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Aldo Gianolio
Il trombonista innamorato e altre storie
Robin edizioni 2019
Aldo Gianolio, noto giornalista musicale dalla pluriennale esperienza,
pubblica un nuovo libro, ampliando il precedente "A Duke Ellington non piaceva
Hitchcock" con 11 nuovi racconti, dedicati ai maestri del jazz, corredati da
singolari disegni sempre ad opera sua.
Lo scrittore emiliano immagina che l'autore dei ritratti sia un fantomatico critico
italo-americano, John Ferro, impegnato in una relazione, durante un convegno, in
cui deve illustrare le gesta e l'estetica dei grandi personaggi della musica afro-americana.
I protagonisti del testo, presi in esame in rigoroso ordine alfabetico, sono tratteggiati
come persone, con le loro pulsioni, i desideri, le debolezze piuttosto che descritti
o interpretati esclusivamente per l'estro artistico. Così scopriamo l'inclinazione
per il cibo, da assumersi in quantità smisurata, da parte di Cannonball Adderley,
la passione per la buona cucina italiana di Charlie Mingus, ad esempio, o
i gusti più semplici, il panino imbottito, bramato e divorato dalla creatura piovuta
da un lontano pianeta, il Saturnino Sun Ra. Sono parecchi, poi, i
jazzisti indicati come bevitori seriali, fra i quali Charlie Parker, stregato
dal bourbon di un locale canadese durante il celebre concerto alla Massey Hall o
il trombettista Bubber Miley caduto da una balconata per un gin di troppo.
C'è spazio, poi, per le prodezze erotiche ancora di Parker, capace di sfiancare
tre donne in una notte memorabile, o per Jelly Roll Morton, fra gli inventori
del jazz, "vero e proprio ossesso" sessualmente parlando.
Imprevedibilmente vengono fuori, inoltre, le fissazioni di bandleader di un certo
nome. Sia Fletcher Henderson che Cab Calloway, eroi dello swing, amavano
fanaticamente il baseball, in specie, tanto da costringere gli orchestrali ad impegnarsi
in incontri con altre big band, interrompendo i lunghi viaggi di trasferimento fra
una città e l'altra degli USA, per allestire campi improvvisati, indossare gli indumenti
da gioco e dar fondo a tutte le energie agonistiche per accondiscendere alle richieste
dei datori di lavoro. Count Basie e Dizzy Gillespie privilegiavano,
invece, il pugilato ed erano capaci di qualsiasi sacrificio pur di assistere a match
dei campioni della boxe, anche di ritardare la ripresa di un concerto per non perdere
gli scambi di colpi sul ring negli incontri trasmessi in diretta tv, prolungando,
eventualmente, l'intervallo fra un tempo e l'altro dell'esibizione. Insomma Gianolio
narra storie fantasiose, ricche di iperboli, allargando il raggio d'azione su aneddoti
che ha letto o sentito riferire in giro, trasformandoli in racconti più o meno lunghi,
oppure inventa possibili scenari, eventuali sviluppi, prendendo spunto dalla tipizzazione
di determinati personaggi, dai loro cliché, più o meno reali o verosimili. Lo stile
è discorsivo, alla stregua di uno che parla con gli amici al bar e cerca di renderli
edotti su questo o quel jazzista, cercando di divertirli e di sorprenderli con risvolti
in qualche modo curiosi o inediti davanti ad una tazzina di caffè fumante. La lingua
usata è molto diretta, piana, di taglio contemporaneo, ricca di modi di dire colloquiali,
a volte gergale, assolutamente anti-accademica.
Nel libro Gianolio, per buon peso, esprime tutta una serie di valutazioni sul
mondo del jazz nel suo complesso. Così viene fatto a fette Bill Olsen prototipo
del critico rampante, espertissimo sui nomi dell'attualità, che conosce molto superficialmente
e disprezza la tradizione. Ci sono, quindi, diverse occasioni per l'autore per puntare
il dito sulla discriminazione razziale nei confronti degli afro-americani, soprattutto
nel profondo sud, serviti male anche al ristorante poiché "neri" e sull'ignoranza
musicale dei cowboy, nuovi ricchi, che guardavano con superiorità gli uomini o le
donne di colore solo in virtù del loro conto in banca, dimostrando per il resto
grettezza e meschinità in dosi spropositate.
Fra gli altri capitoli si possono, però, estrapolare quelli sul cinema, in cui John
Ferro mette in bocca a Ellington una serie di considerazioni ben articolate e in
controtendenza sulla sopravvalutazione critica di Alfred Hitchcock, un semplice
maestro del brivido, da non osannare, cioè, come grandissimo regista a tutto tondo.
Allo stesso modo Coleman Hawkins esprime giudizi sentiti, dettati dal cuore,
su Charlie Chaplin, dopo essersi commosso vedendo "Luci della ribalta".
Quando decide di esporsi come critico, Gianolio non usa mezze misure. Così in poche
righe delinea la personalità e l'importanza di
Louis Armstrong
nella storia del jazz e la sua straordinaria capacità di trombettista, cosiccome
riserva poche pagine per ribadire la superiorità di Jay J. Johnson sui trombonisti
di ogni epoca o per illustrare la tecnica pianistica strabiliante di Art Tatum,
pur affetto da cecità.
Insomma nei 40 racconti si avvicendano analisi critiche, episodi condotti sul filo
dell'ironia, impagabile quello su Harry Sweets Edison, in particolare, o
velati di tristezza, come quello dedicato a Valaida Snow, misconosciuta cantante
e trombettista degli anni 40, distrutta dalle tremende esperienze vissute in un
campo di concentramento. Pur cambiando a volte registro espressivo o, forse, proprio
per quello, Gianolio riesce a guadagnarsi l'attenzione del lettore che non può fare
a meno di seguire il filo logico delle sue dissertazioni per arrivare velocemente
in fondo ai vari capitoli e in poco tempo, perciò, alla fine al libro. Non è una
qualità che possano vantare tanti scrittori….
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 27/12/2020
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