Ahmad Jamal Trio
Blue Note Milano, 26 gennaio 2007
di Rossella Del Grande
Foto: Daniela
Crevena
Una settima di tutto esaurito al
Blue Note milanese:
due concerti per sera per il trio di
Ahmad Jamal,
il grande pianista classe 1930 (Frederick Russel
Jones, alla nascita). Jamal è accompagnato da James Cammack (1956)
al contrabbasso e da Idris Muhammad (1939)
alla batteria, i suoi compagni abituali.
Sulle doti musicali di
Jamal
sono stati scritti fiumi di parole. Così come innumerevoli sono le manifestazioni
di apprezzamento e stima nei suoi confronti da parte di numerosissimi musicisti
che lo hanno conosciuto e studiato (Shirley Horn, Julian "Cannonball"
Adderley, Philly Joe Jones,
Keith
Jarrett, Miles Davis).
Jamal,
come molti altri giganti del pianoforte, inizia ad interessarsi alla musica in tenerissima
età. A tre anni si accorge che la musica "lo ha scelto". "Sarebbe stato impossibile
il contrario, a quell'età…" dice lo stesso
Jamal.
Aiutato e sostenuto dalla madre, resasi conto del suo grande talento, inizia prestissimo
lo studio del pianoforte classico, scoprendo contemporaneamente il linguaggio del
jazz. Attorno ai 20 anni è già il leader del proprio trio, formato da pianoforte,
contrabbasso e chitarra (The Three Strings), con Eddie Calhoun e
Ray Crawford. Incide i suoi primi dischi con questa formazione. Nella prima
fase della sua carriera,
Jamal
raggiunge tutti i traguardi più ambiti per un musicista, aprire un proprio locale,
avere la propria etichetta discografica, essere in vetta alle classifiche per mesi
e mesi con i propri dischi. Intorno al 1952
avviene la sua conversione all'Islam. Fritz Jones diventa
Ahmad Jamal.
Da questo momento le biografie di Jamal sono alquanto discordanti. Molte fra queste
biografie ci parlano di una sua costante attività jazzistica, altre invece ignorano
bellamente il periodo che segue la sua conversione, passando drasticamente a riparlarci
di Ahmad Jamal
negli anni '80 e lasciando sottintendere che
il periodo antecedente non sia stato particolarmente rilevante. Sta di fatto che
Jamal
nel 1956 forma un nuovo trio che resiste fino
al 1962, questa volta senza chitarra. Trio "classico"
con piano, basso e batteria, insieme a Israel Crosby e Walter Perkins.
Proprio di questo periodo è l'album "But not for me" (1958)
un disco che resterà al primo posto della classifica vendite per oltre tre mesi
(comprendente il brano Poinciana, che diverrà
la vera e propria "sigla" di
Jamal).
Seguono due albums live, Alhambra e All of You (1961),
con Israel Crosby e Vernel Fournier, registrati presso il club di
Jamal,
che però chiuderà poco dopo. Il trio si scioglie. Israel Crosby si unisce
alla formazione di George Shearing, ma un attacco cardiaco lo stronca.
Jamal
registra Macanudo (Argo, 1962), in collaborazione
con l'arrangiatore Richard Evans: un lavoro jazzistico insieme ad una orchestra
d'archi, realizzato ispirandosi al Sud America. Intorno al
1967-68
Jamal
torna in vetta alle classifiche con Standard Eyes e Cry Young. Sappiamo
che intorno agli anni '70
Jamal
si cimenta anche con il pianoforte elettrico (Fender Rhodes o il Wurlitzer 200)
e diviene uno degli esponenti dello "UK jazz funk" collaborando anche con
Isaac Hayes. Del 1971 infatti è la registrazione
live al festival di Montreux "Freeflight" e del
1972 "Outertimeinnerspace" (con Nasser e Gant).
In entrambi i dischi sperimenta il piano elettrico.
