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JAZZ ITALIANO: Lino Patruno
di Giovanni Masciolini
http://www.masciolinigiovanni.com


Lino Patruno, altro musicista jazz italiano che si è sempre adoperato per la divulgazione di un jazz più tradizionale.

ALTRE INFORMAZIONI

Discografia
Festival, Teatro, Radio, Cinema, Televisione
Biografia
La musica di Lino Patruno
Nasce a Crotone, in Calabria, nel 1935. Ha girato l'Italia poichè il padre lavorava in una società Montecatini e spesso lo inviavano in missione ad ispezionare le fabbriche

"per questo motivo, all'età di quattro anni abitavo ad Avigliana, a cinque anni a Tarquinia, a 10 a Roma, a 13 a Milano…"

Lino Patruno è uno dei pochi musicisti italiani tra quelli della sua generazione ad avere un sito internet, www.linopatruno.it, molto aggiornato e pieno di informazioni utili. Questo è un ulteriore segnale della attenzione posta nella divulgazione della sua musica. Dalla sua biografia si evince una carriera eccezionale e se si osserva la lista dei festival, si possono trovare Bix Festival di Davenport (Iowa) e di Libertyville (Illinois), quello di Berna, di Breda in Olanda, il Festival di Musica Popolare di Varadero (Cuba), però, tra i nomi italiani, non si scorge Umbria Jazz.

"Ad Umbria Jazz non mi hanno mai invitato…Una volta, qualche anno fa, durante un concerto in una cittadina dell'Umbria, incontrai Pagnotta; cenammo assieme dopo di che mi chiese di inviargli un progetto. Io gli scrissi proponendogli una "All Stars" italiana con musicisti come Mussolini, Loffredo, Pistocchi, Sanjust, Marcello Rosa…ma lui neanche mi rispose; probabilmente chiesi una cifra che lui non si aspettava dal momento che la maggior parte dei musicisti italiani vi partecipa per le sole spese e che il danaro deve servire a strapagare i musicisti americani che hanno trovato l'America qui in Italia."

Lino Patruno non ha mai accettato alcuna associazione con la politica, "un artista deve essere libero...", e negli anni settanta si era messo un po' contro tutti.

"Sì, mi ero messo contro tutti in quel periodo. Ricordo che una volta, sulla Repubblica mi pare, Nico Valerio scrisse: «Se si potesse fare una 'carta politica' del jazz italiano metteremmo Patruno, Mussolini e Loffredo all'estrema destra, Gianni Basso, Oscar Valdambrini e Gil Cuppini al centro e Gaslini, Liguori e Schiano all'estrema sinistra!».
Attraverso "Musica Jazz", con sarcasmo, gli risposi che ero di sinistra e che per nessuna cosa al mondo avrei mai cercato di suonare del noiosissimo jazz moderno solo per far piacere alla sua delirante 'carta politica'. Era quello il periodo del jazz politico di cui fortunatamente non se ne ha quasi più il ricordo.
Comunque, a parte il jazz, in quegli anni c'era un impegno notevole. Pensa che i film che incassavano di più erano quelli di Elio Petri e di Francesco Rosi, al contrario di oggi i cui campioni d'incasso sono i film con i Fichi d'India o con Massimo Ceccherini. Ma sai, questo è il frutto di 20 anni di malatelevisione o meglio di stupidaggini televisive; e a proposito di questo vorrei soffermarmi sulla trasmissione '125 milioni di cazzate…' di Celentano. Quel programma è costato 23 miliardi pagati dai contribuenti. Pensa a quante cose meravigliose si sarebbero potute fare con quella cifra! D'altra parte cosa ci si aspetta da un'azienda dove regna il grigiore e l'idiozia? E tutto in nome dell'audience; l'audience va creata, non subita, altrimenti si rischia di avere una popolazione di 50 e rotti milioni di idioti (e non ne siamo lontani…). La stessa cosa vale per la Fininvest, Telemontecarlo e le altre infinite innumerevoli inutili TV italiane."

