Recensione del CD Italian Jazz Graffiti
Musica Jazz
(
Agosto/Settembre 1988)

...Begin The Beguine () č l'unica matrice incisa dal trio del pianista Umberto Cesāri. Cesāri č uno dei grandi talenti del jazz italiano, ma per varie ragioni - il suo perfezionismo, e una vita appartata, fuori dal giro - ha inciso molto meno di quanto meriterebbe. Oggi, pochi si ricordano di lui. Arrigo Polillo potč ascoltare il trio al Cinema Splendore di Roma, e fu molto colpito da una versione "originalissima" e "quanto mai progressiva" di Begin The Beguine (). Pochi giorni dopo, Polillo coordinava la produzione di un sontuoso album di quattro 78 giri al Parlophon con il meglio del jazz italiano: e volle includervi quel brano.

PESCARA JAZZ 1969

CARLO PES 
Cagliaritano di nascita (03/03/1927), romano d'adozione, Carlo Pes comincia a suonare la chitarra da autodidatta. Dopo la guerra suona con Stelio Subelli, Bruno Martino, Enrico Simonetti e Nunzio Rotondo. Poi con Roy Eldridge, Bill Coleman, Django Reinhardt e Don Byas. Forma con Rotondo e Loffredo l'Hot Club di Roma Sestetto

Dopo una parentesi in Brasile e Danimarca torna in Italia e nel
1969 č con Barney Kessel. Nei Settanta, dopo tanta radio e televisione, parte per gli USA dove affiancherā Toots Thielemans, Stephane Grappelli, Chet Baker e Joe Pass. Tornato in Italia si stabilisce definitivamente a Roma portando avanti la sua attivitā tra festival, club e registrazioni.

BARNEY KESSEL ENSEMBLE: B. Kessel (g), C. Pes (g), G. Tommaso (cbs), G. Munari (dr)

ndr
Il nome di Carlo Pes č indicato dalla Guild per segnalare i chitarristi che hanno scelto una chitarra Benedetto. E' affiancato a nomi illustri come: Bucky e John PIZZARELLI, Howard ALDEN, 
Jimmy BRUNO, Joe DIORIO, Kenny BURRELL ecc... 
In particolare, il modello utilizzato da  Carlo Pes si chiama Fratello (click)

L'incisione - della cui scadente qualitā sonora diamo ragione in copertina - č strabiliante. Vi č qualcosa dei trii di Tatum e di Tristano, ma ogni paragone lascia il tempo che trova. L'arrangiamento, ricorda Carlo Pes, fu messo a punto collettivamente, ed č un emporio di sorprese, dallo sghembo riff iniziale, al continuo gioco di lanci, fermate e break, alle uscite solistiche, quella cantabile di Pes, e quelle imperiose di Cesāri. Il giro armonico - grosso modo un AABA di 64 misure - non č facile da percepire: l'introduzione di dieci battute su un geniale riff sghembo, č seguita da un chorus di "esposizione", che perō non espone la nota melodia di Porter, bensė un'altra, alternata alle sortite volanti di Cesāri. (Si noti che l'inciso ha qui due battute in pių). Il secondo chorus č diviso tra Pes e Cesāri. Un ultimo mezzo chorus, in cui un nuovo riff chiama allo scoperto il basso di Loffredo, č seguito dalla ripresa dell'introduzione, a mo' di coda.
La personalitā di Cesāri non č facile da inquadrare, proprio per la penuria di incisioni. Pianista di gran classe, dotato di uno splendido tocco, non sa perō leggere una nota. Il suo segreto č un orecchio sbalorditivo, unito a una memoria enciclopedica. La sua arte improvvisativa č governata da una fantasia capricciosa, prepotente. Si direbbe che Cesari pensi gli accordi non come concatenazione di funzioni tonali (che ignora) ma come colori puri, che accosta con gusto sicuro e ardito, alla maniera di un pittore. Dalla tastiera sa trarre arpeggi pungenti, chiazze sonore luminosissime, aerei scampanii. Maestro nei giochi di accenti spostati, Cesāri predilige, al pari di Tatum, affollare la sua musica di idee subito prese e lasciate, di salti e di capriole.
Begin The Beguine () č ben pių che un mero documento del jazz italiano: č un capolavoro.
Tra i pochi altri dischi di Cesari, si contano le sei facce Columbia incise nel 1954 a nome del clarinettista Aurelio Ciarallo, uno studente di conservatorio che per il jazz concepė un amore a prima vista poi durato poco (oggi Ciarallo conduce a Roma lo studio Sonic, in cui č realizzato il master di questo disco).
I May Be Wrong ha un andamento titubante, con Ciarallo che espone il tema timidamente, per poi scuotersi via via, soprattutto nel secondo chorus di assolo, illuminato da una serie di stupende sciabolate del piano. A questo punto interviene Cesāri: il suo assolo, un crescendo di lucida follia, come sempre pullulante di trovatine fulminee, sfocia infine un rabbioso finalino atonale, che chiude con un'unghiata questo disco dall'avvio innocuo.

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Data ultima modifica: 30/07/2017





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