L'articolo, questa volta, non poteva non essere rivolto ad Art Van
Damme, fisarmonicista americano che sicuramente si può definire uno dei padri
della fisarmonica jazz, in assoluto. Ho avuto sia il piacere di suonare con lui
e sia quello di invitarlo in Italia (Concorso Benevento
2004, Pineto Accordion Jazz Festival 2005)
e devo aggiungere che si tratta di un'ottima persona oltre che lo straordinario
musicista che tutti conosciamo.
Gianluca Casadei non è nuovo alla scrittura di articoli, che realizza
in maniera appassionata e di ottimo livello; ma ciò che tradisce il suo status di
studente consiste nel fatto che osservi ancora in maniera troppo personale l'aspetto
tecnico - e non completo - delle caratteristiche di un artista: ad esempio ha tralasciato
di parlare dell'aspetto forse più originale del quintetto di Art, ossia, gli arrangiamenti.
Ma è proprio questo che al sottoscritto interessa ed è proprio questa
visione "interessata" che credo distingua questa rubrica.
Art Van Damme: una vita "improvvisata"
(Gianluca Casadei)
Art Van Damme, ancora in piena attività nonostante l'età non più giovanissima,
resterà certamente alla storia della fisarmonica come uno dei più grandi talenti
di sempre in grado di confrontarsi senza timori con schiere di eccelsi musicisti,
tanta è infatti la sua capacità di stupire e di affascinare con la sua bravura generazioni
di appassionati di jazz.
Fisarmonicista statunitense di origine belga nato nel
1920 e cresciuto a Chicago, impara a suonare sullo
strumento di marca Victrola di suo padre e si segnala presto come un vero
enfant prodige. Il musicista a cui fin da adolescente si ispira è in particolare
Benny Goodman (Benjamin David, Chicago, 30 mag
1909 - 20 giu 1986) i cui assoli trascrive e adatta per la fisarmonica e
a cui verrà spesso in seguito accomunato per la comune origine di studi classica,
la straordinaria tecnica e la creatività nell'improvvisazione.
Inizia la sua carriera come solista alla fine degli anni Trenta, si esibisce
in diverse formazioni per poi passare al duo, al trio, al quartetto e al quintetto
verso la metà degli anni Quaranta. Nel quintetto, la sua formazione preferita, la
fisarmonica è affiancata da vibrafono (il fedele Chuck Calzaretta), chitarra,
contrabbasso e batteria. Dice più tardi a proposito: "Quando ero al liceo iniziai
a suonare in trio con fisarmonica, chitarra e contrabbasso e con questo gruppo suonammo
nei clubs per un paio d'anni. Poi aggiunsi un altro fisarmonicista ma non ero soddisfatto:
optai per sostituirlo allora con un vibrafono e l'esperimento funzionò, qualche
tempo dopo introdussi anche la batteria: sentivo che finalmente questo era il suono
con cui continuare".
Con
il quintetto Art Van Damme sigla un importante contratto discografico con
la Capitol Records, realizzando nel periodo dal
1952 al 1965 circa una dozzina di
album tra cui The Van Damme Sound,
Martini Time e
The Art of Van Damme.
Il suo stile, a tratti dirompentemente bop, ha influenzato certamente
il suono di decine e decine di fisarmonicisti jazz venuti dopo di lui: è stato
Van Damme il primo, ad esempio, ad usare con continuità registri timbrici
più ovattati come il cassotto, rispondendo ad una personale e precisa ricerca stilistica
e sonora.
Ha inciso qualcosa come quaranta album ed i referendum della rivista specializzata
Down Beat lo vedono dominare la scena per dieci anni di fila nella speciale
categoria degli strumentisti vari. Ha tenuto concerti alla Radio, alla Tv e un po'
ovunque, dal Desert Inn a Las Vegas, al Blue Note a New York, ancora
al Disney World in Florida, è stato invitato a suonare in Europa almeno una
quarantina di volte. Nell'ultimo anno e mezzo (2005)
ad esempio, è stato un paio di volte in Italia, ospite al Concorso di Fisarmonica
i Benevento e recentemente al Jazz Accordion Festival di Pineto.
Van Damme ama ricordare che in più di cinquant'anni di carriera i molteplici
e costanti impegni artistici gli hanno impedito di studiare al punto da aver suonato
a casa propria complessivamente per un tempo non superiore alle sei ore.
