Forse è la concezione di tossicodipendenza che li ha tenuti
distanti.
Bill Evans non lasciava che la droga entrasse sul palco con lui: era
una cosa privata e non doveva assolutamente toccare la sua arte, almeno "on the
stage". Delle peripezie di
Chet Baker,
si sa già tutto, o quasi. Eppure erano musicalmente così vicini per ricchezza melodica
e senso del lirismo.
The Complete Legendary Sessions, manco a dirlo, è un capolavoro che tiene
ben desta la memoria della Musica e della Storia. Gli sporadici incontri tra i due
musicisti sono racchiusi in questa raccolta, documento che attinge a registrazioni
newyorchesi tra il 1958 e il 1959. Baker e Evans sono in buona compagnia e la selezione
differenzia i combo: le prime dieci tracce - che fanno riferimento all'album "Chet-The
Lirycal Trumpet Of
Chet Baker"
- sono arricchite dalla presenza della chitarra di Kenny Burrell, Paul
Chambers al contrabbasso e Connie Kay o Philly Joe Jones, batteria;
nei brani successivi – attinte da "Chet
Baker Plays The Best Of Lerner and Loewe" - ad eccezione della bonus
–track Almost Like Being In Love che vede Bob Corwin rimpiazzare al
pianoforte Evans, si schierano Zoot Sims all'altosax e tenore, Earl May
al contrabbasso e Clifford Jarvis alla batteria. Si apparentano ad entrambi
Herbie Mann al flauto e Pepper Adams al baritono.
La voce strumentale di Chet è delicata e fragile, capace di eseguire lunghe frasi
in semicrome nel registro dei suoni gravi, facendo uscire dalla campana della tromba
tutta la sua profondità d'animo. Le raffinate tessiture timbriche di
Bill Evans,
dal tocco incantatorio, creano il giusto aere leggiadro e potente insieme. Il pianista
del New Yersey gioca sulle sfumature, senza mai dimenticare la propria innata dolcezza
anche nel forte. Un orecchio di riguardo va anche a Herbie Mann, dal flautismo
trombettistico; Pepper Adams, rigoroso e rauco quanto basta e lo swingante
Zoot Sims, forbito improvvistatore. Tutti meritano menzione, ma nessuno abbisogna
d'elogio. Ed ogni commento sarebbe pleonastico e stucchevole. Lo si deve solo ascoltare,
ascoltare e riascoltare, in religioso silenzio e con il solo rammarico che i due
si siano incontrati così poco.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
04/05/2008 | 1 marzo 1984: ricordo di Chet Baker al Naima Club di Forlì: "La sua voce sottile, delicata, sofferta, a volte infantile, mi è rimasta dentro il cuore per molto tempo, così come mi si sono rimaste impresse nella memoria le rughe del suo viso, profonde ed antiche, come se solcate da fiumi impetuosi di dolore, ma che nello stesso tempo mi sembravano rifugi, anse, porti, dove la sua anima poteva trovare pace e tranquillità. La pace del genio, la pace del mito, al riparo delle tragedie che incombevano sulla sua vita." (Michele Minisci) |
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Data pubblicazione: 11/04/2010
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