Gal Costa
Blue Note di
Tokyo 20 - 24 settembre 2006.
di Giovanni Greto
courtesy by Blue Note - Tokyo
Gal Costa, Voce
Marcus Teixeira, Chitarra Acustica
Jose Canuto, Sax Alto e Soprano, Flauto
Adriano Giffoni, Contrabbasso
Jurim Moreira, Batteria
Era una decina d'anni che non ascoltavamo Gal Costa dal vivo. Fu
al teatro La Perla del Casinò del Lido Di Venezia. La cantante baiana diede
vita ad un buon recital antologico del suo repertorio e ci accolse sorridente nel
camerino. Al Blue Note
della capitale giapponese in 5 giorni Gal ha tenuto ben 10 concerti. La cosa funziona
così. Il locale apre alle 17:30. La gente, che di solito ha già prenotato i posti,
si accomoda tra un mare di tavolini rettangolari, collocati orizzontalmente e pressochè
attaccati l'uno all'altro, lasciando un piccolo percorso verticale, tra un blocco
e l'altro, attraverso il quale, sia al pubblico che al gruppo sul palco è concesso
di muoversi. Fino alle 19:00, c'è un gran via vai di camerieri e cameriere in divisa,
con la cuffietta vicino alla bocca, per comunicare tra loro o con la direzione che
si trova al pianterreno, mentre lo spazio adibito alla musica è stato ricavato sottoterra.
La gente mangia, beve, chiacchiera. A seconda dei giorni ci sono molti
impiegati che cercano di rilassarsi. Non necessariamente tutti sono competenti musicalmente.
Il giapponese è comunque una persona generalmente curiosa e apparentemente aperta
a nuove conoscenze. Alle 19:00 cessa la musica diffusa – di solito un banale
easy listening, quasi mai del buon jazz del ricco catalogo Blue Note
– le luci si abbassano e l'artista, annunciata da un altoparlante, è accompagnata
sul palco da uno del personale, vestito in completo scuro con cravatta. Il set inizia
e si conclude, quasi sempre senza sforare, intorno alle 20:15. Il pubblico, ordinato
e paziente, fa la fila alla cassa ed esce, sollecitato dagli altoparlanti, perchè
c'è giusto il tempo per fare pulizia. Alle 20:45 il locale riapre per il secondo
set che inizia alle 21:30. Chi vuole mangiare prima ha meno tempo e spesso si ferma
oltre la fine dello spettacolo. Personalmente abbiamo assistito al primo set di
giovedi 21,
iniziato alle 19:05.
La cantante attacca con
Voce e Eu, proponendo
un repertorio interamente votato alla bossanova. La scelta è determinata dal lancio
del CD "Live At Blue Note", registrato nel locale newyorkese lo scorso maggio.
Il disco è riproposto per intero, con qualche brano in più. Saranno 17, alla fine,
per un ascolto di 70 minuti. Molte sono canzoni plurinterpretate. A partire da
Desafinado, il celebre
hit che impose mondialmente il jazz samba tra la fine degli anni
'50 e l'inizio dei
'60, firmato da Jobim e nato dall'incontro
tra l'altosassofonista americano
Stan Getz e il chitarrista, cantante e compositore brasiliano Joao
Gilberto. E proprio Josè Canuto si ritaglia un preciso assolo al sax
contralto sulla falsariga di quello di
Getz nel disco originale. Delicato, ma presente, l'accompagnamento di
Jurim Moreira alla batteria, che riproduce nel tom grave il suono profondo
del surdo,
il maestoso tamburo brasiliano, essenziale in qualsiasi tipo di
batucada,
il trascinante fraseggio esclusivamente percussivo, originalmente itinerante all'aperto.
