Riccardo
Laudenzi nasce ad Assisi nel 1927,
dove compie gli studi in questa città sino all'età lavorativa. Poi si trasferì
in altre città: Torino, Roma, Perugia ed Ancona ove, cessato il lavoro, ora
risiede.
La caduta del fascismo lo trovò, giovanissimo, in carcere (formazione
giustizia e libertà), sotto tribunale speciale.
Appassionato di musica jazz e solista di trombone, fece parte dal 1944
al 1953
di varie formazioni
amatoriali con i vari: Trovajoli, Cesari,
Caffaro, Bruno Martino, Loffredo, Angela, Grappelli
etc….
Partecipò anche a festival internazionali.
Cessò tale attività in
coincidenza dell'attività professionale intrapresa, in ente pubblico, e lontano
dal mondo musicale.
E
ra soprannonimato "Bicicio", soprannome tipicamente
assisano di cui non ricorda l'origine ma, sostiene, non avere alcun valore
artistico.
Il suo inizio con il jazz, in Assisi, ha origini che lui stesso definisce
"carbonare". Qualcuno più anziano di loro era stato molto tempo a
Roma e aveva perciò portato qualche vecchia incisione di jazz, tipo Armstrong,
Chocolate Dandy ed altra
roba. Laudenzi e i suoi amici afferrarono subito che si trattava di un genere di
musica "rivoluzionario, enorme; che nasceva come musica popolare pura. E
nacque la passione; passione, però, attenti, che in quel periodo il Jazz doveva
vedersela con il fascismo.". E infatti, in nome del jazz, non gli fu
risparmiato neanche il carcere. "Ci furono all'inizio organizzazioni
clandestine scolastiche come la nostra, ("giustizia e libertà"). E ci
furono, come naturale, dei litigi con i fascisti. Loro compresero che c'era
qualcosa di nascosto e fecero venire, tramite l'OVRA, un agente dall'altitalia,
un certo Canonica,
intelligente, appassionato di musica, che portava dischi di jazz; per
avvicinarci e poi…riferire! A quei tempi il jazz era musica proibita, capito?"
"
Questo Canonica ci portò dei dischi, fra l'altro, del Benny
Goodman quartet, con Gene
Krupa, Lionel Hampton,
Teddy Wilson una delle migliori formazioni jazz mai esistite. E papà tuo (ndr.
Aldo Masciolini
) era eccezionalmente bravo come clarinettista; era già
solista nella banda d'Assisi dove suonava con una piccola seggiolina quando
doveva intervenire, quale solista, nelle sinfonie, o quant'altro.
Lui per esempio
"buttava giù" tutti i dischi di Benny Goodman, che poi ripeteva perfettamente.
Poi il caso voleva che, ad Assisi, ci fossero altre persone; una ero io
che…suonavo "a orecchio", senza conoscere la musica.
". Avrà anche suonato ad orecchio ma recentemente Mazzoletti
ha detto di lui che era geniale al trombone. "Quindi, questo tipo,
ci accalappiò. La nostra organizzazione fu arrestata e finì sotto tribunale
speciale, portati in carcere eccetera, eccetera. Uscimmo dopo il 25 luglio 1943.
Questa era la passione "carbonara", tanto è vero che ad Assisi,
quando l'ottava armata venne in liberazione trovò un quartetto che,
eccezionalmente, poteva considerarsi una delle migliori formazioni dell'Europa
di allora, perché c'era tuo padre che con Goodman ricordava a quei soldati un
mondo di fantasia giovanile che avevano dovuto abbandonare per liberarci dal
male.".
Ricordo che anche Gualdi suonava bene Goodman ma mio padre, a
detta di Laudenzi, riproduceva i brani di Goodman fornendo loro quella
interpretazione jazzistica derivante proprio dall'aver analizzato un po' tutti i
soli, riuscendo quindi in un'improvvisazione molto vicina a quella che aveva
reso tipica la musica di Goodman.