Negli anni successivi, la sua produzione musicale è costante: escono
Ahmad Jamal
'73 (sempre con Richard Evans), Jamaica
(1974), Jamal plays Jamal (1975),
Steppin' Out with a Dream (1976),
One (1979) e Intervals e Genetic
Walk entrambi del 1980. Con alcuni di questi
albums Jamal
conquista posti di rilevanza nelle classifiche R&B e pop. Verso la metà degli anni
'70 Nasser lascia il trio, venendo sostituito
da John Hurd e viene introdotto il chitarrista Charlie Keys. In
Night Song
Jamal suona con una formazione molto allargata. Forma un nuovo trio
con Sabu Adeyola al basso e Payton Crossley alla batteria. Nel
1980 registra con il vibrafonista Gary Burton.
Nel 1985 il batterista
Jack DeJohnette
gli dedica una composizione sul suo cd "Piano Album" (Ahmad The Terribile)
riportando il suo nome fra quelli maggiormente apprezzati sullo scenario jazzistico
mondiale.
Jamal
cambia casa discografica, passando alla Atlantic, sempre nel
1985. Successivamente, negli anni
'90, lavora con Telarc. Incide svariati
albums (Live at Joe Segal's Jazz Showcase, 1992)
e I Remember Duke, Hoagy and Strayhorn, 1994).
Nello stesso anno
Jamal riceve l'American Jazz Masters Award da parte del
National Endowment for the Arts. Il suo passaggio alla francese Birdology segna
una sua ulteriore rinascita creativa.
Nel corso della sua lunga carriera
Jamal
ha spesso variato il proprio modo di suonare: negli anni
'50 era caratterizzato da un pianismo piuttosto
lieve. Negli anni '70 attraversa una fase funk,
sudamericana e caraibica. Negli anni '90 ci
propone invece uno stile maggiormente virtuosistico. Restano comunque sue caratteristiche
inconfondibili il grande utilizzo delle dinamiche, i suoi tipici "crescendo" e la
sonorità dei suoi accordi staccati. Vanno ricordati i cd The Essence of
Ahmad Jamal,
Pt. 1 (con Gorge Coleman al sax tenore), The Essence Pt. 2 del
1997, The Essence Pt. 3 del
1998, fino al 70th Birthday Concert,
del 2000. Nel 2003
viene pubblicato In Search Of Momentum, con James Cammack e Idris
Muhammad, bene accolto dalla critica, a cui segue il suo primo DVD, Live in
Baalbeck.
Ahmad Jamal
oggi ha 76 anni ed energia da vendere. Eccolo insieme a Cammack e Muhammad
sul palco del
Blue Note. Gli strumenti sono disposti "alla Oscar Peterson",
con il piano sulla destra, in posizione tale da volgere le spalle a batteria e contrabbasso.
La musica inizia fulmineamente, senza nemmeno un attimo per raccogliere
le idee. E' chiaro che non ve ne è bisogno.
Jamal
inizia a suonare con accordi molto forti a sostegno di un tema dal sapore velatamente
bluesy. Dopo una brevissima parentesi, ecco che risuonano di nuovo quei suoi accordi
fortissimi. Ci fa capire subito qual è la sua attuale peculiarità. Giocare con le
dinamiche. Passando da pp a ff in una battuta, in una struttura interpretativa
che di certo nella sua mente gli è più chiara di uno spartito, vista la sua rapidità
nel variare tocco, intenzione, e, conseguentemente, volume, e vista anche la totale
sicurezza di ogni suo gesto. Tiene il tempo con entrambi i piedi, battendoli alternativamente,
quando il gruppo lo accompagna in "quattro".
Quando
decide di voler suonare in "due", fa segno al bassista con le dita. Per tornare
in "quattro", lancia un altro messaggio, sempre nel medesimo modo.
Da
subito ci rendiamo conto della sua impressionante padronanza del pianoforte. Usa
il proprio strumento al cento per cento, in tutta la sua estensione ed ogni possibilità
che un pianoforte può offrire da
Jamal
viene valorizzata.
Il batterista, Idris Muhammad, si prende un piccolo spazio per
un assolo. Idris, che è di nove anni più giovane rispetto a
Jamal,
appare però molto più stanco del leader del gruppo. Durante l'assolo di batteria
Jamal
si alza, si allontana dal pianoforte, si pone sul lato sinistro del palco e vi resta
finchè l'assolo volge al termine. Torna al proprio posto e riprende a suonare prima
ancora di essersi nuovamente seduto al piano. Le idee che sfodera sono infinite.
