Nel ringraziare la direzione di questa testata per lo spazio concessomi,
voglio dare il via ad una serie di articoli legati alla fisarmonica nella musica
improvvisata con la collaborazione di giovani fisarmonicisti. L'idea di base è proprio
quella di offrire ai futuri artisti un'opportunità di approfondimento musicale/strumentale
e contemporaneamente dar loro una visibilità anche al fine di garantire un movimento
generazionale indispensabile alla sopravvivenza stessa del mondo fisarmonicistico…
che mi si conceda continua a proporre sempre e soltanto le auto-distruttive competizioni.
In questa ottica ho trovato pubblicabili gli scritti degli studenti più grandi dove
essi analizzano in maniera personalizzata: biografia, stile, tecnica, etc. di grandi
fisarmonicisti.
Il primo articolo ce lo regala Gianluca Casadei un giovane "avvocato"
che di leggi non ne vuol più sapere e che ha dalla sua una grande volontà ed una
buona frequentazione di ambienti artistici.
Si parlerà del grande Gorni Kramer a tutto tondo cominciando dall'analisi
di un suo assolo.
"Gorni Kramer si è portato dentro, per l'intera sua esistenza, il jazz come
culto, come tesoro inseparabile, come convinzione assoluta, come religione. Talento?
Forse è dire poco. E' dire poco se si tiene conto che il suo fu strumento insolito
per proporre l'anima musicale di New Orleans, la fisarmonica. A bottoni che azionava
senza mai guardare, senza mai sfiorare una nota che non fosse quella giusta."
(Everardo Dalla Noce).
A Gorni Kramer è oggi certamente riconosciuto un ruolo fondamentale nella
storia della musica e dello spettacolo del dopoguerra. Assai noto come direttore
d'orchestra, ha firmato come autore alcune delle canzoni che hanno accompagnato
intere generazioni di italiani. Eppure, per i suonatori e per gli appassionati di
fisarmonica, il suo nome rievoca qualcosa in più: grande è stato infatti il suo
contributo alla crescita e allo sviluppo dello strumento in Italia soprattutto se
si pensa che fu il primo, nel nostro paese, ad interessarsi al jazz pur suonando
uno strumento "così poco blues". A lui è senza dubbio riconducibile il merito principale,
in tempi assai lontani, di usare la fisarmonica in modi e contesti sonori diversi
senza curarsi del pregiudizio dilagante che ha spesso voluto identificare il suono
vibrato e popolare della fisarmonica esclusivamente con le balere e le campagne.
Gorni Kramer nasce a Rivarolo Mantovano (MN) nel
1913 e deve il suo nome
d'arte ad una semplice inversione del suo vero cognome e del suo vero nome: questo
ultimo, così curioso, fu scelto dal padre, appassionato di ciclismo, in omaggio
ad un vincitore del campionato del mondo su strada nel 1912, un certo Frank Kramer.
Comincia presto, a sei anni, a suonare la fisarmonica, strumento che rimane per
sempre il suo prediletto. Dopo il diploma in contrabbasso al Conservatorio di Parma
e una prima esperienza nell'orchestra del Teatro Regio, decide di trasferirsi a
Milano. Nel 1934 fonda
un quintetto in cui suona la fisarmonica e dirige; nel
1935 compone
Crapa pelada, brano ritenuto
blasfemo per un presunto riferimento a Mussolini. La personalità di Gorni Kramer,
sia come musicista che come autore, si impone ben presto. Il jazz Kramer lo scopre
attraverso la madre che è americana e che gli fa ascoltare i dischi dei grandi musicisti
statunitensi. Scoppia un amore destinato a durare per sempre e che complice lo straordinario
talento naturale del Nostro lo segnala all'avanguardia dell'allora panorama jazzistico
italiano.
Pur senza conoscere altri fisarmonicisti jazz i suoi assoli si inspirano
ai celebrati solisti dello swing, trombettisti e sassofonisti in particolare. Dirà
più tardi: "Improvvisavo sulle polche e sulle mazurche perché mi stancavo di
suonare sempre lo stesso pezzo". Quando poi compone crea delle semplici ma orecchiabili
linee melodiche che riesce ad armonizzare con un gusto istintivamente moderno. Sono
però, come si è detto, le numerose canzoni (magistralmente orchestrate) a dargli
la notorietà vera e propria ed in particolare, per citare solo le prime,
Pippo non lo sa,
La vecchia fattoria,
Merci beaucop e
In un palco della Scala.
Negli anni della seconda guerra mondiale si avvicina al varietà e alla rivista musicale
in qualità di direttore d'orchestra e compositore, facendosi chiamare (per il divieto,
allora tassativo, di usare parole straniere) Maestro Crameri. Abbandona
nel frattempo la carriera jazzistica solistica di cui restano comunque oggi circa
un centinaio di registrazioni. Il rapporto professionale stretto con l'ensemble
canora Quartetto Cetra sfocia poi nel sodalizio artistico con Garinei
e Giovannini, per i quali scriverà numerose e immortali canzoni che daranno
lustro alle loro fortunate commedie musicali (Un
bacio a mezzanotte,
Non so dir ti voglio bene,
Un paio d'ali,
La mia donna si chiama desiderio,
Dove andranno a finire i palloncini,
Buonanotte al mare,
Un po' di cielo,
È tutta colpa della primavera).
