Il jazz è americano, ma la musica non ha patria. E il jazz è musica. Noi suoniamo un tipo di jazz che è in stretti rapporti con la cultura europea, ma è sempre jazz. Perchè il jazz ha regole espressive da cui non si può derogare". (Django Reinhardt)
Nel corso degli anni trenta il leggendario chitarrista Django Reinhardt
apportò un fondamentale contributo espressivo allo sviluppo della musica in generale e, in particolare del jazz, fondendo le caratteristiche tipiche di questo genere con la cultura musicale dei nomadi manouche.
Marco Parodi e Les Swing Manouche ripropongono le sonorità metalliche e sensuali della chitarra manouche. Le frasi del solista torinese sono energicamente sorrette dalle chitarre di
Alessandro Clerici e di Christophe Romeo Berthomme Kerleau e dalle vigorose pulsazioni del contrabbasso di Riccardo Vigorè.
Ma il jazz tzigano proposto dal quartetto non è una pura e semplice riproduzione. L'originalità compositiva della maggior parte dei quindici brani presenti nel lavoro, unita ad una interpretazione personale anche dei classici del repertorio di Django (Swing'39, Anouman), conferiscono piena autonomia al lavoro del gruppo.
Elegante la versione del classico di Trenet Douce France, ben interpretato dalla voce di
Lil Darling.
Ma l'humus francese permea anche Glaphopu e Minuit (a firma di Parodi). Così come lo si respira in Valse pour maman, che mette in risalto le doti tecniche di Parodi e dimostra come questi sia un ottimo conoscitore delle dissonanze stilistiche dell'artista zingaro.
L'abilità di
Vigorè si palesa maggiormente in Hyppopotamus walk, lì dove conduce egregiamente da solista.
Una suonata che potrebbe essere cara a Paolo Conte è Annamaria, l'unico brano composto da
Kerleau.
Dalle tinte calde bakeriane il "reverie" per Django, con il filicorno di
Marco Ferrara che ben si alterna ai fraseggi chitarristici di Parodi, sempre degni di nota.
Considerevole l'apporto di Alessandro Clerici che produce accordi sincopi sempre opportuni. Raddoppia la chitarra del leader dando consistenza ed al contempo agilità ritmica.
Parodi declina una serie di note e sembra non staccarsi mai dalla tastiera, anche quando esegue il brano che chiosa l'album. Il più classico degli esercizi per chi si approccia alla chitarra, così, diventa una cascata ininterrotta di espressioni stilistiche. Pensare che è "solo" Jingle Bells.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia