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Ognuno sa quanto
Richard Galliano
sia interprete sensibile e creativo, talmente innovativo da aver rivelato stili
esecutivi che hanno indotto molti fisarmonicisti alla ricerca di un modo diverso
di usare uno strumento che per molto tempo è stato suonato in maniera piuttosto
generica.
Pur non volendo parlare di "scuole", non è possibile
non riconoscere nel suo sound uno stile inconfondibile, "diverso", coinvolgente
all'approccio: il suo Bal musette ed il suo Valse swing hanno suggerito
tendenze estetiche che hanno determinato un canone verso il quale un'intera generazione
di musicisti si è rivolta con l'intento di superare il puro evento commerciale;
un'arte, la sua, a volte delicata a volte labile a volte furente, tanto che qualunque
prospettiva può rivelare aspetti conoscitivi né romantici né barocchi, grazie ad
una visione esecutiva non omologata, radicale, talvolta "folle", imprevedibile nel
frammentare e ricomporre istanti melodici di un repertorio così ampio da includere
jazz, musica gitana, latin, tango, suggestioni popolari d'ogni parte d'Europa
e d'America, e all'interno del tutto la lezione magnifica dell'amico e maestro
Astor Piazzola.
L'opera è una performance in solo ad Orvieto nel
1998 nel corso di Umbria Jazz Winter,
conferma di quanto la dimensione live gli si addica, una prova che induce
ad alcune riflessioni.
Tutti sappiamo quanto la vita artistica venga spesso determinata dalle Case
Discografiche, che esigono non di rado la ripetizione del repertorio più noto: l'ellisse
culturale si chiude intorno ad un pubblico che non riceve più gli stimoli adeguati
per ampliare le proprie conoscenze. Ed allora ecco che Galliano, scoperta
la mistificazione e cancellate pagine e pagine di interpretazioni piatte e troppe
volte ascoltate sempre uguali a se stesse, assimila e aggiunge una fantasia ed una
sensibilità che possono annientare le certezze di chi pensa che vi sia un unico
modo di eseguire un pentagramma.
Inevitabilmente – posto che l'innovazione sia sempre inquietudine – si aprono
soli nei quali convivono tendenze di segno opposto: egli rilegge ciò che
è stato, trovando nuove sintesi di linguaggio, con esiti mai di routine,
irrequieto, virtuoso, espressivo in dimensioni poetiche più profonde, portando alle
estreme conseguenze il coraggio col quale si propone al pubblico.
In definitiva, come ebbe a dire
Giorgio
Gaslini, "l'inquietudine del rinnovamento stilistico, del linguaggio
e dello strumentismo, è di pochi: è una staffetta avanzata, che apre la strada a
chi sta dietro". E
Richard Galliano
può esserne ancora considerato testimone chiarissimo.
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
28/11/2009 | Venezia Jazz Festival 2009: Ben Allison Quartet, Fabrizio Sotti trio, Giovanni Guidi Quartet, Wynton Marsalis e Jazz at Lincoln Center Orchestra, Richard Galliano All Star Band, Charles Lloyd Quartet, GNU Quartet, Trio Madeira Brasil, Paolo Conte e l'Orchestra Sinfonica di Venezia, diretta da Bruno Fontaine, Musica senza solfiti del Sigurt�-Casagrande Duo...(Giovanni Greto) |
14/11/2009 | Intervista a Richard Galliano : "...utilizzare vari linguaggi è stata una necessità più che una scelta. Un fisarmonicista non può tagliare le sue radici. La fisarmonica non è mai servita a tracciare nuove strade musicali. Noi siamo necessariamente immersi nel nostro passato. E il nostro passato è quello di tantissimi musicisti di strada, gente che suonava ai balli popolari e nelle ricorrenze di paese. La fisarmonica, un organo portatile, non può prescindere da questa sua storia umile." (Marco Buttafuoco) |
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Data pubblicazione: 21/06/2008
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