Un critico di lui ha scritto una volta che la sua mano destra corre con
una velocità e una lucidità di tocco tali da sfidare i presunti limiti dello strumento
riuscendo però, allo stesso tempo, ad enfatizzare i contorni lirici di una frase
melodica. A questo aggiunge un buon controllo della pressione del mantice cosa che
gli permette dare il giusto accento ad ogni nota che suona.
Curiosamente
sulla fisarmonica è ancora convinto che non sia lo strumento jazz ideale: "Il
fatto che noi fisarmonicisti abbiamo due tastiere controllate da un'unica forza
è un problema. Mi riferisco in particolare al mantice che è la risorsa di entrambe
le tastiere e che dovrebbe essere usato con lo stesso groove con cui soffiano nello
strumento i trombettisti o i sassofonisti. Un pianista è libero di usare una o l'altra
mano come più gli piace, cosa non permessa a noi fisarmonicisti…".
Nel Cd uscito qualche anno con la rivista Musica Jazz (La
fisarmonica nel jazz, allegato a MUSICA JAZZ n. 6/1995,
Rusconi Editore – MJCD 1104), Art Van Damme è presente nel brano
Lover come back to me (di Romberg-Hammerstein)
che registrò all'incirca nel 1952 in quintetto
con Charlie Calzaretta al vibrafono, Red Roberts o forse Claude
Scheiner alla chitarra, Lew Skalinger al contrabbasso e Max Mariash
alla batteria. Il periodo musicale di riferimento è la scena jazzistica degli anni
Cinquanta: la rivoluzione del Be-bop si è già manifestata modificando in
modo radicale e definitivo l'approccio dei musicisti nei confronti del linguaggio
improvvisativo.
Il brano, in tonalità di A maggiore, è un tempo Fast e la sua struttura
si può riassumere nella forma AABA1. Dopo un introduzione di quattro
battute, nelle due A il tema è esposto, in alternanza ogni otto battute, da fisarmonica
e vibrafono all'unisono e dalla chitarra in risposta; nella B (in F#m) spazio al
dialogo tra fisa e chitarra, situazione che si ripete anche nella parte A1.
Questa ultima parte si conclude con una modulazione in C maggiore che conduce agli
assoli: inizia il vibrafono, seguito dalla fisarmonica; gli assoli sono abbastanza
corti e nessuno si sviluppa lungo un intero chorus – fatto tipico in Van Damme
-. Si rientra, per finire, nella tonalità originaria per una parte ridotta di tema
e finale.
L'assolo di Art Van Damme colpisce essenzialmente per due ragioni
fondamentali: innanzitutto lo straordinario virtuosismo con cui si prodiga nello
sciorinare cascate di note; in secondo luogo per il linguaggio che appare aver già
assorbito alcuni stilemi propri del Be-bop. Ed in tale contesto si apprezza, ad
esempio, la struttura interna e la tipicità delle frasi usate e il ricorso frequente
ai cromatismi (fig. 1), tecnica assai conosciuta detta delle approaching notes.
Il suo modo di stare sul tempo è certamente americano, nel senso dello swing, mentre
moderno è anche il privilegiare nel suonare note appartenenti ai voicings (fig.
2); nell'improvvisazione, seppur infarcita di cromatismi come si è detto, il Nostro
non esita nello scegliere delle scale modali. Certamente Art Van Damme è
il primo fisarmonicista jazz moderno per tante ragioni; per il suono ovattato che
lo contraddistingue, per la complessità dei suoi assoli, per il linguaggio evoluto
usato il tutto valorizzato da una tecnica strumentale sopraffina e da arrangiamenti
di classe.
figura 1
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figura 2
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COMMENTI | Inserito il 13/1/2010 alle 23.32.08 da "lsambust" Commento: IL PIU GRANDE! Non credo che Art van Damme sia stato uno dei piú grandi fisarmonicisti Jazz ma IL PIU GRANDE ancora adesso nonostante l'etá avanzata,se non sbaglio dovrebbe avere circa 90 anni.E dico questo per la complessita del suo operato.E anche un favoloso arrangiatore,e in questo rimane ancora il migliore.Potrei dilungarmi anche sulle molteplici qualita,ma ci vorrebbero pagine intere! LUIS SAMAME(Pianista e Fisarmonicista) | | Inserito il 30/9/2011 alle 8.10.09 da "pimagu97" Commento: Ho cominciato da poco lo studio di questo strumento. Aspetto con ansia nuove lezioni, in particolare sullo studio dei bassi. Grazie | |
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Data pubblicazione: 14/02/2007
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