Intervista a Richard Galliano
29 agosto 2009
di Marco Buttafuoco
foto di Paola Romani
Richard
Galliano ha presentato a Colorno, pochi passi da Parma, il suo ultimo
disco. Si chiama Paris Concert ed è un solo
registrato dal vivo al Teatro Chatelet. L' instabilità del clima di fine agosto
ha costretto (per fortuna dei tantissimi spettatori) l' artista francese a esibirsi
in una chiesa la cui meravigliosa acustica ha restituito un gioco infinito di risonanze.
Lo stesso
Galliano, si vedeva, chiaramente era felice di ascoltarsi. Abbiamo parlato
a lungo con il fisarmonicista, uomo del tutto lontano dallo stereotipo del jazzista
annoiato e presupponente che molti suoi colleghi si ostinano a interpretare.
Galliano
è al contrario, persona affabile e disponibile, innamorata del suo lavoro ed entusiasta
come un ragazzo alle prime armi.. Fermo nei suoi convincimenti senza sentire il
bisogno di sparlare dei colleghi e dell' universo mondo.
Un disco in solo, dopo l' ultimo
registrato a Umbria jazz Winter nel 1999 C' è qualche significato particolare
nel ritorno a questa formula ? Qualcuno ha parlato di una certa sua stanchezza nei
confronti di un' industria discografica un po' troppo invadente. Stanchezza che
l' avrebbe spinta a divorziare dalla Dreyfuss, con la quale era cominciata la sua
fortunatissima carriera
Non direi proprio che "Paris Concert " abbia un significato particolare. In effetti
la dimensione solistica è forse la più congeniale al mio modo di esser e musicista.
A me piace molto suonare dal vivo e da solo. L' ho fatto spesso nei miei lunghi
anni di carriera. Non mi piace molto scandire il mio percorso artistico sui dischi.
Non sono poi così importanti, soprattutto oggi che se ne vendono sempre meno. La
mia musica è soprattutto quella che suono nelle sale. Certo ho inciso molto negli
ultimi tempi ed in situazioni diverse fra di loro. Ma in realtà ho cercato solo
nuovi stimoli: non l' ho fatto con spirito polemico; in effetti dopo tanti anni,
anche incidere nello stesso studio diventa una routine pericolosa. Io avevo bisogno
anche di nuove situazioni, di nuovi ambienti. Voglio dire che non ho niente in particolare
contro l' industria discografica,. Ho firmato un buon contratto con una Major, la
Universal, che mi mette a disposizione mezzi importanti per progetti molto interessanti.
Poi devo anche dire che negli ultimi tempi ho lavorato troppo. Ho un agente bravissimo,
ma i trenta concerti del mese di luglio sono stati davvero troppi. Come forse lo
sono i dischi che ho inciso: anche questo rischia di far cadere nell' abitudine.
Ci
vuole dire qualcosa su questi nuovi progetti?
Quello a cui tengo particolarmente è un lavoro su Bach. Ho lavorato su materiali
come le Suite per Violoncello solo o L' Arte della Fuga. Nel disco,che
uscirà prossimamente, ho inciso pezzi da solista, utilizzando in alcuni la sola
mano destra o la sola sinistra. In altri suono con un quartetto d' archi. Perché
Bach ? Perché nella sua musica c'è tutto quello che un fisarmonicista deve sapere,
anche se Bach stesso non ha scritto una sola nota per questo strumento. Più vado
avanti nella conoscenza e più ho l' impressione che il maestro di Eisenach
sapesse tutto di mantici e tastiere. E' stupefacente, ma è così. Certo l' avevo
studiato al conservatorio, ma oggi, dopo anni di improvvisazione, la sua musica
ha un significato ancora più profondo: gli dobbiamo tanto. Non ultimo il fatto che
abbia convinto Piazzolla a dedicarsi alla musica. Da ragazzo Astor non aveva
voglia di dedicarsi al bandoneon ed al pentagramma, nonostante le pressioni del
padre. Mi raccontava sempre che un giorno, giocando a pallone nel suo cortile sentì
una radio che trasmetteva qualcosa di Bach. Decise allora che la musica sarebbe
stata la sua vita.
