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Lezione N. 25 – Sam Most, il primo grande flautista jazz
di Michele Gori
michele@michelegori.it


Sam Most, Atlantic City, 16 dicembre 1930 - 13 giugno 2013

Dedico questa lezione all'approfondimento della figura di Sam Most, il grande flautista jazz americano che purtroppo ci ha lasciati qualche mese fa.

La sua figura è stata ed è tuttora di straordinaria importanza per il flauto jazz; benchè Sam non sia stato (come spesso erroneamente definito) "il primo flautista jazz", egli è stato a mio parere "il primo grande flautista jazz" nonché uno dei più influenti jazzisti nella storia del nostro strumento.

Sam Most nasce ad Atlantic City il 16 dicembre del 1930.
La musica entra subito a far parte della sua vita: il fratello Abe, di dieci anni più grande, studia il clarinetto e gli impartisce qualche lezione; il giovane Sam trascorre inoltre gran parte dei suoi pomeriggi ad ascoltare la radio, che trasmette principalmente le grandi orchestre dello swing, tra cui quella di Benny Goodman che lo affascina particolarmente.

Intorno agli undici anni, a New York, arrivano anche le prime lezioni "ufficiali" di clarinetto e saxofono: suo maestro è Bill Shiner, insegnante del Bronx che avrà tra i suoi allievi anche un certo Stan Getz. Sarà poi Victor Goldring, tra la fine del ‘41 e l'inizio del ‘42, ad impartirgli le prime lezioni di flauto, che dureranno circa sei mesi, al termine dei quali Sam deciderà di continuare a dedicarsi alo studio della musica da autodidatta. Nel frattempo comincia a maturare le prime esperienze musicali di gruppo suonando in varie bande musicali, ed esibendosi soprattutto nelle numerose parate che all'epoca venivano organizzate per il sostegno dell' esercito statunitense. In questo periodo Sam si divide tra clarinetto e saxofono tenore, relegando il flauto al ruolo di "terzo incomodo".

E' a metà degli anni ‘40 che decide di diventare musicista professionista: inizia infatti a frequentare i locali della 52° strada, e rimane folgorato dall'ascolto dei grandi musicisti che in quegli anni stanno rivoluzionando la musica; affascinato dal bebop, in particolare da Charlie Parker, matura la convinzione che la musica sarà la sua vita. In famiglia questa decisione è accolta positivamente, anche perché il fratello Abe si era intanto costruito una carriera di successo al clarinetto, contribuendo ad aprire la mentalità della famiglia verso il mestiere del musicista.

All'epoca è proprio con il clarinetto che Sam si sente più a suo agio, ed è con questo strumento che ottiene il suo primo ingaggio da professionista. E' una sera del 1948, e si reca nella 52° strada per assistere allo spettacolo dell'orchestra di Tommy Dorsey, in cui per l'occasione suona anche il fratello Abe. Qualche minuto prima dell'inizio del concerto, uno dei clarinettisti della band si sente male; serve subito un sostituto, ed è proprio Abe a suggerire a Dorsey il nome di Sam: nonostante l'inesperienza se la cava bene, così bene da meritarsi la conferma nell'orchestra, che dopo qualche giorno partirà per una tournée di tre settimane negli States.
Incoraggiato da Dorsey, che lo tratta con gentilezza e gli dispensa preziosi consigli, in queste tre settimane Sam matura una grande esperienza, ed inizia a sviluppare il suo stile che diventerà negli anni inconfondibile, capace di fondere uno spiccato senso della melodia ad un fraseggio carico di swing.

Terminata nei primi mesi del 1949 l'esperienza con l'orchestra di Tommy Dorsey, Sam si tuffa con entusiasmo ad un approfondito studio del bebop, in particolare attraverso l'ascolto e l'analisi dello stile dei suoi musicisti preferiti: Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Lee Konitz e Lennie Tristano; fino ad allora si era dedicato principalmente al clarinetto e al saxofono tenore, ma è proprio in questo momento di studio intenso, all'inizio degli anni ‘50, che scopre attraverso il flauto il modo di suonare che andava cercando.