Ecco poi
Chega De Saudade, sempre di Jobim e primo
grande successo di Joao Gilberto, che risale agli anni
'50. Per l'occasione,
Moreira percuote i tamburi, utilizzando una bacchetta con la mano sinistra
ed una spazzola con la destra. E' una serata molto, molto soft. Gal opta
per brani assai lenti, tristi e malinconici –
Pra Machucar Meu Coracao,
Ave Maria No Morro,
ancora tratti dal repertorio di Gilberto. Uno swingante pedale di contrabbasso,
ad opera del veterano Adriano Giffoni, dà modo a Gal di presentare
il gruppo. Ci rimane da citare il chitarrista acustico Marcus Teixeira, che
non eseguirà mai un assolo, ma accompagnerà in duo la cantante in
Coisa Mais Linda, un successo,
anche questo molto lento, di Carlos Lyra, alla fine del quale entrano gli
altri membri del gruppo per indirizzarsi verso
As Time Goes By, l'indimenticabile
tema di Cole Porter, tratto dal film Casablanca.
C'è ancora tempo di ascoltare
Wave e
Samba Do Aviao, anche questi,
due brani presi dall'immenso songbook di Antonio Carlos Jobim;
Copacabana, del compositore
e interprete baiano Dorival Caymmi, una leggenda tuttora vivente della MPB
– la sigla indica la 'musica popular brasileira', la musica popolare brasiliana
– e finalmente Aquarela Do Brasil,
con pregevoli accentazioni all'unisono da parte dei musicisti, che è ormai diventato
quasi l'inno nazionale del Brasile e la cui esecuzione diventa spesso in un concerto
un modo gioioso per l'artista di congedarsi.
Non certo per l'insistenza
o il calore di un timido pubblico, Gal concede due bis, concepiti a tavolino
per far finire il set giusto alle 20:15:
A Felicidade, uno dei successi
di Vinicius de Moraes e Garota de Ipanema,
nella quale declama anche alcune strofe in inglese.
Alcune considerazioni. Gal Costa è apparsa fisicamente appesantita
– ha compiuto 61 anni – ma ha conservato il timbro giovane della voce, assieme all'apparente
facilità con cui spazia dalle tonalità alte a quelle basse. Il quartetto è decisamente
affidabile, suona in estrema rilassatezza e annovera elementi come Moreira
– assieme a Gal da 16 anni – richiestissimi come musicisti in studio ad accompagnare
una serie innumerevole di artisti. Per quanto concerne la condizione acustica, la
consideriamo accettabile. Quello che non va è la troppa quantità di personale, pronto
a censurare qualsiasi moto spontaneo del pubblico. Un esempio. A fine concerto un
addetto scortava Gal prendendola per mano come una ballerina, mentre un collega
teneva a bada qualsiasi tentativo di avvicinamento da parte degli ammiratori. Chi
scrive frequenta da quasi 20 anni il locale e questa volta ha riscontrato una severità,
un gusto per la repressione delle emozioni, francamente incomprensibile. Infine,
riteniamo, gli stessi artisti sembrano più spenti, scelgono un repertorio poco graffiante,
spesso commerciale e vengono in Giappone – per Gal è la sesta volta – in
gran parte per l'ipotizzabile generosa remunerazione economica.
Postilla. Chi va ad un concerto vorrebbe potersi liberare dagli atteggiamenti
guardinghi e difensivi che ogni giorno quotidianamente assumiamo per evitare di
soffrire o quanto meno per limitare la sofferenza. Uno spettacolo, qualunque esso
sia, deve farci provare sensazioni – gioia, tristezza, brividi, nodo alla gola con
annesso pianto liberatorio, etc. --. Sono tutte ben accette, piuttosto che un noioso
spazio temporale, durante il quale la mente vaga irrequieta, incapace di trovare
un equilibrio.
15/11/2009 | I Triad Vibration al Blue Note di Milano: "Una bellissima serata, il sound dei Triad Vibration è coinvolgente, energetico, ipnotico, riporta alle radici...si passa da contaminazioni jungle, tribali, funky, etniche a influenze world music, jazz, latin jazz, blues, e addirittura house." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 15/10/2006
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