Lei ha avuto molto successo nei primi anni come musicista
classico, vincendo diversi premi, Poi ha trascorso alcuni anni a Parigi accompagnando
vedettes della canzone francese come Ives Montand, Juliette Greco,
George Moustaky. Non ha mai pensato di tornare a lavorare con qualche cantante,
in ambito jazz?
Ho un progetto con
Kurt Elling.
Siamo a buon punto. Ho pensato molto prima di avventurarmi nuovamente su questo
sentiero. I cantanti sono artisti particolari, vorrebbero essere sempre protagonisti
ed occupare la scena. Con Kurt ci siamo capiti a perfezione e credo che il nostro
lavoro comune darà ottimi frutti, ma la canzone l' ho sempre avuta nel cuore. Ho
da poco inciso un disco con Wynton Marsalis: abbiamo lavorato su brani di
Edith Piaf e Billie Holiday. Due donne molto vicine per sensibilità
e che hanno vissuto terribili esperienze di autodistruzione. La Piaf sentiva Billie
molto vicina, anche se non si erano mai incontrate. Trovava una coincidenza piena
di significati il fatto che fossero coetanee. Bel lavoro quello con Wynton. Amplificazione
ridotta al minimo, microfoni distanti dagli strumenti, batteria ridotta a due, tre
pezzi. A me piace questa semplicità che mette in primo piano la purezza del suono..
Tornando a Marsalis trovo che le critiche al suo classicismo non siano sempre corrette.
Lui ha un'idea forte del jazz e della sua storia. E' immerso nella tradizione e
non trovo che questo sia una colpa.
L'
argomento è quanto mai invitante. Potremmo parlarne molto a lungo. Ma a questo punto
vorrei che
Richard Galliano mi parlasse
del suo rapporto con il jazz e la sua storia e che mi dicesse, lui, contaminatore
per eccellenza come vede le tante sperimentazioni della musica attuale.
Per quanto mi concerne utilizzare vari linguaggi è stata una necessità più che
una scelta. Un fisarmonicista non può tagliare le sue radici. La fisarmonica non
è mai servita a tracciare nuove strade musicali. Noi siamo necessariamente immersi
nel nostro passato. E il nostro passato è quello di tantissimi musicisti di strada,
gente che suonava ai balli popolari e nelle ricorrenze di paese. La fisarmonica,
un organo portatile, non può prescindere da questa sua storia umile. Cerco di non
far perdere la memoria di quei tanti oscuri suonatori del passato. C'è un‘ anima
italiana, nella fisarmonica e cerco di non perderla, anche perché è l' anima dei
mie antenati. Allo stesso modo cerco di tener viva la sonorità manouche, ascoltata
fin dall' infanzia. E' il mio mondo. Confesserò sempre e comunque il mio debito
con Astor Piazzolla che per primo mi ha fatto capire questa importanza di
ascoltare la musica nel proprio sangue, nel flusso dei ricordi, nella memoria familiare.
Anche lui, come me, discendeva da italiani emigrati. Vede il suono dell' accordion
ha, deve avere una sua specie di patina. Io uso sempre lo stesso strumento che mi
regalò mia nonna. E' una vecchia "Victoria" nata a Castelfidardo. Spendo fortune
per mantenerla in efficienza dopo tanto uso. Potrei naturalmente usare esemplari
nuovissimi e perfezionati, ma non mi darebbero quel senso del suono che mi da quel
vecchio mantice e quelle tormentate tastiere
Lei confessa anche un debito con Clifford Brown….
Certamente. Il jazz l' ho scoperto grazie a lui e devo dire che tuttora penso
che lui abbia scritto l' ultimo capitolo di reale innovazione nella storia della
tromba. Così come Charlie Parker l'ha scritto per il sax o Max Roach
per la batteria. Dopo ci sono stati musicisti grandissimi ma non credo che nessuno
di loro abbia veramente tracciato strade nuove. E' chiaro che apprezzo Miles
Davis, un grande, certamente, ma l' ho sempre trovato scaltro, adattabile, non
limpidissimo. La sua musica, la sua ricerca non mi emozionano. Non ho nessuna difficoltà
a dire che sono un bopper. doc. Lo stesso hard bop non mi ha mai affascinato
più di tanto.