Inoltre, l'affermarsi definitivo del bebop porta all' abbandono dell'uso del clarinetto da parte dei musicisti di jazz, e Sam si convince quindi di specializzarsi al flauto.

All'inizio degli anni ‘50 inizia a collaborare con le orchestre di Boyd Raeburn e Don Redman, mentre il 1951 segna l'inizio della sua attività discografica: l'album è "Bebop Revisited", edito dalla Xanadu, in cui Most è a capo di un all-star band di sette elementi, tra cui spiccano il trombettista Doug Mettome, il trombonista Urbie Green ed il pianista Bob Dorough. In questa incisione Sam esegue cinque brani al flauto e due al clarinetto, tra cui va segnalato "Notes To You", omaggio personale al grande Benny Goodman.

In questi anni la sua fama di flautista comincia a crescere, e la sua attività discografica è piuttosto produttiva: incide infatti per le etichette Debut, Prestige, Vanguard, Xanadu, Bethlehem, affrontando con il flauto il repertorio degli standards bebop, e includendo in ogni disco almeno un paio di brani al clarinetto.

Nel 1957 entra a far parte dell'orchestra di Teddy Wilson, e l'anno successivo in quella di Teddy Charles. Tra il 1959 ed il 1961 collabora inoltre con l'orchestra di Buddy Rich; al termine di questa collaborazione decide di trasferirsi a Los Angeles, sulla West Coast americana.

Nella capitale della California, Sam diventa principalmente un musicista da studio, e per diversi anni riduce sensibilmente l'attività concertistica, limitandosi per lo più ad esibirsi in piccole formazioni nei locali di Los Angeles; il ruolo di sideman negli studi della città lo vedono impegnato al flauto così come al clarinetto ed al saxofono tenore.

Tra gli incontri più significativi del periodo va ricordato quello con il grande vibrafonista Red Norvo, del cui gruppo Sam farà parte stabilmente per sei anni, dal 1963 al '69. Tra la fine degli anni ‘60 e l'inizio degli anni '70 inizia inoltre a collaborare stabilmente con il batterista Louie Bellson (all'anagrafe Luigi Paulino Alfredo Francesco Antonio Balassoni), molto conosciuto in America per aver suonato nelle orchestre di Buddy Rich, Count Basie, Woody Herman e Duke Ellington, che lo aveva addirittura definito "il batterista più bravo del mondo".

Nel 1974 pubblica il suo primo lavoro didattico, "Jazz Flute Conceptions", al quale farà seguito, sei anni più tardi, nel 1980, il più completo "Metamorphosis - Transformation of the Jazz Solo".

Nel 1976 riprende la propria attività discografica grazie all'etichetta Xanadu, che pubblica quattro album in tre anni: "Mostly Flute", "Flute Flight", "From the Attic of My Mind" e "Flute Talk", quest'ultimo registrato con un'altra figura di spicco del flauto jazz, Joe Farrell.

Questi quattro dischi, che ripropongono Most come leader (cosa che non accadeva addirittura dal 1959, con l'album "The Amazing Mr. Sam Most"), segnano la definitiva consacrazione del flautista, fino ad allora molto conosciuto negli ambienti musicali, ma relativamente poco noto al grande pubblico. In queste registrazioni il suo linguaggio al flauto esprime chiaramente la completa maturità del musicista, che negli anni è riuscito a sviluppare un proprio stile originale caratterizzato da un fraseggio carico di energia, che si fonde ad un senso melodico fuori dal comune.

