Ci sono delle situazioni, momenti che hanno una luce diversa, forse nascosta 
ai più.
Siamo abituati a vedere festival, rassegne musicali e concerti da una 
posizione comoda, tranquilla che pensiamo privilegiata. Molte volte non abbiamo 
giusta contezza di quello che si vive – più o meno freneticamente – per regalare 
delle emozioni ed anche per regalarsene.
E' durato quattro giorni l'oramai consolidato festival bitontino sotto 
la guida artistica dell'infaticabile Emanuele Dimundo, avvocato con il "vizio" 
della musica, e con la coriacea e fisica partecipazione di tutti gli associati di 
"INJAZZ", sodalizio di veementi artisti ed amanti del Jazz, presieduto dal policromo 
batterista Attilio Terlizzi. Un festival fortemente voluto e patrocinato 
dalla lungimirante amministrazione comunale di Bitonto che bada molto a realizzare 
interventi culturali di spessore. 
Quattro giorni che ho vissuto "dall'altra parte della barricata", 
non da spettatore o pseudo recensore, ma da – ahimè, duole dirlo per tutti – da 
presentatore.
Il festival, giunto alla quinta edizione, è caratterizzato dal doppio 
set. Otto concerti – compresa una piece teatrale musicale – un considerevole numero 
di artisti che si sono succeduti sul palco allocato nella splendida Piazza Cattedrale
della cittadina del nord barese. Concerti anche itineranti, se si considera 
il gruppo di musicisti parigini (Roller Street Band) che, abbarbicati sui 
pattini, hanno suonato per ore lungo le strade dal pomeriggio fino all'inizio dei 
quattro appuntamenti.
La prima sera: un groppo in gola. C'è una leggenda da presentare:
John Abercrombie con Joey Baron alla batteria, Marc 
Johnson al contrabbasso e Mark Feldman al violino.
 Non 
è poco! Prima di loro un trio tutto pugliese: i 
Nuevo Tango 
Ensamble (Pasquale 
Stafano al piano,
Alessandro 
Terlizzi al contrabbasso e
Gianni 
Iorio al bandoneon) con una guest d'eccezione, il fiatista italo-argentino
Javier 
Girotto.
Non 
è poco! Prima di loro un trio tutto pugliese: i 
Nuevo Tango 
Ensamble (Pasquale 
Stafano al piano,
Alessandro 
Terlizzi al contrabbasso e
Gianni 
Iorio al bandoneon) con una guest d'eccezione, il fiatista italo-argentino
Javier 
Girotto.
Dire che la capiente Piazza Cattedrale era stracolma è riduttivo. Un'ondata 
di amanti del jazz, avventori occasionali, curiosi in transito, turisti, giornalisti 
e musicisti venuti da ogni dove gremiscono il parterre ed assiepano le scalinate 
della romanica architettura ecclesiastica.
Ci si prepara nell'accogliente, seppur spartano, ufficio informazioni 
della locale Polizia Municipale (che ha contribuito sempre con particolare abnegazione).
La consueta serenità degli artisti – che non è sicuramente la mia – è 
differente: la seraficità di 
Girotto 
si fonde con l'iniziale adrenalinica allegria dei 
Nuevo Tango, 
per poi passare rapidamente al training autogeno: concentrazione assoluta e discussione 
degli ultimi punti. I loro volti assumono un serio sorriso, fatto anche di sguardi 
d'intesa. La scaletta è pronta. Ed anche loro. Comincio ad acquisire consapevolezza 
delle situazioni.
 Di 
lì a poco arrivano Abercrombie & Co. Gli stringo la mano, Baron mi 
abbraccia. E' sempre sorridente e festoso, contrappunto all'aplomb di Marc Johonson, 
algido e concentrato.
Di 
lì a poco arrivano Abercrombie & Co. Gli stringo la mano, Baron mi 
abbraccia. E' sempre sorridente e festoso, contrappunto all'aplomb di Marc Johonson, 
algido e concentrato.
L'entourage di Dimundo è in fibrillante movimento. Una manciata 
di minuti all'inizio. Attilio Terlizzi – per fortuna – condividerà il palco 
con me. Ultimi controlli sulla scaletta, ringraziamenti, avvisi e quanto altro necessita.
Il primo set va via velocemente grazie alla forza che trasmettono i 
Nuevo Tango 
ed alle precise incursioni e fraseggi di
Javier 
Girotto.
 Si 
cambia velocemente il palco: bisogna prendere un po' di tempo, quello necessario 
a sistemare il tutto. Mr. Abercrombie non è ancora pronto: deve mettere a 
punto con gli altri musicisti gli strumenti. Parliamo, ringraziamo, illustriamo 
il programma delle prossime serate, avvisiamo dei gazebo allestiti proprio dietro 
il parterre.
Si 
cambia velocemente il palco: bisogna prendere un po' di tempo, quello necessario 
a sistemare il tutto. Mr. Abercrombie non è ancora pronto: deve mettere a 
punto con gli altri musicisti gli strumenti. Parliamo, ringraziamo, illustriamo 
il programma delle prossime serate, avvisiamo dei gazebo allestiti proprio dietro 
il parterre. 
Guardo Abercrombie che – finalmente – alza il pollice e Baron
scoppia in una risata, forse nel vedere il mio volto improvvisamente rilassato.
Parte anche il secondo set. Abercrombie ed i suoi compagni di viaggio 
non si risparmiano: un flusso interminabile di suoni, una scarica di adrenalina 
allo stato puro. Terminato il concerto una folla di fan, musicisti, giornalisti 
prende d'assalto i quasi camerini. Baron si lascia fotografare con piacere 
e stringe mani a più non posso. Scherza con alcuni musicisti, è infaticabile.
Abercrombie si è ritirato nel piccolo anfratto al coperto. Un momento 
di risposo e poi dà udienza a tutti. Firma autografi, dediche sui cd, rilascia interviste 
con una serenità ed umiltà disarmanti.
Anche Feldman è affabile. Di Johnson, in verità, non ricordo 
la sua voce. Rammento la sua educazione ed altresì il suo essere schivo. Ma con 
garbo, tatto e senza spocchia.
La prima serata è magicamente terminata. Si pensa già al domani, ovviamente.