Cari Amici,
in questa lezione ho pensato di proporvi una breve storia del flauto jazz, che sono
sicuro non mancherà di interessarvi. Ho volutamente tralasciato il percorso e l'attualità
del flauto jazz in Italia: sicuramente dedicherò una lezione apposita all'argomento
più avanti.
Il flauto è un legittimo strumento jazz: non è facile condensare in poche righe
un percorso musicale che si è sviluppato nell'arco di più di un secolo, e citare
tutti i flautisti che hanno contribuito all'affermarsi di questo strumento nel jazz
sarebbe forse impossibile. Tuttavia, cercherò di seguito di individuare le tappe
fondamentali della storia del flauto jazz partendo dagli inizi del secolo scorso.
Alberto Socarras, Wayman Carver, Harry Klee
Si sa di per certo che già intorno agli anni ‘20, negli Stati Uniti, qualche
flautista fece la sua comparsa in gruppi ragtime; possiamo comunque affermare che
la vera e propria storia del flauto jazz inizia nel 1927 a New York. In questo anno,
infatti, il flautista cubano Alberto Socarras registrò il primo solo di flauto
jazz di cui abbiamo testimonianza: una improvvisazione di 24 misure nel brano "Shootin'
the Pistol", per l'orchestra di Clarence Williams. Socarras registrò in seguito
altri assoli: nel brano "You're such a cruel Papa" con il quartetto della cantante
Lizzie Miles (1928), in "Have you over felt that way" sempre per l'orchestra di
Clarence Williams, e in "You can't be mine" per Bennet's Swamplanders (1930).
Nel 1930 emerse la figura di Wayman Carver, che gli storici hanno a lungo
erroneamente considerato il primo solista di flauto jazz. Carver registrò innumerevoli
assoli (ricordiamo quello in "Devil‘s holiday" registrato nel 1933 per l‘orchestra
di Benny Carter), contribuendo in maniera importante alla divulgazione del
flauto nel jazz, ed ebbe la sua definitiva affermazione di flautista jazz suonando
dal 1934 al 1940 nell'orchestra di Chick Webb.
Sam Most, Herbie Mann e Buddy Collette
Gli anni ‘40 vedono l'affermarsi di Harry Klee, flautista forse poco considerato
da critici e storici, ma che ebbe il grande merito di affermare definitivamente
il flauto nel jazz e che fu ammirato e preso ad esempio da grandi maestri degli
anni successivi come Sam Most, Herbie Mann e Buddy Collette.
Di Harry Klee ricordiamo un pregevole assolo in "Caravan", registrato
nel 1946 con l'orchestra di Ray Linn, che per qualità complessiva segna un deciso
passo in avanti rispetto ai flautisti precedenti, anticipando ciò che avverrà negli
anni ‘50, dove fecero la loro comparsa flautisti jazz di grandissimo livello.
Frank Wess, Bud Shank
Nei primi anni ‘50 Jerome Richardson si mise in luce suonando il flauto
con Earl Hines e
Lionel
Hampton, e fu il primo jazzista ad eseguire un solo con l'ottavino,
in "Hi-Fi Suite" del 1956. Frank Wess si affermò nell'orchestra di Count
Basie, in cui suonò dal 1953 al 1964, contribuendo a far conoscere il flauto
al grande pubblico e registrando numerosi assoli tutti di alto livello.
Sempre nei primi anni ‘50, il flauto si ritagliò uno spazio
molto importante nell'ambito del West Coast Jazz, movimentò che si sviluppò nella
costa statunitense opposta a quella di New York (East Coast).
Le principali figure flautistiche della West Coast furono Bud Shank
e Buddy Collette. Shank suonò nell'orchestra di Stan Kenton, registrando
nel 1950 un pregevole solo nel brano "In Veradero", e formò un gruppo con l'oboista
Bob Cooper con cui registrò il disco ""Oboe-flute" che ebbe uno strepitoso
successo. Collette, che iniziò come sassofonista, perfezionò la sua tecnica flautistica
al conservatorio di Los Angeles, e nel 1955 esordì al flauto nel disco d'esordio
del quintetto di Chico Hamilton, "Spectacular", ottenendo un grande successo.
Negli stessi anni si affermarono due dei più grandi flautisti jazz della storia,
Sam Most ed Herbie Mann.
Sam Most, nato nel 1930, fu l'inventore del "suono parlato", tecnica oggi
ben conosciuta che consiste nel cantare e suonare contemporaneamente nel flauto,
che egli immortalò per la prima volta nel 1953 nel brano "I Hear a Rapsody". Dotato
di una tecnica invidiabile, di un incredibile senso melodico e di un fraseggio carico
di swing, Most non ebbe all'epoca la stessa visibilità del coetaneo Herbie Mann,
ma il suo modo di suonare influenzò tutti i flautisti, a partire dallo stesso Mann,
e le sue registrazioni degli anni ‘50 testimoniano un livello complessivo di gran
lunga superiore a quello dei suoi contemporanei. Ancora oggi qualunque flautista
desideroso di approfondire il linguaggio e la pronuncia jazzistica, non può prescindere
dall'attento ascolto e dall'analisi dello stile di Sam Most.