A partire dagli anni '80 e fino alla sua morte, avvenuta il 13 Giugno del 2013, Sam Most compie tournées in tutto il mondo (America, Europa, Asia), in svariate situazioni musicali: gruppi a suo nome, in collaborazione con altre figure di spicco del jazz (tra cui il grande vibrafonista Terry Gibbs), e in big band americane, tra cui quella del fratello Abe. Fonda inoltre il "Great Jazz Quartet" con Hank Jones, Ray Brown e Alan Dawson; con questo gruppo girerà il mondo in numerose tournées ed inciderà tra l'altro un pregevole disco live registrato in Giappone. In questi anni riscopre inoltre un talento che fino ad allora aveva per lo meno sottovalutato: la sua incredibile abilità nello scat. Nelle sue esibizioni pubbliche è quindi sempre presente qualche brano in cui si scatena in folgoranti improvvisazioni vocali, che entusiasmano e sorprendono il pubblico.


Sam Most e Joe Farrell

Dal punto di vista della visibilità, Sam Most probabilmente non ebbe all'epoca la stessa fortuna di altri colleghi flautisti. Ciò che non è in dubbio, però, è la sua importanza dal punto di vista strettamente musicale, la stima e l'ammirazione dei colleghi stessi, e l'influenza che esercitò su di essi. Possiamo citare, ad esempio, ciò che disse in numerose interviste Herbie Mann: "Quando decisi di acquisire un linguaggio bebop con il flauto, andai a casa ed ascoltai per cinquanta volte di fila il brano "Undercurrent Blues", suonato da Sam Most", o quello che rivelò, negli anni '70, Hubert Laws: "L'episodio che influenzò maggiormente il mio modo di suonare fu l'ascolto dei dischi di Sam Most. Egli è sempre stato la mia principale fonte di ispirazione.".

Fin dalle sue prime incisioni di inizio anni ‘50, Most mette subito in mostra il suo caratteristico stile: innanzitutto un suono che volutamente è soffiato, sporco, in contrapposizione alla chiarezza ed alla pulizia di quello di Frank Wess, che in quegli anni era senza dubbio il flautista più famoso e quindi il modello da imitare per la maggior parte dei flautisti.
Questa scelta è sintomo di grande personalità, e va ad aggiungersi alle altre peculiarità che lo resero subito un caposcuola: una tecnica invidiabile, che potremmo definire da flautista classico, nettamente superiore rispetto a quella dei colleghi del tempo e che gli consentiva di muoversi con agilità e precisione su tutte le tre ottave del flauto; l'uso quasi esclusivo dello staccato nel fraseggio, che è carico di swing; uno straordinario senso melodico, segno di grandissimo talento musicale.

La caratteristica che più di ogni altra lo rese famoso tra i colleghi e lo fece conoscere al pubblico fu comunque quella di utilizzare, durante gli assoli, lo stile detto "humming", che noi traduciamo "suono parlato": si tratta di una particolare tecnica che consiste nel soffiare e cantare contemporaneamente nello strumento.

Questo modo di suonare nacque in realtà in maniera molto curiosa, e fu lo stesso Most a spiegare come: intorno ai vent'anni abitava in condominio con i genitori, e gli orari in cui poteva suonare erano molto limitati. Così, per avere a disposizione più tempo da dedicare allo studio della musica, si chiudeva nell'armadio a muro e cercava di suonare a bassissimo volume; dopo qualche tempo, si accorse che per evitare di far rumore aveva praticamente smesso di soffiare aria nel flauto e produrre suono, ma aveva preso l'abitudine di cantarci dentro.

Provò poi ad utilizzare questa tecnica in pubblico, e vide che piacque molto: divenne un suo particolarissimo segno di riconoscimento. L'humming, o suono parlato, si diffuse ben presto tra tutti i flautisti; questa tecnica venne portata ai suoi estremi negli anni ‘60 da Roland Kirk, che modificò il suono dello strumento aggiungendo al normale soffio nell'imboccatura grida, bisbigli, mormorii, soffi, arrivando talvolta a contrappuntare la linea melodica. Negli anni successivi quasi tutti i flautisti fecero uso dell'humming, sviluppandolo in maniera personale e rendendolo caratteristica fondamentale del proprio stile; tra questi vanno ricordati Jeremy Steig, tra i primi ad abbracciare il genere del rock con il flauto, e James Newton.