Passando alla sua carriera, l'elenco delle collaborazioni è molto lungo e non riguarda solo la musica.

"Io ho suonato e inciso con Albert Nicholas (con Oliver e Armstrong negli anni '20), con Joe Venuti, Bud Freeman e Spiegle Willcox (che aveva suonato con Bix e Trumbauer negli anni '20), e poi con Bill Coleman, Teddy Wilson, Wild Bill Davison, Ralph Sutton, Bucky Pizzarelli, Dick Wellstood, Barney Bigard, Pee Wee Erwin, George Masso, Wingy Manone, Jimmy McPartland, Bob Haggart, Yank Lawson, Peanuts Hucko, Billy Butterfield, Dick Cary, Eddie Miller…Con Bob Wilber e Kenny Davern inoltre ho realizzato le musiche del film 'Bix' di Pupi Avati di cui ho scritto anche la sceneggiatura assieme a lui e al fratello Antonio.
Ho fatto anche una piccola parte nel film '
Amarcord' di Fellini; ma ho partecipato anche ad altri film, più che altro per amicizia, con  registi come Lizzani, Aliprandi, Corbucci, Tessari…è un'altra mia grande passione"

Le origini del jazz, in Italia, si possono ritrovare tutte in Patruno che sottolinea come spesso i giovani di oggi ignorano tutto ciò che c'è stato prima del bebop.

"La maggior parte dei musicisti di jazz moderno sono ignoranti e credono che il jazz sia nato con Parker e Gillespie. Non sanno che il jazz esisteva già da trent'anni. Quanti sanno che il primo disco di jazz fu inciso nel 1917 da Nick La Rocca e la Original Dixieland Jazz Band? E inoltre chi conosce Eddie Lang, il cui vero nome era Salvatore Massaro, che negli anni '20 creò le progressioni armoniche sulla chitarra fino ad allora usata in maniera primitiva e insufficiente?
La maggior parte dei giovani musicisti frequentano le scuole di jazz che ti insegnano solo la tecnica sullo strumento e non la storia. Io conosco soltanto Maurizio Franco che a Milano, nella scuola di Cerri e Intra "Musica Oggi", insegna la storia del jazz.
Comunque il jazz non si può insegnare, jazzisti si nasce e  poi ci si affina con lo studio; ma se non hai il talento non lo puoi imparare a scuola. Lì ti insegnano trecentomila note sullo strumento, i soliti noiosissimi standard oramai uguali per tutti e non ti insegnano ad ascoltare i dischi del passato che sono alla base del jazz. Sarebbe come dire che studi letteratura ma parti da Leopardi e Pascoli ignorando Dante e Petrarca.
E poi suonano tutti alla stessa maniera, sono tutti uguali! Non distingui l'uno dal altro! Puoi ascoltare centinaia di dischi del passato e riconosci quasi sempre chi suona.
Per gli americani non è molto diverso. Alcuni anni fa presi parte a un festival del jazz a Pompei organizzato da Adriano Mazzoletti. Io avrei ricordato Eddie Condon mentre il gruppo di Freddie Hubbard si era prefisso lo scopo di ricordare Louis Armstrong. Quell'omaggio a Satchmo fu un disastro. Credo che la peggiore jazz band del mondo suonasse meglio. Ricordo che nel gruppo c'era anche il contrabbassista Red Callender di storica memoria e ci rimasi male nel vederlo in quella occasione."

Lino Patruno ha scritto un libro in cui c'è anche una foto con dedica di Frank Sinatra ed con altri personaggi. Nell'ultima parte descrive le cose della musica, del cinema  e del teatro per cui vale la pena vivere, e quelle che potrebbero anche non essere mai esistite. Parla di dischi incisi da Bix, da Armstrong, di film di Billy Wilder e di lavori teatrali di Brecht e De Simone, fra le cose belle; mentre quelle che non ama sono...

