono: una prospettiva molto diversa. Più che usare la parola come veicolo di suoni, io uso la parola come veicolo di significati. Questo non vuol dire che la musica commenti il testo, ma lo trasfigura traendo dalle immagini una serie di sollecitazioni, che danno vita ad un percorso sonoro parallelo al testo, illuminandolo ed oscurandolo a seconda dei casi. La fusione di questi due idiomi dà vita ad un oggetto che non è la somma delle parti ma una moltiplicazione di evocazioni, trasfigurazioni ecc. Per la musica da mandare nell'etere non c'è forse anche la proiezione verso un pubblico ideale che potrebbe essere nel tinello con il transistor, o comunque non avvolto da quell'aura che sembra aleggiare anche nelle sale da concerto in cui qualcuno avvia il tasto play e la musica comincia? C'è, per quel che riguarda la radio, penso a Radio3 RAI, nonostante la carenza di segnale in certe zone, l'idea di una proiezione tentacolare, verso un pubblico molto eterogeneo, almeno a livello ideale? ?Penso certamente che si debba tener conto anche dell’ascoltatore in viaggio su una macchina in autostrada perché la radio è anche questa. Direi anzi che il fascino della radio è proprio questo. Spero fortemente che la mia musica si possa ascoltare anche cucinando o facendo la doccia.. Sinceramente non credo che la mia musica alla radio possa essere fortemente penalizzata da un ascolto non sacrale. Ci sono invece musiche di compositori che puoi ascoltare soltanto nel massimo silenzio circostante e il battito di ali di un rondone fuori dalla finestra può rovinare in un solo momento il sacro ascolto. Ma questo non mi riguarda, scrivo un’altra musica. Tra l’altro, quasi tutti i miei lavori nati per la radio sono poi stati realizzati anche in teatro o in forma di concerto (con Albinati, con Magrelli, con Sermonti, con Pressburger..etc) e sarei pronto a realizzarli anche per il cinema o per la televisione, cercando se possibile di mantenerne la magia radiofonica. Ma non ho mai pensato che una musica debba necessariamente “ascoltarsi bene”. Di solito, si ostina molto sulla “qualità d’ascolto” chi ha poco da dire: non è una regola, ma spesso è così.. Ha definito Terranera – un suo lavoro del 1994 su testo di Valerio Magrelli messo in scena con la regia di Giorgio Pressburger, - come un radiofilm. Cosa si nasconde dietro questo termine? F: Il termine “radiofilm” venne suggerito da Roberta Carlotto, dirigente di Radio 3 RAI che inventò, nel 1994, questo straordinario progetto. Pensò di accoppiare, ai fini della realizzazione di un’opera musicale scritta appositamente per la radio, 16 scrittori con 16 compositori della stessa generazione. Credo comunque che il termine “radiofilm” fu coniato da un regista negli anni ’20. Il termine potrebbe alludere, secondo me, proprio all’idea che la musica crei in parallelo al testo una sorta di scenografia virtuale e che quindi diventi una sorta di film immaginario, un radiofilm appunto. Io scelsi Terranera di Valerio Magrelli che ha come sottotitolo “un viaggetto nel protolazio”. Si tratta di un doppio viaggio. Da un lato un viaggio nei luoghi, luoghi reali profondamente trasfigurati dalla musica: Femmina morta, Settevene, Malnome, Malpasso, Pantano dell’intossicata, Valle Oscura, Fosso Sanguinara: Uno scenario che la musica rende apertamente grottesco. Da un altro lato un viaggio nel tempo, perché il viaggio inizia fellinianamente con il Lazio di oggi (“esco da Roma stritolata e claustrofobica, budella, andouille e trippa, gorghi di strade…..”) e passa attraverso gli antichi guerrieri del protolazio in un’atmosfera pagana da riti mitraici. In questo clima ho inserito due apparizioni : la voce di Apicio, autore del più antico ricettario di cucina (De Re Coquinaria del 25 a.C) evocato in un immaginario grottesco banchetto di Trimalcione, e la voce di Lucrezio autore del De Rerum Natura che ci ricorda in latino dall’oltretomba attraverso