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Jimmy Smith & Mark
Whitfield
Blue Note Milano - 21 maggio 2003
di Marco Losavio
Jimmy Smith è
un'icona della storia del jazz. Nato nel 1928 oggi, a 75 anni, viaggia in giro
per il mondo proponendo la sua immagine, la sua storia su quell'hammond che è
impresso in molti appassionati soprattutto se abbinato alla favolosa chitarra di
quello che è stato il suo più famoso partner: Wes Montgomery.
Jimmy Smith questa sera è accompagnato da Mark Whitfield, un
giovane talentuoso chitarrista che è cresciuto indubbiamente col suono di
Montgomery costantemente al suo fianco. Va però subito sottolineato che
Whitfield, durante i soli non ha fatto uso, se non molto saltuariamente, delle
ottave, e ha mostrato grande virtuosismo, ottima precisione, fraseggi moderni e
ritmicamente molto validi.
Il concerto inizia puntuale ed è presentato da un possente tour manager
di nome Miguel che introduce il quartetto di base capeggiato appunto da
Whitfield e completato dall'ottimo James Jackson alla batteria,
Jonathan Wood al basso e dal bravo sassofonista di New Orleans Herman
Riley.
Dopo un primo brano funky viene annunciato Jimmy Smith accolto
ovviamente da un grosso applauso. Purtroppo la sua andatura è molto lenta e fa
un po' fatica a raggiungere la psotazione dell'hammond B3 posizionato al centro
del palco. Senza scomporsi più di tanto eseguono
The Sermon,
lungo brano tra il soul e il blues che fornisce anche il titolo ad un album del
1958. Buona esecuzione di Smith e anche bel solo, ottimo anche il solo del
sassofonista e molto valido Withfield anche se si inizia ad intravedere quella
che sarà una leggera pecca dell'intero concerto: l'interplay tra Whitfield e Smith è
un po' carente, i due suonano quando è il loro momento e l'uno raramente segue le idee dell'altro.
E' anche vero, però, che Smith, seppure in modo quasi impercettibile, segue ogni
momento dei brani sottolineando e dirigento stacchi ritmici magari con leggeri
moviementi del capo.
Si va avanti a suon di blues fino a quando è la volta di una ballad sorprendentemente cantata dal batterista James Jackson il quale devo dire
ha mostrato di avere una bella voce. Si tratta di
Wish I do
che, sinceramente, non avevo mai ascoltato.
A questo punto Jimmy Smith sfodera un po' di simpatia annunciando che loro
vogliono divertirsi e che a loro piace ascoltare il rumore della sala mentre
suonano. Poi, a fronte di un riff accennato da Whitfield mentre Smith era
intento a presentare i musicisti, lo stesso coglie lo spunto per improvvisare un
rap molto accattivante subito seguito dal resto del gruppo. Il pubblico mostra
gradire questo fuori programma e Smith sottolinea ulteriormente come la base
della loro musica sia comunque l'improvvisazione.
Mark Whitfield viene lasciato solo con la sua rossa chitarra
Marchione. E' qui che
cattura ogni attenzione: l'appassionato, il fan della chitarra, colui che era lì
solo per ascoltare un po' di musica. Affronta tre brani miscelati tra cui va
sottolineata una splendida esecuzione di
Angel Eyes.
Davvero eccellente. Grande applauso per lui.
Oramai il set sta per volgere alla fine è c'è il tempo per far eseguire un
solo anche al batterista, che mostra una qualità non indifferente per poi introdurre il pezzo finale: un St.
Thomas che consente ad
ognuno di ripetersi in soli molto solari con i quali il pubblico viene salutato.
Purtroppo non c'è bis anche perchè Mr. Smith una volta rientrato in camerino non
può uscire nuovamente in modo agevole a causa della sua non felice
deambulazione.
Il
concerto
è durato poco, ma per fortuna il pubblico viene invitato ad assistere gratuitamente
al secondo set e questo giustifica meglio il prezzo un sinceramente
po' alto per un'ora di musica. Al termine, nonstante il mancato interplay
tra i due leader, si può comunque registrare una valida performance di
Whithfield e un brillante Riley il quale è dodato di un suono di gran classe.
Jimmy Smith non ha entusiasmato dal punto di vista tecnico anche se ha suonato
abbastanza bene eseguendo soli di gran gusto soprattutto con un elevato senso
ritmico. Al di là di questo, però, osservandolo scorrono nella mente immagini
purtroppo non vissute ma appartenenti alla storia; non si può non pensare a Wes
e a quanto hanno fatto insieme e nel stringergli la mano ho avvertito un brivido
lungo la schiena che ricorderò. Marco Losavio
Video Jimmy Smith & Mark
Whitfield T1 - ADSL - ISDN
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15/11/2009 | I Triad Vibration al Blue Note di Milano: "Una bellissima serata, il sound dei Triad Vibration è coinvolgente, energetico, ipnotico, riporta alle radici...si passa da contaminazioni jungle, tribali, funky, etniche a influenze world music, jazz, latin jazz, blues, e addirittura house." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 31/05/2003
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