Dai fraseggi delicati e velocissimi, agli accordi percussivi e di fortissima intensità.
Suona anche stando in piedi, trascinato dall'ispirazione del momento. Si alza di
nuovo. Guarda il pubblico. Riprende a suonare con impeto, suona con tutto il corpo.
Con movimenti del capo, del busto, dei piedi.
Jamal
attacca Stolen Moments, in quel modo che ci
è familiare. Anche qui introduce poi accordi molto forti. Con uno di questi accordi,
secco ed inequivocabile, lascia il posto all'assolo del contrabbasso. Si alza nuovamente.
Al termine del solo presenta al pubblico il contrabbassista, James Cammack,
ed il pubblico applaude con entusiasmo. Segue il solo di pianoforte, sempre fra
pianissimo e fortissimo. Raddoppia il tempo. Sul finale esegue una sequenza di accordi
molto forti, a pedale abbassato, giocando di proposito sulla risonanza. Il finale
è concertistico. Una serie di accordi rapidissimi a due mani e l'ultimo staccato,
con le due mani agli estremi opposti della tastiera. Sorride, soddisfatto della
propria abilità.
Passa da un brano all'altro, eseguendo prevalentemente standards, talvolta
rivisitati e non facilmente riconoscibili. Non ha necessità di pensare. Fra la fine
di un pezzo ed il successivo c'è lo spazio di meno di un secondo. All'interno dei
brani si colgono frammenti di tema, ma in mezzo a miriadi di altre idee e variazioni
continue.
Di
tanto in tanto, il pianista si volta a guardare il resto del gruppo.
Jamal
abitualmente non prepara la scaletta dei brani da eseguire durante i concerti in
trio. Decide al momento, come ha affermato durante un altro concerto di questa serie
al Blue Note,
quando appunto Nick the Nightfly gli ha rivolto qualche domanda su questa
sua peculiarità. "Decido io al momento e gli altri mi seguono", questa è
stata la sua risposta.
Il
concerto prosegue.
Jamal sciorina nuovamente le dinamiche mostrate nei brani precedenti,
chiama l'accompagnamento in due o in quattro, esegue delle variazioni anche sulle
note più gravi, si sente anche la sua voce, di tanto in tanto, a sottolineare il
suo coinvolgimento ed il suo compiacimento per le idee che man mano ci offre.
Segue un brano abbastanza insolito, dove suonano solo piano e contrabbasso.
Batteria muta. Accordi concertistici e contrabbasso suonato con l'archetto. Solo
verso la fine entra la batteria, suonata con le spazzole e molto lieve. Quasi invisibile.
E' la volta di un altro pezzo famosissimo, Lady
Bird, il cui tema appare e scompare, fra una quantità di idee che
Jamal
sfodera come se niente fosse. La batteria introduce il brano successivo, un pezzo
tratto dal repertorio gershwiniano ma quasi irriconoscibile.
Jamal
propone un ostinato al contrabbassista. Sul finale, ancora una volta dà disposizioni
precisissime ai compagni, in particolare al batterista, facendogli chiari segni
con le braccia, affinché il volume aumenti esattamente come da lui indicato: il
suo famoso "crescendo". E' un comando "visivo" quello che impartisce al suo batterista.
Ripete questa dinamica per tre volte, in chiusura del pezzo. Gran finale virtuosistico
ancora con accordi da concerto pianistico. Risultato perfetto. Ovazione da parte
del pubblico.
Con
il proseguire del concerto si ha la sensazione che la batteria sia sempre meno presente,
sebbene fin dall'inizio non si sia mai imposta in maniera particolarmente decisa.
Jamal
invece non cede. Ha una vitalità impressionante. Ora ci offre una ballad lieve,
approcciata sul registro acuto. Ma di nuovo ecco tornare quegli accordi forti sulle
note più gravi. Segue un brano nel quale
Jamal
architetta un incastro insolito, proponendo al gruppo i propri accordi staccati
intercalati dalle parti eseguite con la batteria. Improvvisa con scale esatonali.
Al termine appare visibilente divertito e soddisfatto per quello che è riuscito
a far fare ai compagni anche questa volta e con precisione matematica.