Dal punto di vista flautistico l'importanza di Sam Most è dunque di notevole dimensione: la paternità della tecnica dell'humming basterebbe da sola per renderlo storicamente uno dei flautisti più importanti, probabilmente il più importante a livello innovativo.

Altro particolare forse sconosciuto ai più, Sam Most fu uno dei primi flautisti non classici a registrare con una orchestra d'archi: seguendo l'esempio tracciato da Charlie Parker qualche anno prima, Most incise un pregevole album nel 1957, "Sam Most with Strings". I brani inclusi nel disco erano tutti celebri standards: "Softly in a Morning Sunrise", "Alone Together", "Lover Man", "When Your Lover Has Gone", "It Might as Well Be Spring" e "You Stepped Out of a Dream"; la direzione e l'arrangiamento orchestrale erano ad opera di Teddy Charles, mentre la sezione ritmica jazz comprendeva Hall Overton al pianoforte e Jimmy Rainey alla chitarra, Addison Farmer al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria.

Nel corso della sua lunga carriera Most ha collaborato con innumerevoli figure di spicco del jazz, in svariate formazioni che spaziano dal duo alla big band; ha suonato con alcuni tra i più grandi musicisti del jazz americano come Lester Young, Stan Getz, Art Blakey, Gerry Mulligan, Philly Joe Jones, Hank Jones, Ray Brown.

Vanno segnalate inoltre le sue due apparizioni in Italia. La prima tenutasi al festival Jazz di Verona nel giugno del 2000, come guest star del quartetto del flautista italiano Stefano Benini, con cui Most registrò inoltre lo splendido album "Flute Madness" (Splasch Records). La seconda, nel Febbraio del 2012, quando sempre su invito di Stefano Benini, Most si esibì in concerto e tenne due giorni di masterclass presso la scuola LAMS di Verona, incontri cui parteciparono numerosi flautisti provenienti da ogni parte d'Italia.


Sam MOST con Michele Gori, Domenico Guastafierro, Stefano Benini, Carlo Nicita, Verona 2012

Segnalo inoltre il documentario prodotto nel 2001 da Edmond Goff, "Sam Most, Jazz Flutist", di grande interesse e disponibile interamente su Youtube:

DISCOGRAFIA Come Leader:
• Undercurrent Blues (1952)
• Sam Most - Introducing a New Star (1952)
• Bebop Revisited vol. 3 (1954)
• I'm Nuts about the Most...Sam, that is! (1954)
• The Mann with the Most Herbie Mann - Sam Most Quintet (1955)
• Sam Most Sextet 12 (1955)
• Musically Yours (1956)
• Doubles in Jazz, The Sam Most Sextet (1957)
• The Amazing Sam Most (1957)
• Sam Most Plays Bird Bud Monk & Miles (1957)
• Sam Most Quartet Plus Two (1958)
• Jungle Fantasy/Plop Plop Boom (1970)
• Mostly Flute (1976)
• Flute Flight (1977)
• But Beautiful (1978)
• Flute Talk with Joe Farrell (1979)
• From The Attic Of My Mind (1980)
• Any Time Any Season (1987)
• Simply Flute (2008)
• Solo Flute (2009)
• Organic Flute (2010)
• A Time for Love - Most, Alcivar (2012)

Testi didattici:
1974 - " Jazz Flute Conceptions " - Alfred Publishing
1980 - " Metamorphosis - Transformtion of the Jazz Solo " - PMP

Bibliografia
- Stefano Benini, " Il Flauto Jazz " - Curci
- Articoli di Stefano Benini su " Falaut ", trimestrale flautistico italiano







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Data pubblicazione: 11/02/2014

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