"Beh, il rock'n roll, il Rap, la TV e in particolare quella di Maurizio Costanzo, di Rispoli, e degli innumerevoli quiz per deficienti, Celentano, Ramazzotti e affini, le discoteche e i piano-bar, Umbria Jazz (che mi onoro di non avervi mai preso parte) e tante altre cose banali che imperversano incontrastate nel nostro paese.…"

Anche sui critici di oggi, le opinioni non sono entusiaste e riconosce una differenza sostanziale rispetto alla qualità dei critici degli anni '60.

"Purtroppo oggi abbiamo pochi critici di valore; in passato era diverso. Negli anni '60 molti giornalisti venivano dal Jazz come Mazzoletti, Polillo, Candini, Ionio, Tapparo, Testoni, Maffei, Peroni, Franchini, Fayenz, Capasso, Biamonte, Barrazzetta e quindi sui giornali qualcosa di jazz si poteva leggere, e anche alla televisione qualcosa succedeva. Negli anni '70 invece, pian piano cominciarono ad avvicendarsi nelle testate giornalisti di  derivazione rock ed iniziò quindi lentamente il degrado a cui oggi la gente è abituata. Inoltre impera l'esterofilia. Se uno è americano è bravo. Invece, al contrario, a volte ho sentito americani pessimi qui in Italia e spesso italiani che all'estero hanno avuto straordinari successi.
Pensa che due miei CD pubblicati negli Stati Uniti sono stati recensiti  su "
Missisippi Rag" e su "American Rag" con cinque stelle, e a  Varadero (Cuba), dove suonava anche Michel Legrand, il mio gruppo è stato applaudito da seimila persone ed è stato ripreso da moltissime TV dell'America Latina."

L'originalità, i jazzisti italiani hanno avuto originalità? Su un forum, un rinomato critico, disse "Per diventare fonte d'ispirazione, però, bisognerebbe almeno essere originali, cosa che la quasi totalità dei jazzisti italiani, purtroppo, e per svariati motivi non è stata…". 

"Il jazz lo hanno inventato i neri, gli ebrei e gli italiani in America. Bisogna comunque capire che cosa si debba intendere per originalità. Se ci si riferisce allo stile, forse è vero, ma anche gli americani oggi suonano tutti alla stessa maniera e senza originalità. Di originale oggi ci sono soltanto i noiosissimi brani che il musicista scrive per poter realizzare un CD (e deve quindi dare le edizioni al discografico). Non capisco perché qualcuno dovrebbe comperare quei dischi che non contengono neanche un brano conosciuto. I gruppi inoltre oggi sono tutti uguali; sax e ritmi e ogni tanto una tromba; esposizione del tema, lunghissimi noiosi assoli e finale tutti assieme. Che palle! Sarebbe questa l'originalità?"

In effetti l'originalità può essere in tanti aspetti. Ricordo, ad esempio, in Piazza San Marco a Venezia, nel 1954, 1955, da una parte al clarinetto, al Caffè Florian, mio padre, dall'altra, al Caffè Dei Quadri, Gualdi. Facevano la gara per suonare meglio, e la gente impazziva: si spostava da una parte all'altra della piazza applaudendo e fischiando freneticamente… Poi la sera mio padre suonava presso l'Hotel Excelsior, Gualdi all'Hotel Des Bains e anche lì la gente ballava, applaudiva, partecipava. Anche questo era il Jazz, oggi purtroppo non si suona più in questi posti.