Nel 1957 approda in televisione con lo spettacolo
musicale Il musichiere, condotto dall'indimenticato Mario Riva, di
cui firma la famosa sigla Domenica
è sempre domenica. Accompagnerà, fino ai primi anni Sessanta, con le
sue orchestre, alcuni tra i più famosi programmi della televisione degli esordi.
Sarà l'avvento del Rock and Roll, dei primi complessi beat, della
rivoluzione musicale giovanile a far decidere il vecchio Maestro Crameri che il
tempo della sua musica sia forse giunto al capolinea e sia invece l'ora propizia
per un onorato ritiro dalle scene. Muore a Milano nel 1995.
Nella conosciuta e ben riuscita compilation che la rivista Musica Jazz
ha dedicato qualche anno addietro alla fisarmonica e al suo controverso rapporto
con la musica afro-americana (La fisarmonica nel jazz, CD fuori commercio
allegato a MUSICA JAZZ n. 6/1995 - MJCD 1104),
una delle tappe salienti di tale storia è certamente rappresentata dal brano
China Boy (di Boutelja-Wilfree),
qui nell'appassionata e virtuosa interpretazione data appunto dal grande Kramer.
China Boy fu registrato a Milano il 3 aprile
1939 da una formazione
che oltre allo stesso Kramer presentava anche Aldo Rossi al sax alto,
Enzo Ceragioli al piano, Cosimo Di Ceglie alla chitarra e Giuseppe
Ruggeri alla batteria. Siamo dunque alla vigilia del secondo conflitto mondiale
e anche l'Italia come la Francia annovera diversi musicisti che guardano con sincera
ammirazione e con spirito di emulazione alla musica che arriva dall'oltreoceano.
Il brano China Boy è uno swing dal tempo fast: l'accompagnamento
"saltellante" con gli accenti forti sul primo e sul terzo tempo ricorda molto più
lo spirito delle marce europee o lo swing musette francese rispetto alla
libertà ritmica introdotta in quegli anni, ad esempio, dal sound dell'orchestra
di Count Basie. La forma è costituita da una struttura ABC, dove C è in realtà
una A leggermente diversa: nella parte A (16 battute) siamo in tonalità di F maggiore,
la parte B (8 battute) si muove in Ab maggiore mentre si torna in C (8 battute)
nella tonalità originaria. Dopo un'introduzione di quattro battute, il tema (assai
essenziale per la verità) viene esposto dal piano: tocca poi alla fisarmonica di
Kramer improvvisare per un chorus intero, seguita dalla chitarra e dal sax alto
che mantengono negli assoli la stessa durata. Si rientra poi per finire sul tema
con variazione, variazione a cui contribuiscono vari strumenti, batteria compresa.
In merito all'improvvisazione di Kramer, si apprezza innanzitutto la sua straordinaria
e generosa creatività che si traduce in un continuo sciorinare di note sul modello
dei fisarmonicisti d'oltralpe. I pattern usati sono piuttosto individuabili e si
manifestano sostanzialmente in figurazioni ritmiche a crome o in block-chord. Il
modo di "stare sul tempo" di Kramer è indubbiamente più europeo che nero in senso
stretto anche se appare decisamente interessante il suo suonare con una decisa tendenza
all'anticipo. Le sue frasi iniziano quasi sempre in levare e hanno uno sviluppo
di lunghezza media. Mentre l'armonia del brano è sicuramente tonale, ciò che favorevolmente
colpisce nell'approccio ricco di estro dell'improvvisazione di Kramer è il ricorso
a sonorità dal sapore tipicamente blues: la scala prediletta è quella misolidia,
la scala costruita cioè sul quinto grado della scala maggiore avente la terza maggiore
e la settima minore. Il Be-Bop deve ancora scatenarsi con il suo linguaggio rivoluzionario,
non può dunque sfuggire il fatto che anche Kramer, come del resto inevitabilmente
tutti gli swingers del suo tempo, abbia uno stile improvvisativo più genuino, spontaneo,
non dirompente. Il ricorso a muoversi per note congiunte, il ricorso all'uso di
pattern standard, la tendenza poi a fermarsi su note non di tensione o l'utilizzo
di figure di sapore fisarmonicistico come il ribattuto, sebbene possano essere lette
oggi con severità da una certa critica superficiale (alla luce soprattutto della
poi naturale evoluzione della musica afro-americana), non devono far dimenticare
il merito di uno straordinario musicista capace di mettere il suo grande talento
al servizio di uno smisurato amore per il jazz, lui che era cresciuto nel bel mezzo
della Pianura Padana.
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