Con Laudenzi, a quei tempi, c'era un pianista eccezionale, Ciammarughi,
padre di un ottimo pianista dei tempi attuali Ramberto
Ciammarughi,
che allora però
studiava classico a Pesaro, e poteva disporre di poco tempo. Poi c'era Sergio
Battistelli che studiava a Roma e che, come dottore chimico
industriale, chiamavamo il Borodin
del Jazz. E c'era anche Umberto Cesari che
conobbero a Roma.
A Roma, dopo la liberazione, sostanzialmente agivano due formazioni.
C'era la 013,
diretta da Piero Piccioni pianista e arrangiatore. L'altra,
composta dagli assisani attorno ad
Umberto
Cesari che "è stato di gran lunga il più grosso
jazzista apparso in Italia…Un individuo di tipo rinascimentale, poliedrico nei
suoi interessi culturali e scientifici.".
"A livelli pianistici è difficile trovarne uno uguale, suonava alla Art
Tatum e, pur non avendo studiato pianoforte, aveva un
"panismo", una potenza, che ricordava Michelangeli,
Rubinstein, etc."
"Era eccezionale, soprattutto, ripeto, anche come personalità. Era un
uomo d'altri tempi. Forse, anche per questo, credo, abbia sofferto molto nella
vita. Comunque un uomo, per la vita, assolutamente impratico.".
Con Cesari non sono stati solo a
Roma, hanno girato in Italia in molte città.
"Ogni tanto ci si imponeva, un po' per sopravvivenza economica, tramite
qualche amico, di fare dei periodi di gestione musicale estiva. Ci pagavano, ma
sai, essendo jazzisti puri e un po' anche barricadieri come comportamento,
finivamo col diventare anche poco professionali. Siamo stati però a Fano,
Trieste, Udine, Palermo…".
Era
un tipo davvero particolare Cesari,
spendeva tutti i soldi e amava anche pilotare aerei.
"Cesari
era un tipo originale. Lui amava molto le macchine da corsa, ed era anche pilota
d'aerei. Due episodi, a Palermo a Villagea con Pignatelli,
e Stephane
Grappelli, spariva, prendeva un aereo e andava in giro, in orari di
lavoro e noi eravamo terrorizzati! Mentre a Fano, mi ricordo, che in pochi
giorni si era consumato già tutto l'avere della stagione. Aveva preso una
macchina a noleggio ed altro. Allora dico: "senti", allora si
viveva molto romanticamente, "facciamo una cosa, con quello che
guadagno io ci viviamo in due". Prendemmo una vecchia barca la
(Giuditta), e...vivemmo lì dentro. Mi ricordo, facemmo conoscenza con i vari
pescatori, con i quali facemmo poi amicizia, loro ci portavano il pesce, e noi
ce lo cuocevano, e la sera uscivamo fuori in smoking per andare a suonare a Fano
in un locale, un bel locale. Ti parlo di 50/60 anni fa.".
"Comunque Cesari
non era assolutamente disciplinabile. Infatti, quei pochi concerti che ha fatto
anche alla radio, siamo riusciti, io con Mazzoletti, a portarcelo non so con
quante moine o trucchi."
Nel 49/50 suonarono
ad Udine, al Mocambo, locale che poi stato demolito. "C'era Notari
che curava l'aspetto pratico, commerciale, molto bravo", era un grosso
violinista, "anche lui appassionato morbosamente del
jazz, Miro Graziani alla
batteria, io e Cesari.
Mi ricordo che la sera, dopo aver fatto questo servizio di doverosità, di
musica, facevamo spessissimo delle piccole jam session. C'era un certo Dolinar,
appassionato. Credo fosse il proprietario della Birra Moretti. Sono passati
tanti anni. Venivano ad ascoltarci da Trieste; c'era un pianista di cui non mi
ricordo il nome, tutti appassionati. Tanto è vero che dopo ritornammo a suonare
anche a Trieste. Ma allora non venne Cesari. Venne un amico mio Piero
Angela che era un eccellente pianista, bravo, molto bravo. Poi
c'era Galigani, era un
clarinettista bravo di Perugia. E' morto anche lui. Era un locale in una via al
centro. Anche lì facevamo appunto dei ritmi impossibili, jazz, tanto che il
proprietario (Stern) ci
stimava poco, perché non in grado di fare "le mone" da locale.".