Herbie Mann fu sicuramente il primo flautista non classico a godere di una
notorietà internazionale, e forse il più grande artefice della divulgazione del
flauto al di fuori dei canoni classici. Incise il suo primo disco al flauto nel
1954, "East Coast Jazz", e fu il primo a registrare un disco per solo flauto, "Mann
Alone" del 1957. La sua discografia è sterminata ed abbraccia vari generi, dal jazz
(citiamo "Nirvana", registrato con il trio di
Bill Evans)
alla bossa nova (ricordiamo l'ottimo "Do the Bossa Nova"), fino al rock e alla musica
"commerciale". Negli anni '60 Mann fu inoltre uno dei primi jazzisti ad abbracciare
il genere della bossa nova e del latin jazz, fondendo i ritmi sudamericani con le
tradizionali armonie jazzistiche.
Yusef Lateef, Paul Horn
Altri flautisti che a partire dagli anni ‘50 si espressero al flauto furono
Bill Perkins, Yusef Lateef, James Moody, Leo Wright,
Sahib Shihab, Les Spann, Paul Horn e il belga Jacques Pelzer, tutti
meritevoli di ascolto. Un altro musicista belga, Bobby Jaspar, dalla
metà degli anni ‘50 fino alla prematura morte, avvenuta nel
1963, si espresse al flauto con uno stile carico
di swing unito ad un relax e ad un gusto melodico invidiabili.
In quegli anni il flauto si affermò quindi definitivamente nella musica jazz, tanto
che nel 1956 la rivista Down Beat introdusse il premio riservato al miglior flautista
jazz dell'anno secondo i lettori, e dal 1959 anche il premio di miglior flautista
jazz secondo i critici musicali.
Roland Kirk, Eric Dolphy, Sam Rivers
Negli anni ‘60 Roland Kirk portò ai suoi estremi la tecnica del suono
parlato inventata da Sam Most, aggiungendo al suono del flauto grida, soffi,
e arrivando a contrappuntare con la voce la melodia suonata nel flauto. Sempre negli
anni ‘60 iniziò ad emergere Eric Dolphy, grande polistrumentista tra
i più importanti esponenti del free jazz, che raggiunse livelli eccelsi con il flauto,
esplorandone a fondo le possibilità ritmiche e autore di una profonda ed originale
rielaborazione armonica. Kirk e Dolphy esercitarono una grande influenza sui flautisti
degli anni seguenti, primi tra tutti Sam Rivers, che riprese la lezione
di Dolphy muovendosi nel free jazz, e Jeremy Steig, che partendo da
un attento studio dello stile di Kirk sviluppò un proprio linguaggio originale,
carico di emotività, furioso, sfruttando tutte le possibilità timbriche del flauto
(fu il primo ad usare i suoni meccanici dello strumento). Negli anni
'70, Steig fu inoltre uno dei principali esponenti
del jazz-rock.
Harold McNair, Hubert Laws
Sul finire degli anni ‘60 si avvicinò al flauto anche il grande
John Coltrane:
da ricordare il brano "To Be", incluso nel disco "Expression" (1967),
in cui Coltrane al flauto duetta con Paroah Sanders all'ottavino.
Sempre in questo periodo si affermano importanti flautisti come Harold McNair,
Hubert Laws e Joe Farrell. Sconosciuto ai più, McNair vanta uno stile
molto interessante che merita di essere studiato per personalità e chiarezza di
fraseggio. Laws, flautista che spazia con facilità dal jazz alla musica classica
(vinse un'audizione per la Metropolitan Opera Orchestra di New York), è tutt'ora
uno dei flautisti jazz più famosi, e propone uno stile personale caratterizzato
da un suono molto pulito e da una tecnica notevole. Farrell si fece conoscere al
grande pubblico soprattutto grazie alle incisioni con i "Return To Ferever" di
Chick Corea;
il linguaggio di Farrell al flauto è ricco di fantasia melodica e ritmica, che unite
ad una sapiente conoscenza dell'armonia jazzistica creano uno stile originale ricco
di interesse.
James Newton, Dave Valentine
Dagli anni '70 ad oggi, un numero sempre
maggiore di flautisti si è dedicato al jazz.
Tra i grandi flautisti jazz noti in ambito internazionale che emersero in quegli
anni, ricordiamo James Newton, flautista americano allievo di Buddy
Collette, che si muove tra jazz, free jazz e musica contemporanea, ed è inoltre
un apprezzato direttore ed arrangiatore di big band; Dave Valentin,
apprezzato specialista del latin jazz.
Grazie all'opera dei flautisti sopracitati, e di molti altri che seppur non citati
hanno lasciato comunque un segno nella storia del flauto jazz, la scena contemporanea
vanta numerosi flautisti jazz di ottimo livello. Il problema della debole sonorità
del flauto, che rappresentò un problema agli inizi del secolo scorso, è da tempo
superato grazie all'ausilio dei microfoni e degli impianti di amplificazione. L'interesse
dei flautisti delle nuove generazioni verso le musiche improvvisate è in costante
aumento, e ciò lascia supporre che negli anni a venire il flauto jazz godrà di sempre
maggiore attenzione.
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Data pubblicazione: 30/01/2012
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