Dreyfus 2009
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Sylvain Luc
Standards
1. Berimbau
2. Puisque Vous Partez En Voyage
3. Stranger In Moscow
4. La Montagne
5. Shout
6. Calling You
7. Au Creux De Mon Epaule
8. Tous Les Cris Les S.O.S.
9. Sur Les Quais Du Vieux Paris
10. Le P'tit Bal Perdu
11. September
12. Laura
CD 2:
1. Girl Talk
2. I Can't Get Started
3. Que Reste t'il De Nos Amours ?
4. Andy
5. Autumn In New York
6. Le Poinçonneur Des Lilas
7. Dans Mon Île
8. Unforgettable
9. Satin Doll
10. The Lady Wants To Know
11. Yesterday
12. Giant Steps/Goodbye Marylou
Sylvain Luc - chitarre
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Distributed by
Egea Distribution
Un album in solitudine è la prova del fuoco. Un doppio è una prova catartica, un'odissea
con la quale ben pochi possono misurarsi senza farsi del male. Occorre aver maturato
molta esperienza, aver navigato nella Musica con il coraggio di un esploratore,
anche se a suonare sono standards celebri e, alcuni, apparentati dal tempo con il
jazz. Certo, il chitarrista di Bayonne non è nuovo ad avventure solipsistiche, anzi
sembra che il misurarsi con sé stesso, sia pratica a lui gradita (vedasi Ambre)
e dà libero campo alle sue scelte, al suo piacere musicale ad ampio spettro. Un
roster musicale transgenerazionale che attraversa il rock sinfonico (Yesterday dei
Beatles), la canzone d'autore francese "simil beat generation" di Serge Gainsbourg
(Le Poinçonneur Des Lilas) ed anche il pop "leggendario" di Michael Jackson,
con Stranger In Moscow, qui bagnata di melanconia e World Music; Calling
You, main title del film Bagdad Cafè che ha coinvolto più di un jazzista, qui
arricchita dal periodare frastagliato e circondato di dissonanze di Luc. L'universo
musicale del chitarrista francese abbraccia anche Coltrane (Giant Steps),
Duke Ellington (Satin Doll), Gershwin (I Can't Get Started), lasciando
inalterate suggestioni e flusso sonoro. Strizza l'occhio al "gemellaggio" con Birelì
Lagrene nella swingante Au Creux de mou Epaule di Chrystelle Gasne Cotelle.
L'abilità di Sylvain Luc non si discute ed in questo disco la si respira
a pieni polmoni. Il suo timbro, i suoi pirotecnici fraseggi affiancati a sfumature
cromatiche mutuate da ogni dove, rendono il lavoro interessante che, però, risulta
essere troppo addomesticato, a tratti scontato e prolisso, ammantandosi – forse
troppo - di estatica contemplazione.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 23/01/2010
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