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Michael Brecker al Blue Note
Blue Note Milano, 25/07/2004
di Claudia Federica Bernath

Più vado avanti nella vita, più mi rendo conto che la sincerità paga sempre; quindi, anche in questo frangente vi racconterò come è andata.

Fisso un appuntamento al Blue Note con la PR del locale per le ore 19:30, orario che coincide con la pausa tra il primo ed il secondo concerto della giornata di domenica 25 luglio 2004 di Michael Brecker, il quale, mi viene detto, potrebbe, forse, accettare di rilasciare una breve intervista prima dell'inizio del secondo set.

Verso le 20:00, vedo proprio lui, in carne ed ossa, nella sala al momento totalmente vuota, che tra una manciata di minuti accoglierà decine e decine di estimatori del "più autorevole sax tenore degli ultimi 25 anni", come viene definito dalla prestigiosa rivista "Jazziz".

Michael è sul palco e sta suonando in cuffia l'ewi, quel suo strano strumento che gli sentii suonare alcuni anni fa durante un concerto a Milano, una sorta di "vocal synthetizer" a fiato modificato dal quale scaturiscono magicamente dal groove di una batteria, alle primitive note del didgeridoo australiano, per arrivare ai toni delle voci umane. All'istante si accorge della nostra presenza (al mio fianco, come sempre, Alberto Gottardelli, fotografo nonché armonicista jazz). Malgrado ci chieda inizialmente di attenderlo per dieci minuti, ci raggiunge dopo pochi secondi.

Personaggio di indubbio carisma, Michael Brecker: la sua timidezza lo fa apparire estremamente schivo, tanto che, inizialmente, sembra stenti a rispondere alle mie domande.

Gli occhiali dalla leggera montatura dietro i quali gli intensi occhi neri ti osservano come per capire se possa fidarsi ed aprirsi con te, il suo stare seduto dritto e composto sullo sgabello della vuota balconata del Blue Note, zona da lui scelta per di incontrarci brevemente, tutto ciò lo rendono ai miei occhi capace insegnante ed al tempo stesso attento studente.

Parliamo ovviamente della sua musica e da dove potrebbe partire un giovane oggi per apprenderla. Dopo varie ipotesi, ride forse un poco imbarazzato affermando con un velo di inaspettata umiltà:
«Non saprei, davvero, non ne ho davvero idea...». Ha prodotto così tanta musica che effettivamente può risultare difficile approcciarla secondo un percorso in particolare. Molta della sua musica si è sviluppata in quel di New York, città un tempo ritenuta importante per la crescita di un musicista ma non più oggi così come Brecker ci dice «...non l'ho mai realmente pensato, personalmente mi piace molto New York e, certo, in questa città vivono numerosi jazzisti davvero fantastici, ma oramai per essere un musicista di jazz non devi per forza abitare a New York, puoi vivere dovunque.».

Una volta sbarcati a New York, molti si scontrano col music business, altro elemento predominante che spesso abusa di certi talenti, come lo stesso Brecker è stato, pertanto non è sempre facile riuscire a mantenere un proprio ruolo predominante rispetto alla macchina da business delle major. Brecker, nonostante tutto, sostiene di esserci sempre riuscito: «Circa il music business, credo che sia molto difficile generalizzare e che sia un errore farlo. Penso che ciò "suoni" molto bene per la stampa, ma che sia inutile parlarne perché è un argomento troppo ampio. Ma credo che il jazz sia un'importante forma d'arte capace di catturare un'immensa spontaneità. E questa, per un uomo, è un'esperienza davvero grande. E non mi interessa nulla delle case discografiche...»

L'influenza che la musica di Brecker ha impresso nell'evoluzione del jazz anche attraverso la fusion è notevole, ma sarebbe interessante comprendere quali direzioni potrà prendere il jazz proprio in rapporto all'evoluzione della musica di Brecker stesso: «...se penso al jazz è molto difficile, davvero non ne ho idea. So quale sarà la mia direzione ma preferisco non parlarne (ride divertito). Ho come trovato una strada che stavo cercando ed ora i tempi sono maturi per percorrerla e sono molto più interessato al mio piccolo mondo...è molto difficile sapere quale strada prenderà il jazz. Quello che posso dire è che ho sentito musicisti davvero fenomenali, giovani musicisti che mettono una grande energia nella loro musica, musicisti con una grande creatività ed altri con abilità tecniche incredibili. Quindi penso che lo stato di salute della musica sia ottimo, forse non a livello commerciale, ma certamente a livello artistico continua ad esserlo.»