"Certo, questa è originalità:  creare un modo di suonare sugli stili già esistenti, perché non è che uno possa creare uno stile ogni volta che si metta a suonare! Una volta, nel 1700 tutti suonavano lo stesso tipo di musica e assolutamente nessuno stava lì a diventare matto per creare qualche cosa di diverso da tutti gli altri, nel jazz ogni settimana bisognerebbe cambiare stile e invece succede che dal 1970 ad oggi tutti suonano sempre alla stessa maniera, vale a dire in modo banale e noioso.
Ma poi non solo, anche il repertorio usato è poverissimo. Suonano blues a più non posso e "Anatole", come lo chiamano loro (questa è un'invenzione all'italiana; in America non sanno nemmeno cosa vuol dire "Anatole"). Ma la grande musica quella di
Porter, di Warren, di Carmichael,di Kern, di Gershwin, non la conoscono o per lo meno conoscono soltanto lo stretto necessario.
Non hanno la cultura del grande repertorio americano che è quello che ancora oggi viene suonato a New York dove ci sono musicisti (quasi tutti amici miei), che continuano a riscoprire e a suonare bene le grandi melodie del passato. Certo non si esprimono con i suoni dell'hard bop, al contrario suonano mainstream con infiniti riferimenti alla storia; ti parlo di Ed Polcer, di Warren e Allan Vachè, di Bob Havens, di Jim Galloway, di Ruby Braff, di Randy Sandke, di Bucky e John Pizzarelli, di Marty Grosz (figlio di George), di George Masso, di Howard Alden, di Dan Barrett, di Ken Peplowsky, di Benny Green, di Scott Hamilton, di Bill e John Allred

Ma anche in Italia abbiamo Guido Pistocchi e Fabrizio Cattaneo alla tromba, Marcello Rosa, Lucio Capobianco, Luciano Invernizzi e Alberto Collatina al trombone, Gianni Sanjust, Bruno Longhi, Claudio Perelli, Nicola Giammarinaro, Alfredo Ferrario, Bepi D'Amato e Luca Velotti al clarinetto, Paolo Tomelleri e Marcello Noia  al sax tenore, Carlo Bagnoli e Red Pellini al baritono, Rossano Sportiello, Giorgio Cuscito, Romano Mussolini, Ettore Zeppegno e Nando de Luca al pianoforte, Giorgio Rosciglione, Guido Giacomini e Carlo Loffredo al contrabbasso, Walter Ganda e Stefano Bagnoli alla batteria, Enzo Randisi al vibrafono, Mauro Carpi al violino, Laura Fedele, Elena Paoletti, Daniela Velli alla voce…"

Ma chi sono i riferimenti di ieri e di oggi? Coltrane è e rimane forse il principe dei riferimenti, un po' tutti i musicisti finiscono con l'essere influenzati da lui, non solo come musicista. Una volta Guido Pistocchi, mi ha parlato di John Coltrane dicendo che è stato grande finché ha suonato con Miles Davis, poi in un periodo successivo ha suonato in un modo diverso dal precedente che lo ha un po' deluso e che probabilmente non ha potuto, causa la morte, continuare un discorso che avrebbe portato ad un'altra genialità. 

"Io ho conosciuto molto bene Coltrane negli anni '60 a Milano in occasione dei suoi concerti al Teatro dell'Arte. Ci siamo frequentati per alcuni giorni e mi resi conto del suo grande spessore umano oltre che musicale. Lui era un grande. Forse però è anche un male riferirsi sempre a lui o a suoi diretti discepoli come Wayne Shorter poichè si finisce col suonare tutti alla stessa maniera. Invece oggi non ci sono più riferimenti per i giovani! La televisione vomita banalità 24 ore su 24 e nei locali non si sente della musica ma si sente solo della merda! Non mi viene un'altra parola per dire quello che si ascolta in giro! A parte le discoteche, nei bar, nei ristoranti, nei ritrovi, c'è sempre una radio accesa che ti martella con slogan farneticanti e ritmi ossessivi ottenuti col computer. Questo soprattutto nel nostro paese. All'estero à già differente. Allora che cosa puoi fare? Te ne stai a casa e senti i tuoi dischi."

Purtroppo il mondo attuale ha cancellato la memoria. Molti musicisti del passato come Trovajoli, Cesàri, mio padre sono pressoché dimenticati, non li conosce più nessuno! Cancellata una generazione, cancellata completamente! Questo è un delitto!