il flauto che “Lo spirito più dell’anima, tiene chiuse le barriere della vita, è il custode sovrano della vita” . Infine la memoria personale: il ricordo dei nonni appaiati e letargici nel cimitero di Ceri. E ho inserito la voce di mia nonna Maria, morta nel 1989, che racconta una favola che non ricordava più. Un'altra sua esperienza relativa alla radio è stata Orti di guerra (1995) su testi di Edoardo Albinati. Come ha risolto l'idea delle puntate quotidiane, la diversità nella continuità? In effetti, lavorando su una trentina di piccoli racconti di 5 minuti ho operato in maniera completamente diversa. I piccoli radiofilm commissionati dalla Rai nel 1995 non avevano nessun motivo conduttore portante, né letterariamente né musicalmente. Gli Orti di Guerra erano infatti molto diversi tra loro e giocavano proprio giorno dopo giorno (5 minuti al giorno su Radio 3) sulla sorpresa timbrica e sulla sorpresa dell’argomento trattato. Ricordo soltanto alcuni titoli: Promenade al museo di belle arti, Canzone dell’immigrato, Stukas Lancaster, In occasione della visita di Vittorio Emanuele, Un samurai, Un giorno il dio Eshdu. Tra l’altro, Gli Orti di Guerra sono diventati di frequente una performance che abbiamo realizzato spesso in duo (ma anche in trio, in quartetto ecc.), ogni volta in maniera diversa. Ricordo che nella lavorazione mettemmo in campo ogni sorta di strumenti, appunto per generare continuamente evocazioni timbriche sempre nuove e differenti. La radio essendo pura immaginazione non ti lascia tregua, devi continuamente inventare soluzioni sonore diverse per tenere vivo l’ascolto, per coinvolgere chi ascolta e per suggerire a sorpresa atmosfere e mondi diversi. Io la radio la vedo così…… Biografia di Fabrizio de Rossi Re (Roma 1960) E’ autore di una vasta produzione compositiva caratterizzata dalla continua ricerca di un percorso sonoro impronosticabile ( resistente ad un “ubi consistam” evidente e scontato) che accoglie e coniuga varie esperienze stilisticamente multiformi sempre in bilico tra una diretta e aperta comunicazione e l’eredità linguistica della sperimentazione. Tra le sue composizioni si ricordano le opere di teatro musicale “Biancaneve ovvero il perfido candore” su libretto proprio (Roma, 1993) e “Cesare Lombroso o il corpo come principio morale” su libretto di Adriano Vianello (Roma, 2001) “Musica senza Cuore”azione musicale grottesca liberamente tratta dal Libro Cuore, su testo di Francesca Angeli, con Paola Cortellesi (Roma, 2003) ; le opere per la radio: “Terranera”, radiofilm su testo di Valerio Magrelli prodotto dalla RAI RadioTre per la regia di Giorgio Pressburger (1994); “Orti di guerra” striscia quotidiana di musica e poesia su testi di Edoardo Albinati, prodotta dalla RAI RadioTre (1995); “Tre per una” (per non dire l’Ernani) su testo di Vittorio Sermonti in occasione dell’anno verdiano (2001); le musiche scritte per la danza: “L'ombra dentro la pietra”gruppo Entr'acte - produzione di Roma Europa Festival 1996 e del Teatro Hebbel di Berlino 1997). “An Imaginary portrait” per orchestra di strumenti antichi (commissione dell’Accademia Nazionale di S.Cecilia 2000-2001). Insegna Elementi di Composizione per Didattica della Musica presso il Conservatorio G.B.Pergolesi di Fermo. E’ docente di “Didattica dell’improvvisazione e della composizione” presso la Scuola di Specializzazione SSIS Università del Lazio (Indirizzo Musica e Spettacolo). http://www.cematitalia.it/servizi/profilierepertori/compositori/d/derossire/derossire.htm
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| | Inserito il 12/7/2007 alle 18.21.52 da "LORISNET" Commento: SCUSATE...DA TEMPO CERCO QUESTA CANZONE,QUALCUNO SA DIRMI CHI HA SCRITTO ,,,PINO SOLITARIO ASCOLTA,,,????? GRAZIE A CHI M AIUTA...... | |
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Data pubblicazione: 28/06/2001
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