McCoy Tyner Trio
Blue Note Milano - 3 aprile 2003
di Marco Losavio
Il locale, pur disponendo di una grossa capienza, si riempie nonostante fosse il terzo giorno di esibizione del McCoy Tyner
Trio. Indubbiamente McCoy Tyner attira molti estimatori del jazz ma più in particolare del pianismo che ha contraddistinto questo artista, non solo per aver affiancato il grande
John Coltrane ma anche perchè è riuscito a sviluppare una propria voce ben distinguibile.
Appena il trio inizia a suonare, infatti, si avverte subito un pianismo ricco, vocings molto densi, ricordano Tatum soprattutto nel modo in cui viene esposto il tema. In evidenza anche
Al Foster che mostra un costante gioioso sorriso che manterrà durante tutta la serata. Un particolare effetto lo ottiene impugnando la bacchetta sinistra nel mezzo e percuotendo i bordi del rullante con le due estremità aumentando così la frequenza di battiti che, inutile dirlo, si incastrano con quanto fa sui piatti con la mano destra.
Il momento più bello in assoluto del concerto, a mio parere, è stato
Moment's Notice
eseguito con ritmo molto sostenuto ma in modo pulitissimo armonicamente e ritmicamente. Dopo il tema McCoy Tyner rimane solo e sempre con lo stesso ritmo esegue una riarmonizzazione del tema e va...va proprio dove la sua musica lo porta, e c'è da fidarsi...finchè con un pedale di
Eb richiama il gruppo per eseguire degli ottimi four. Davvero esaltante.
Si prosegue con qualche ballad e pezzi prettamente modali, molto improvvisati, con molta percussività tipicamente africana. In particolare, si è messo in evidenza il giovane talentuoso Charnett Moffett che esegue per un paio di volte dei soli di
notevole fattura tecnica. In una circostanza è stato virtuosissimo. Molto chiaro nelle note pizzicate, riesce ad alternare, con velocità molto elevata, l'indice e l'anulare della mano destra usando il contrabbasso quasi fosse un violino producendo frasi su frasi in sedicesimi lungo tutta la tastiera. Con la mano destra, inoltre, percuote le corde ottenendo un effetto di "rimbalzo" che gli consente un'ulteriore tono più secco delle note. Al termine, un boato sottolinea il gradimento del pubblico. Tocca ora ad
Al Foster che per non essere da meno sfoggia una serie di poliritmie sempre più complesse fino a richiamare il trio come solo un leader può fare e l'appuntamento con la ripresa del brano è pienamente rispettato. Al Foster è indubbiamente un grande batterista, in questo concerto è sembrato un po' troppo presente ma bisogna considerare il suo spessore artistico pertanto va dato anche merito a Tyner il quale gli ha offerto molti spazi.
In un brano dal sapore spagnoleggiante, Charnett Moffett si produce in un altro solo ma questa volta con l'arco. Anche in questo
caso, oltre ad utilizzare l'arco in modo canonico, percuote le corde aumentando così la velocità esecutiva. Un virtuosismo forse esasperato però bisogna riconoscere un gusto molto apprezzabile nelle frasi ascoltate.
Ad un certo punto McCoy Tyner rimane solo in scena e in modo funambolico esegue alcune progressioni fino a richiamare
Giants Steps. Devo dire che ha padroneggiato l'intera esecuzione entrando ed uscendo dal brano con estrema naturalezza, senza mostrare sforzo.
Al Foster, nascosto dietro un muro lo ha seguito mostrando ancora il suo sorriso compiacente di quanto stava ascoltando. Un altro momento molto delicato è stato nel bis quando Tyner, nuovamente solo, ha suonato
In Your Own Sweet Way.
In conclusione non si può non rimanere soddisfatti di quanto visto ed ascoltato.
Charnett Moffett si è difeso molto bene e ha iniettato un'energia e una freschezza che i due "veterani" hanno supportato se non addirittura "sfruttato", nel senso che spesso, sulla solida base offerta da Moffett, sia Tyner che Foster hanno più volte provato incastri ritmici e armonici rientrando sempre
nei brani come orologi. Il pianismo di Tyner potrebbe definirsi tumultuoso nel modo in cui spesso affronta le strutture armoniche ma traspare sempre una grande sensibilità supportata da ineccepibile tecnica. Il risultato finale è una creatività posta al servizio della sua musica libera di prendere le direzioni che al momento risultano più congeniali. Riporto di seguito una frase di Tyner stesso, che credo rispecchi l'approccio che si è notato in questo concerto:
"Per me vita e musica sono la stessa cosa. E scopro sempre di più della musica imparando su di me, sulle persone e le cose che mi circondano. Suono ciò che vivo. E così, come non posso predire le esperienze che sto per avere, nella stessa maniera non posso predire le direzioni che prenderà la mia musica. Voglio solo scrivere e suonare il mio strumento come sento."
Che dire, è sempre un'emozione ed una bella esperienza vedere simili musicisti a cui la storia del jazz non può non offrire adeguato spazio.
Marco Losavio
15/11/2009 | I Triad Vibration al Blue Note di Milano: "Una bellissima serata, il sound dei Triad Vibration è coinvolgente, energetico, ipnotico, riporta alle radici...si passa da contaminazioni jungle, tribali, funky, etniche a influenze world music, jazz, latin jazz, blues, e addirittura house." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 20/04/2003
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