Recensione del CD Italian Jazz
Graffiti |
...Begin The Beguine () č l'unica matrice incisa dal trio del pianista Umberto Cesāri. Cesāri č uno dei grandi talenti del jazz italiano, ma per varie ragioni - il suo perfezionismo, e una vita appartata, fuori dal giro - ha inciso molto meno di quanto meriterebbe. Oggi, pochi si ricordano di lui. Arrigo Polillo potč ascoltare il trio al Cinema Splendore di Roma, e fu molto colpito da una versione "originalissima" e "quanto mai progressiva" di Begin The Beguine (). Pochi giorni dopo, Polillo coordinava la produzione di un sontuoso album di quattro 78 giri al Parlophon con il meglio del jazz italiano: e volle includervi quel brano.
PESCARA JAZZ 1969 |
CARLO PES Cagliaritano di nascita (03/03/1927), romano d'adozione, Carlo Pes comincia a suonare la chitarra da autodidatta. Dopo la guerra suona con Stelio Subelli, Bruno Martino, Enrico Simonetti e Nunzio Rotondo. Poi con Roy Eldridge, Bill Coleman, Django Reinhardt e Don Byas. Forma con Rotondo e Loffredo l'Hot Club di Roma Sestetto. Dopo una parentesi in Brasile e Danimarca torna in Italia e nel 1969 č con Barney Kessel. Nei Settanta, dopo tanta radio e televisione, parte per gli USA dove affiancherā Toots Thielemans, Stephane Grappelli, Chet Baker e Joe Pass. Tornato in Italia si stabilisce definitivamente a Roma portando avanti la sua attivitā tra festival, club e registrazioni. BARNEY KESSEL ENSEMBLE: B. Kessel (g), C. Pes (g), G. Tommaso (cbs), G. Munari (dr) ndr Il nome di Carlo Pes č indicato dalla Guild per segnalare i chitarristi che hanno scelto una chitarra Benedetto. E' affiancato a nomi illustri come: Bucky e John PIZZARELLI, Howard ALDEN, Jimmy BRUNO, Joe DIORIO, Kenny BURRELL ecc... In particolare, il modello utilizzato da Carlo Pes si chiama Fratello (click) |
L'incisione - della cui scadente qualitā sonora diamo ragione in copertina - č
strabiliante. Vi č qualcosa dei trii di Tatum e di Tristano, ma
ogni paragone lascia il tempo che trova. L'arrangiamento, ricorda Carlo Pes,
fu messo a punto collettivamente, ed č un emporio di sorprese, dallo sghembo
riff iniziale, al continuo gioco di lanci, fermate e break, alle uscite
solistiche, quella cantabile di Pes, e quelle imperiose di Cesāri. Il giro
armonico - grosso modo un AABA di 64 misure - non č facile da percepire:
l'introduzione di dieci battute su un geniale riff sghembo, č seguita da un
chorus di "esposizione", che perō non espone la nota melodia di
Porter, bensė un'altra, alternata alle sortite volanti di Cesāri. (Si noti che
l'inciso ha qui due battute in pių). Il secondo chorus č diviso tra Pes e Cesāri. Un ultimo mezzo chorus, in cui un nuovo riff chiama allo scoperto il
basso di Loffredo, č seguito dalla
ripresa dell'introduzione, a mo' di coda.
La personalitā di Cesāri non č facile da inquadrare, proprio per la penuria di
incisioni. Pianista di gran classe, dotato di uno splendido tocco, non sa perō
leggere una nota. Il suo segreto č un orecchio sbalorditivo, unito a una
memoria enciclopedica. La sua arte improvvisativa č governata da una fantasia
capricciosa, prepotente. Si direbbe che Cesari pensi gli accordi non come
concatenazione di funzioni tonali (che ignora) ma come colori puri, che accosta
con gusto sicuro e ardito, alla maniera di un pittore. Dalla tastiera sa trarre
arpeggi pungenti, chiazze sonore luminosissime, aerei scampanii. Maestro nei
giochi di accenti spostati, Cesāri predilige, al pari di Tatum, affollare la sua
musica di idee subito prese e lasciate, di salti e di capriole. Begin The Beguine
()
č ben pių che un mero documento del jazz italiano: č un capolavoro.
Tra i pochi altri dischi di Cesari, si contano le sei facce Columbia incise nel
1954
a nome del clarinettista
Aurelio Ciarallo, uno studente di conservatorio che per il jazz concepė
un amore a prima vista poi durato poco (oggi Ciarallo conduce a Roma lo studio
Sonic, in cui č realizzato il master di questo disco). I May Be Wrong
ha
un andamento titubante, con Ciarallo che espone il tema timidamente, per poi
scuotersi via via, soprattutto nel secondo chorus di assolo, illuminato da una
serie di stupende sciabolate del piano. A questo punto interviene Cesāri: il suo
assolo, un crescendo di lucida follia, come sempre pullulante di trovatine
fulminee, sfocia infine un rabbioso finalino atonale, che chiude con un'unghiata
questo disco dall'avvio innocuo.
Questa pagina č stata visitata 5.764 volte Data ultima modifica: 30/07/2017 Segui @Jazzitalia
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