Naturalmente di quel periodo
non c'è alcuna registrazione anche perchè a quei tempi non c'era la foga di
registrare un po' tutto come oggi, ed è sicuramente un peccato e una mancanza
dal punto di vista storico. Allora, inoltre, "
si viveva un altro tipo di società, una società molto
romantica, molto moralizzata. Non come adesso: con una società nelle mani dei
mass media e per una massificazione da consumo. Allora c'erano delle originalità
diffuse, e il jazz era una delle componenti d'avanguardia. Erano in pochi che
seguivano il jazz, anche nelle grandi città, non credere. Poi indubbiamente con
le difficoltà della ricostruzione eccetera, si accennò anche da noi ad un
aspetto direi così di trasformazione professionistica del jazz. Ma l'Italia non
l'accettò. Solo alla RAI ci furono dei concerti e ad Armando
Trovajoli, un pianista eccezionale, fu data libertà per esecuzioni di
"atmosfera jazz" nei programmi relativi alla sua orchestra.
Veniva spesso ad Assisi, faceva parte del clan nostro. Del resto aveva
trasferito la casa in Assisi. Poi lui si spostò nel mondo concertistico
classico. Beh, lui in un certo qual senso ha convissuto, direi così, con questo
fenomeno di nascita di amore del jazz, prima di trasferirsi nelle produzioni
teatrali e cinematografiche dove ha raggiunto vertici encomiabili.".
Roma, dopo la liberazione, era comunque un grande centro in cui si
sviluppava il fenomeno jazzistico dell'epoca e lì dovevano trasferirsi tutti
coloro che volevano fare del jazz una professione. Ed ecco che compaiono altri
personaggi, nella vita di Laudenzi, come Loffredo, Mazzoletti stesso, originario
di Perugia. "Dopo la liberazione, in quegli anni favolosi, si passava da
una radio all'altra, Sudafricana, Americana, eccetera. Eravamo sempre quelli. Io
anzi ero in una condizione un poco particolare, poiché di trombonisti ce
n'erano pochi che improvvisassero jazz, e allora essendo di Assisi, mi
trasferivo spesso, ma non è che vivessi a Roma. Erano i tempi di Carlo
Loffredo, personaggio meraviglioso, Chichiriboa,
Papasso, i fratelli Letteri
etc."
"
Loffredo ha il titolo di merito: perché ha tenuto il jazz in piedi
soprattutto in difficili circostanze. Con coraggio. Oltre a lui c'è stato Mazzoletti,
un appassionato di Perugia che veniva con noi non appena possibile, pieno di
intelligenza giudizi critici e consigli.
Partiva per andare a seguire tutti i festival, si informava e studiava
l'evolversi della nostra arte. Era meraviglioso, tanto è vero che penso sia
stata l'espressione critica più informata, più corretta d'Italia. Dopo entrò
alla radio ed è diventato un serio professionista che sostanzialmente ha
accompagnato tutto il divenire della nostra arte."
Oltre Roma, anche altre città offrivano la possibilità di suonare, anche se
occasionalmente, come Torino, in cui Laudenzi ha conosciuto musicisti come Piero
Angela, l'attuale affermatissimo giornalista scientifico. "Andai a Torino per lavoro…nel
'47, andai in Banca e una sera ci trovammo
con un carissimo amico, non so se è ancora vivo, glielo auguro, l'ing. Spigo."
- è ancora vivo, sì, ogni tanto lo sento - "Era un
antesignano batterista di Roma, molto bravo. Ci ritrovammo e facemmo un trio.