"Mi raccontava un  amico giornalista di un quotidiano importante, che il direttore gli cestinava qualsiasi articolo che riguardasse il jazz. Il fatto si commenta da sé. E i festival attuali, pur di restare a galla, da tempo si sono allargati ai Caraibi, alla musica cubana, al rap, al jazz-rock, alla fusion come è successo a Montreaux (oramai dimenticata) e come sta succedendo a Umbria Jazz e ad altri festival italiani.
Le cose che detesto di più inoltre sono i progetti dedicati in jazz ai cantanti italiani!
E allora penso con nostalgia quando in Italia potevi ascoltare Oscar Peterson, Gerry Mulligan, Chet Baker, Stan Getz…"

L'editoria, in Italia, aiuta?

"Purtroppo devono fare i conti con l'attualità altrimenti le riviste non si vendono, quindi le uniche cose di mio gradimento sono i saggi sui personaggi del passato e i CD con matrici originali d'epoca. Comunque stimo molto Lombardi, Maletto, Piras, Roncaglia e Gianoglio che amano la nostra musica. Io sono abbonato a "Mississippi Rag" e a "American Rag" che sono del mio settore che mi soddisfano ampiamente.
D'altra parte come potremmo pretendere di tornare agli anni '50?! Sarebbe meraviglioso; quindi come dicevo prima ci si ritira nel privato e si ascolta e si suona musica d'altri tempi.
Il secolo scorso è stato meraviglioso per i primi 50 anni (a parte le guerre); nei secondi 50 anni hanno distrutto tutto quello che era stato creato nella prima metà.
E siamo arrivati al duemila e siamo ancora in giro a suonare la musica d'altri tempi. E la cosa straordinaria è che i nostri concerti hanno sempre un successo strepitoso. I giovani che non hanno mai ascoltato questa musica, si elettrizzano e si meravigliano che questa musica non la si ascolti da nessuna parte.
Anche in America si sono rotti le palle di ascoltare musica inutile e allora corrono ai ripari. Purtroppo bisogna fare i conti con le Major per cui non vedremo mai cambiamenti radicali.
E a proposito della loro difesa nei confronti del sempre crescente successo del  jazz classico, vorrei citare un articolo apparso su "
Jazz Journal International" di Aprile in cui Steve Voce, partendo da una patetica e lugubre considerazione di Matt Pierson della Warner sui musicisti bianchi di straight jazz, si esibisce in una serie di stupide e idiote considerazioni non risparmiando neanche Wynton Marsalis. Ebbene questi due "signori" (si fa per dire) finiranno per annegare nella merda che ascoltano e promuovono.
Io ogni anno prendo  parte al
Festival del Jazz di Ascona in Svizzera. Sai quanta gente attira in dieci giorni? Centomila persone che si riversano nella cittadina del Lago Maggiore ascoltando jazz classico dalle undici del mattino alle tre di notte in dieci, dodici postazioni differenti. Io da sette anni organizzo il Festival del Jazz di San Marino, ma quest'anno un certo Claudio Podeschi, nuovo segretario di stato per il turismo, di una corrente politica differente dal segretario precedente, me lo ha tolto per far dispetto al suo predecessore. La scusa è stato il costo. Il mio festival, che durava una settimana, costava quanto una star americana ad Umbria Jazz. Poi ho scoperto che questo signore l'anno scorso ha speso miliardi per una mostra di icone russe che non ha visto nessuno."

E riecco la politica...

"Purtroppo! E anche a San Marino non è diversa dall'Italia! Comunque anche lì si sta andando alle elezioni e speriamo che il partito di Podeschi prenda una solenne bastonata e che l'anno prossimo io possa ancora organizzare il Festival come è stato fino allo scorso anno."

Speriamo bene, in fondo, la cosa più importante è continuare ad amare questa musica, a suonarla ed ascoltarla con passione e rispetto per chi ha deciso di farne una ragione di vita, come Lino Patruno.

"Ciao a tutti con Swing!"







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Data pubblicazione: 05/06/2001

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