C'è da immaginare, a questo punto che lei non ami minimamente
il free jazz
E' stata una musica che ha avuto una grande importanza, non solo artistica. Fu
la colonna sonora di una società che dopo secoli di chiusura voleva aprirsi ed essere
più libera e che era disposta a mettere in discussione tutto. Era un epoca trasgressiva
quella. Oggi la trasgressione è quasi routine. Potrei suonare per tutto il concerto
di stasera dando le spalle al pubblico senza suscitare particolari reazioni. Non
ci sono tabù da rompere, oggi come oggi. Mi sembra che i nostri tempi siano adatti,musicalmente
parlando, ad un lavoro sulla melodia, ad una ricerca più interiorizzata di quello
che si è e delle strade che abbiamo percorso per arrivare alla nostra condizione.
E' un' esigenza che sentono anche grandi protagonisti di quella stagione.
Charlie Haden, ad esempio, oggi suona "classico". Certo ci sono nell'
aria i segni di nuove chiusure e magari occorreranno nuove rotture nel futuro. Ma
non ne sarò io il precursore. E' Bach oggi che mi da il senso dell' avventura, il
brivido della scoperta. Un esempio ? Suonare le suite per violoncello con la sola
mano sinistra e scoprire che sono una perfetta pagina per fisarmonica. Ma possono
anche essere eseguite con un sax. Qui sento tanta libertà e infinita creatività.
Senza bisogno di rivoluzioni.
Vogliamo tracciare un breve profilo di questa sua compagna
di viaggio, la fisarmonica ? Il suo illustre conterraneo Andrè Hodeir sosteneva
che la fisarmonica era totalmente inadatta al jazz.
Sciocchezze, non ne vale la pena neanche parlarne. La fisarmonica è uno strumento
versatile (un piccolo organo, ripeto) adattabile a qualsiasi tipo di situazione.
Anche se non ha la potenza espressiva di un piano o l' agilità armonica di una chitarra
amplificata. A me personalmente non interessa una gran potenza di suono. In Russia
usano il Bayan, una fisa molto potente e sonora. Non la amo minimamente. I fisarmonicisti
russi non mi emozionano. Preferisco la leggerezza del suono, la duttilità, quella
capacità di respirare come uno strumento a fiato che hanno i nostri strumenti..
Io amo molto i fiati, Ho ricominciato in questi ultimi tempi a suonare il trombone,
che avevo lasciato dopo gli studi al conservatori: mi fa impazzire. In questo momento
lo amo quanto l' accordion.
Poco da dire a questo punto, sul disco. Il maestro lo ha già in qualche modo
raccontato. L' ascoltatore troverà Bach, la canzone d' autore, le atmosfere di Parigi.
Un amore per il suono che mai scade nel narcisismo, il gusto della melodia. Rincontrerà
il Galliano
di sempre, tradizionalista eppure in cerca di strade nuove.
Richard Galliano
Paris Concert – live At Theatre Du
Chatele T
1. Chat Pitre
2. Gnossienne n.1
3. Gnossienne n.2
4. Sertao
5. Sheng
6. Bagatelle
7. La Javanaise
8. Caruso
9. New York Tango
10. Round Midnight
11. Oblivion
12. Aria
Richard Galliano
- accordion, accordina
Cam Jazz 2009
28/11/2009 | Venezia Jazz Festival 2009: Ben Allison Quartet, Fabrizio Sotti trio, Giovanni Guidi Quartet, Wynton Marsalis e Jazz at Lincoln Center Orchestra, Richard Galliano All Star Band, Charles Lloyd Quartet, GNU Quartet, Trio Madeira Brasil, Paolo Conte e l'Orchestra Sinfonica di Venezia, diretta da Bruno Fontaine, Musica senza solfiti del Sigurt�-Casagrande Duo...(Giovanni Greto) |
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Data pubblicazione: 14/11/2009
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