Suonammo Body And Soul e
altre cose che erano un po' d'avanguardia in quel periodo. E facemmo delle
esperienze interessantissime. Poi conobbi amici carissimi e gente che appunto
amava il jazz tipo Piero Angela,
Marsico, gente che faceva
musica "per amore" anche perché probabilmente non aveva l'esigenza
economica di fare della musica per reddito. Famoso Germonio,
un fisarmonicista poliedrico. Indescrivibili le gite di "predicazione
jazz", assieme a quel fenomeno di Mariannini,
nella provincia torinese: Chieri,
poi Rino etc."
A proposito di jam session, ne esiste una particolare e memorabile al
tempo stesso, di cui possiedo la registrazione. E' del
'62
ed è stata registrata a Santa
Maria degli Angeli. Come tutte le jam session che si rispettino, fu una reunion
del tutto casuale in cui furono coinvolti da alcuni amici. "Ma ti dico di più, che essa fu effettuata con strumenti musicali presi
dalla banda di Santa Maria degli Angeli (Assisi). Ritornavamo da Roma ove
eravamo stati ad effettuare una trasmissione che faceva Mazzoletti…allora…non
lo so era, credo, proprio il '62. Io avevo già smesso da 10 anni e lavoravo
fuori Assisi. Ci ritrovammo a Roma con Miro,
Masciolini,
Battistelli
eccetera per una trasmissione alla radio. Poi, ritornando ad Assisi, la sera,
andammo a cena, dove ci vennero a prendere. C'era un amico nostro che, a quei
tempi già faceva delle registrazioni su nastro, Guerra
Italo, il quale dovrebbe risiedere, sempre che sia vivo anche lui, e
glielo auguro, in Bolivia. Registrò senza che noi lo sapessimo. Mi fu data una
copia, a suo tempo, ma l'ho perduta nei vari scasamenti. Era una
registrazione un po' avvinazzata. Ci vennero a
prendere malgrado il: "non c'abbiamo manco gli strumenti" il
mio l'avevo lasciato a casa Umberto
Cesari, a Roma, in attesa che il figliolo, Leonardo,
lo rompesse tutto"
La registrazione che possiedo io mi è stata inviata da Sergio
Battistelli
che, purtroppo, è recentemente scomparso.
"Sergio, sì poverino è morto. Era molto bravo. E anche a Roma è stato uno dei
primi solisti jazz. Allora lui suonava la fisarmonica per trasferirsi poi al
vibrafono. Era molto, molto bravo. Aveva studiato pianoforte ad Assisi con Garagnani
un maestro che era allievo di Martucci,
eccelso musicista di Bologna, grosso musicista..eh, Martucci sì, forse
uno dei più grandi che abbiamo avuto in questo secolo. Ha subito la sorte dei
vari Respighi, Casella,
che credimi, non sono secondi a nessuno.".
Circa il jazz dagli anni
'70
in poi, Laudenzi ha una
visione molto legata al fenomeno commerciale da cui deriverebbero anche le
contaminazioni elettroniche. La spiegazione, con un pizzico di ironia, che
Laudenzi ci offre, è comunque legata ad un principio di per se nobile, e cioè
il tentativo di ampliare la platea di ascoltatori ma, a mio avviso, non si è
ottenuto questo obiettivo mentre invece si è arrivati a "contrabbandare"
il jazz includendovi un po' di tutto e facendo addirittura del male al jazz
stesso. "Dagli anni '70 in poi, il jazz è entrato nelle mani del grosso commercio (come tutte le arti,
distribuite anche negli altri settori: della pittura eccetera). Partendo da un
principio antropologico secondo cui probabilmente su 100 solo 15 hanno
attitudine o comprensione di cose musicali, ci si è posto subito il problema
della commercializzazione ovvero, di come distribuire all'altro 85% la musica,
naturalmente "contrabbandata", del jazz. In pratica, è stata
fatta un'estrapolazione coatta e crudele del giro armonico del blues e con
questa è stata creata tutta la musica che da venti, trent'anni ad oggi noi
sentiamo per televisione. Tutte le porcherie che vanno dal rock, ai mille e
mille cantautori. Il solito commercio ha iniziato con i Beatles
una formazione che, probabilmente, non avrebbero chiamato nemmeno a suonare in
una periferia della Seurgola. E giù con l'orgia dei fumi e delle luci
allucinate, al fine di riempire stadi e postriboli: "Puzza e lagni basta
che se magni"!".
