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Dire di Ahamad Jamal è difficile. E' difficile
parlarne senza cadere nell'ovvio ed inciampare in cose già dette, trite e ritrite.
Di certo non si può tacere, però, che alla soglia delle ottanta primavere, Jamal
sia in forma splendida sia per tocco pianistico che per corpus compositivo.
Il suo stile acquista sempre maggiore incisività, fino a scavare nell'animo più
profondo a sollecitare le suggestioni più recondite.
Era tempo che il pianista di Pittsburgh non registrava fuori dalla Francia.
A Quite Time ha trovato vita a Brooklyn, presso lo studio Systems Two Recording,
sembra quasi alla ricerca di un suono differente, seppur Jamal mantiene inalterata
la struttura della band con gli oramai fidati compagni di viaggio: Manolo Badrena,
straordinario musicista dal policromo background che varia dai Weather Report a
Bill Evans,
passando per Rolling Stones e Talking Heads,
James
Cammack al contrabbasso ed il batterista Kenny Washington, alla
prima esperienza discografica con Jamal, che già da qualche tempo ha sostituito
il grande
Idris Muhammad nei live set. Un innesto importante nel corpo sonoro del
leggendario pianista, "Zenith del piano moderno", come titolano le note di
copertina a firma di Eugene Holley Jr. Ed è così, non si può dare torto al critico
musicale statunitense.
Jamal mette sul piatto nove composizioni originali più la bella Hi
Fly di Randy Weston e la sempiterna I Hear A Rapsody, a firma di Baker/Gasparre/Fragros
e registrata nel 1941 da Jimmy Dorsey.
I ritmi esotici accolgono già l'ascolto del brano introduttivo, Paris After Dark,
dalla struttura bifronte ed alternata. Jamal sa spiazzare l'ascoltatore, incenerendo
le sue aspettative in un fuoco di suoni differenti, di molteplici sfumature cromatiche.
The Love Is Lost è una ballad dalla trama armonica ricca. Emerge con prepotenza
l'uso del fraseggio tramite accordi e l'utilizzo del registro di mezzo con la sinistra
(Poetry). Sorprende e spiazza per le armonizzazioni libere ed i silenzi sospesi,
in apparente contrasto con tempo e ritmo (My Inspiration, After JALC).
La title track è forse la perfetta sintesi del percorso sonoro di Jamal, un tourbillon
di gamme timbriche rilucenti, fatto di una geniale punteggiatura latina, dell'eloquio
africano, verace, sentito, con passaggi nel classicismo contemporaneo, sempre all'interno
di una cubatura ritmica ben spessa.
Un album che conferma, ove ve ne fosse stato bisogno, la statura da "Gigante
che passeggia sulla terra" di Ahamad Jamal.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 21/02/2010
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