Il suo è un concetto di interplay differente rispetto all'interplay del
famoso trio di
Bill Evans con Scott Lafaro e Paul Motian (una situazione
nella quale i tre musicisti si trovavano sullo stesso piano, con le stesse opportunità
e gli stessi spazi a disposizione e dove ciascuno di essi poteva essere "leader",
all'interno di un brano, senza gerarchia alcuna). Nel trio di
Jamal
l'interplay appare prevalentemente sotto forma di un gioco di incastri "orizzontali",
piuttosto che come "un'invenzione a tre voci". Permettendosi un confronto, appare
più vicino al concetto di interplay jarrettiano che non a quello evansiano.
Uno dei brani ascoltati è stato, a parere di chi scrive, l'esemplificazione di questo
concetto.
Ciascuno
strumento suonava poco e quasi da solo, in una sequenza incalzante di frammenti
che, uno dopo l'altro, andavano a collocarsi con precisione all'interno dello schema
di gioco proposto da
Jamal,
permettendo in tal modo all'ascoltatore di percepire e finalmente di ammirare quell'immagine
sonora nella sua interezza.
Ahmad Jamal
è il leader indiscusso del proprio trio. Il suo stile sa essere nel contempo ricchissimo
o minimalista. Ha una padronanza totale dello strumento e si percepisce tanta musica
classica nel suo attuale modo di suonare. Ma vi è anche il blues. Un grandissimo
contrasto di mondi, di stili, di sonorità. Molto spesso
Jamal
conclude i brani con una sequenza di accordi virtuosistici da concerto pianistico
del periodo romantico. Questo rende il suo stile un po' più "antico" rispetto ai
pianisti contemporanei. Ma in compenso ci dimostra tutte le sue capacità e la sua
incredibile tecnica ed agilità, malgrado l'età non più giovanissima. Sia nell'esposizione
dei temi che nelle improvvisazioni,
Jamal
alterna, all'interno dello stesso brano, modi di suonare totalmente contrapposti,
senza soluzioni di continuità stilistiche. Ascoltiamo fraseggi delicatissimi seguiti
di colpo da accordi pieni e percussivi suonati sui toni medi o gravi, addirittura,
spesso, amplificando il tutto con il pedale tenuto abbassato, proprio per creare
una risonanza volutamente debordante.
Jamal
dà l'impressione di essere uno spirito irrequieto e pieno di risorse, un artista
che quasi "si annoia" a suonare più di due misure allo stesso modo.
Idris Muhammad, nella serata di venerdì, in particolare in questo secondo
set, è apparso quasi sofferente, sicuramente molto affaticato. E' probabile che
dieci concerti di fila siano stati un impegno piuttosto gravoso, fisicamente, per
un batterista quasi settantenne. Al termine del concerto, infatti, davanti alle
acclamazioni dei presenti,
Jamal
lo prende sotto braccio, affettuosamente, accompagnandolo di fronte al pubblico
osannante, ma il batterista non accenna nemmeno ad un minimo sorriso o ad un gesto
di ringraziamento, se non l'inchino di rito da parte di tutti e tre i musicisti.
L'espressione sul suo volto non cambia per tutta la serata. Lascia il palco camminando
lentamente, quasi trascinandosi, sempre sorretto da
Jamal.
Poi ricompare brevemente in sala dopo qualche minuto, insieme a James Cammack.
Una parte dei presenti si avvicina per chiedere qualche autografo e per complimentarsi.
In molti sperano anche di rivedere
Jamal,
ma il leader della formazione non riappare.
Ahmad Jamal,
in questo concerto dal vivo ha notevolmente impressionato. Ha il carisma del capogruppo.
Ha un suo modo di suonare che non assomiglia a nessuno.
E'
Ahmad Jamal. Con l'unicità dei grandi.
15/11/2009 | I Triad Vibration al Blue Note di Milano: "Una bellissima serata, il sound dei Triad Vibration è coinvolgente, energetico, ipnotico, riporta alle radici...si passa da contaminazioni jungle, tribali, funky, etniche a influenze world music, jazz, latin jazz, blues, e addirittura house." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 01/04/2007
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