L'approccio che mostra Brecker nella musica si rivela sempre più totale, sempre più distaccato dai mille contorni esistenti, spesso inquinati da altri interessi. Brecker sembra che oramai viva la musica in modo totale, come una missione scindendo l'aspetto "lavoro" da quello artistico: «...per me la musica è sempre stata una missione e continua ad esserlo. Non l'ho mai vista come una professione, sono sempre eccitato dalla musica, dall'apprendere nuove cose. Mi diverto a scrivere musica, a registrare ed a suonare con altri musicisti. Diciamo che relativamente alle tournèe lo spostamento diventa un lavoro, il puro viaggiare da un posto all'altro, ma certamente non il fare musica! Sono davvero contento di avere la possibilità di fare della musica la mia vita!».

Fra tutti i suoi innumerevoli viaggi mostra di apprezzare particolarmente l'Italia e i musicisti italiani: «...ce ne sono tanti e per qualche verso il jazz e l'Italia vanno molto bene insieme; ci sono musicisti italiani incredibili sia in Italia che negli Stati Uniti! Sai, gli italiani hanno un cuore ed una abilità istintiva così grandi che ogni volta resto impressionato da ciò che sento qui!»

Al termine della chiaccherata concessami, ringrazio Michael ed inaspettatamente egli mi sorride ed accenna un abbraccio amichevole quasi sapesse di non essere un personaggio facile da avvicinare. E con mio grande piacere in questo gesto la sua iniziale diffidenza e chiusura sono solamente un ricordo lontano!

Lo spettacolo ormai sta per cominciare e...c'era da aspettarselo: proprio per lui, il sassofonista tenore Michael Brecker, questa sera il Blue Note registra un'affluenza di pubblico davvero sorprendente, tra appassionati di jazz di mezza età e musicisti vari.

Fai click qui per vedere tutte le foto dell'intervista e del concerto







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25/02/2008

Sarah Jane Morris al Blue Note di Milano: "Il suo timbro è caldo, corposo, a tratti graffiante, mai scontato, con capacità di scansione ritmica della melodia e delle parole da interprete di gran classe, sempre contestuale e mai inopportuna." (Ernesto Losavio)

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27/01/2008

Gonzalo Rubalcaba Quintet al Blue Note di Tokyo: "Rubalcaba rivela sempre una tecnica invidiabile ma, col trascorrere degli anni, è riuscito a staccarsi dalla tastiera, a selezionare meno note, il che giova all'equilibrio di ogni brano." (Giovanni Greto)

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26/05/2007

Intervista a Karrin Allyson: "...Sono sincera nel voler portare gioia e bellezza, divertimento e raccoglimento all'ascoltatore. Non si tratta di posare. Si tratta di raggiungere le persone. Ed è ciò che spero accada..." (Eva Simontacchi)

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Intervista a Billy Cobham: "...la musica è il linguaggio universale, ma una cosa è crederlo e un'altra cercare di dimostrarlo ... Questo è il mio compito della vita di ogni giorno, di confermare e far comprendere ogni volta questo concetto, e anche come viverlo, praticarlo per potermi sentire ogni giorno una persona migliore..." (Mario Livraghi)

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Gli SwingMatics al Blue Note: "...un organico insolito che nell'eccezionalità della sua struttura ha creato un fenomeno consueto nella musica jazz: l'originalità e l'importanza della timbrica come ricerca di qualcosa di diverso..." (Mario Livraghi)

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19/12/2004

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15/11/2003

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13/11/2003

Dianne Reeves: "Ha un approccio recitativo al canto, ed esprime con molto vigore ed energia i sentimenti e le sensazioni che i testi le suggeriscono. Osservandola cantare, ho pensato: Una vera Signora del Jazz". (Eva Simontacchi)

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Written in the stars (Bill Charlap)

23/08/2003

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Data pubblicazione: 28/09/2004

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