T
utte queste notizie non sono state praticamente mai scritte, forse solo Mazzoletti che è uno che si
è dato e tutt'ora si da da fare in quello che è il jazz italiano, e il
risultato è quello che poi certe realtà storiche vengano irrimediabilmente
dimenticate, e la loro memoria rimane solo nei ricordi di chi le ha vissute.
Secondo Laudenzi il motivo potrebbe essere legato ancora una volta al fenomeno
commerciale: "penso che ci sia una sovrapposizione di comodo che
escluda le nostre esperienze in omaggio a quel famoso mercato effettuato per
quel 85% di utenti digiuni di sensibilità musicale e predisposti docilmente al
rumore e al fumo."
Un'altra spiegazione invece potrebbe essere collegata a come il jazz di
quel periodo è stato visto e tuttora è visto da chi poi deve effettuarne la
divulgazione. C'è stato un critico su un articolo uscito in internet che ha parlato di
jazz "provinciale" riferito proprio a quello italiano degli
anni 45, 50, 55. Qui il parere di Laudenzi è senza dubbio opposto: "E' un espressione direi…incolta. Perché poi tutte le manifestazioni di
tipo culturale hanno radici nella provincia; l'arte non nasce nei salotti del
potere, lasciamo perdere. Forse è un'espressione polemica ma certo incolta. Se tu pensi che Leonardo era di Vinci ed era un provinciale, idem Giuseppe Verdi
e Puccini, pure Michelangelo era un provinciale. Anzi io vorrei affermare che
l'aspetto provinciale, in linea spirituale, è l'aspetto più puro e meno
compromesso, e, questo, per una legge naturale di perfezione, al paradiso
terrestre si confà più la piazza S. Rufino di Assisi che non piazza del Popolo
di Roma!"
Un evento che ha fatto anche costume in Italia e che ha
visto protagonisti alcuni jazzisti italiani è il famoso
jazz che veniva suonato nei
night
a cui anche Fellini, con La Dolce
Vita, si è ispirato. In un famoso night di Roma si ritrovarono, tra gli altri,
anche Cesari,
Battistelli
e Rosa. "No, Cesari
no, c'era Battistelli
forse. Cesari
non ha mai suonato nei locali Night. Se convenuto inviava il suo amico
Renato
Sellani. Un senigalliese
trasformatosi, per sug/virtù, da motorino in fuori serie. Sellani è oggi un
eccellente pianista."
E invece c'erano anche Umberto Cesari e Marcello Rosa, un puro ai margini:
"Marcello. Quella è una creatura francescana del jazz. Uno che non vedo
nei termini di compromissione. Una brava persona, ma io non lo frequento più da
quarant'anni. E mi complimento con il suo calvinismo comportamentale. Bravo. Fa
bene ad essere un puro! La gente è rincretinita dalle varie delinquenziate…rock…,
jazz-rock, cose fatte per ignoranti. Sono fatte scientificamente proprio, ad
hoc, perché la gente che non ama e non capisce la musica possa fruire e pagare
per la musica. D'altronde non è così anche con la pittura? I cartellonisti
come Guttuso venduti per geni di pittura…sociale. E se il padreterno non ci
aiuta sarà sempre peggio.".
Eh sì, anche in pittura è la stessa cosa.
Saluto Riccardo Laudenzi che mi "apostrofa" come "riesumatore
di salme nobili". Ma io penso che il tempo sia relativo e che riuscire
a non dimenticare del tutto certi personaggi, certi fatti avvenuti in Italia,
sia comunque un bene.
12/12/2018 | Addio a Carlo Loffredo, tra i padri del Jazz in Italia: "Ho suonato con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui." |
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Data pubblicazione: 07/03/2001
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