Dizzy Gillespie con Alfred Fraser
To be or not to bop. L'autobiografia
Minimum Fax, 2009
Inizio secolo, famiglia povera del sud. Ultimo
di nove figli, ben presto orfano di padre. La madre che per sfamare i figli lava
la biancheria della ricca famiglia bianca. Sembra il lacrimevole incipit di Piccola
America nera, il romanzo di Langston Hughes ma è la biografia di John Birks
(meglio noto come) Dizzy Gillespie. Un bambino abbandonato a se stesso,
cresciuto dai fratelli, irrequieto, intelligente: un po' bravo ragazzo, un po' bullo
di quartiere. A scuola viene avviato al trombone e poi passa alla tromba: amore
a prima vista. Un bambino speciale. Il suo dono si chiama musica; la tromba gli
permetterà di trasformarsi da common man a self made man. Come un
novello Lincoln che partito da una capanna di tronchi divenne Presidente degli Stati
Uniti, Diz uscito da un campo di cotone dalle parti di Cheraw, nel sud razzista,
saprà conquistare New york e imporsi come una delle figure culturali più significative
del Novecento. Co-fondatore del movimento be bop alla pari di Bird Charlie
Parker, suona anche più attuale grazie alle aperture di nuove strade verso il
latin jazz e i contagiosi ritmi del Caribe.
Una autobiografia particolare la sua: la parola passa continuamente da
Gillespie ai vari protagonisti tirati in ballo: dai famigliari agli amici fino ai
nomi noti coi quali Dizzy ha collaborato negli anni. Una jazzistica pluralità di
voci che ritma il racconto. Su tutti abbiamo i ricordi di Art Blakey,
Roy Eldridge, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald…e una pletora di
musicisti di secondo piano, compagni di leggio nelle big band dei primissimi anni
Quaranta, quando Dizzy si guadagnava il pane come tromba di sezione e nel tempo
libero forgiava il proprio stile. Il periodo delle big band è quello forse più
picaresco del libro, con Gillespie che a furia di scherzi ai danni dei colleghi
si guadagna il nomigliolo Dizzy: stordito. Un mezzo matto con la testa tra le note…ma
attenti a non pestargli i piedi: Cab Calloway che ebbe la sventura di litigare
con lui si trovò bucato con il coltello. E questo nonostante Cab fosse il capo orchestra
che pagava meglio, con un numero fisso al Cotton Club.
Nella seconda parte del libro vediamo Gillespie con Charlie Parker,
Thelonious Monk e Kenny Clarke creare gli stilemi del
be bop e guidare i musicisti della generazione successiva, Miles Davis
su tutti. Gillespie non è stato solo il funambolico tecnico della tromba, ma
un eccelso compositore con brani come A Night In Tunisia,
Manteca, Con Alma,
Tin tin deo…Il segreto della sua ricetta in
fondo è risaputo: lo studio e la pratica continua del pianoforte gli danno una marcia
in più.
Una carriera lunghissima, iniziata nel primo dopo guerra con lo swing
nascente e terminata praticamente con il secolo, nel 1993
in piena globalizzazione musicale. Un fenomeno che Dizzy con la sua ultima creazione,
la ecumenica United nations orchestra, seppe anticipare e rappresentare al meglio.
Franco Bergoglio per Jazzitalia
25/03/2010 | Hal McKusick si racconta. Il jazz degli anni '40-'50 visti da un protagonista forse non così noto, ma presente e determinante come pochi. "Pochi altosassofonisti viventi hanno vissuto e suonato tanto jazz quanto Hal Mckusick. Il suo primo impiego retribuito risale al 1939 all'età di 15 anni. Poi, a partire dal 1943, ha suonato in diverse tra le più interessanti orchestre dell'epoca: Les Brown, Woody Herman, Boyd Reaburn, Claude Thornill e Elliot Lawrence. Ha suonato praticamente con tutti i grandi jazzisti tra i quali Art Farmer, Al Cohn, Bill Evans, Eddie Costa, Paul Chambers, Connie Kay, Barry Galbraith e John Coltrane." (Marc Myers) |
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Data pubblicazione: 06/02/2010
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