Jazzitalia - Articoli: Intervista con Jack Walrath
versione italiana english version
 
NEWS
Bookmark and Share Jazzitalia Facebook Page Jazzitalia Twitter Page Feed RSS by Jazzitalia - Comunicati Feed RSS by Jazzitalia - Agenda delle novit�

Intervista con Jack Walrath
novembre 2013
di Achille Brunazzi

Jack Walrath è uno dei più importanti trombettisti americani nonché uno dei testimoni viventi dell'epopea artistica e umana del leggendario Charles Mingus. Cresciuto nel profondo Mid-West nel villaggio di Edgar nel Montana Walrath, dopo una esperienza nella band R&B Revival targata Motown, si spostò a New York nel 1970 dove quattro anni dopo fu presentato allo stesso Mingus dal sassofonista Paul Jeffrey. Successivamente ha continuato la sua carriera da leader e collaborare in diversi ambiti: dall'orchestra condotta da Quincy Jones a Montreaux nel 1991, alla reunion con Miles Davis, nonché a cimentarsi con la musica sinfonica o il piano solo. Questa lunga intervista è una riflessione sulla politica americana, sul contesto antropologico nel quale viviamo, sullo stato della musica jazz e le prospettive future della produzione artistica e musicale. Jack è uno dei più rappresentativi ambasciatori della cosiddetta «Old School» mai tramontata per avanguardia di pensiero e ricerca artistica. I concetti di Walrath sono legati a una visione estetica dell'arte e finanche dell'esperienza umana.



Mr. Walrath, considerando i cambiamenti che vi sono stai negli USA negli ultimi decenni, ritiene che l'arte e la musica possano essere in qualche modo influenzate dalla situazione sociale? Nel secolo scorso gli artisti sembravano ricercare un maggiore espressionismo rispetto a quanto non avvenga oggi.

La musica può sicuramente essere influenzata dallo status di una società, tuttavia essendo musica strumentale e dunque astratta non può arrivare ad incidere in termini più propriamente concreti. In realtà sul piano emozionale certamente la musica può cambiare e «dirigere» le tue priorità e scelte individuali. Negli Stati Uniti, oggi, esiste un tipo di razzismo più morbido e gentile. La grandezza dell'America comunque risiede nel suo «melting pot» e ciò nonostante dobbiamo fronteggiare ancora queste problematiche.

In termini di sviluppo individuale e spirituale dove possiamo collocare l'essere umano nel 2013? Qual è il ruolo della filosofia e della religione da questo punto di vista e quale prevede possa essere il futuro di questi due elementi nella nostra vita futura? Lo sviluppo individuale sembra «percorrere» una strada differente dalla religione e filosofia.
La religione è in un inarrestabile declino. A volte essa è stata la ragione utilizzata per eliminare fisicamente alcune persone. Le armi oggi vengono utlizzate non per rendere qualcuno più ricco ma semplicemente per democratizzare il mondo e renderlo «migliore». Le religioni tradizionali contano sempre meno adepti e followers a vantaggio delle dottrine più estremistiche, le quali hanno certamente maggiore risonanza mediatica perché legate al potere in senso più stretto. Guardiamo il nuovo Papa: è stato criticato per essere semplicemente un cristiano! L'America essendo la più grande e influente economia del mondo ha riproposto la filosofia di Any Rand la quale è imperniata per la totalità sull'apologia della proprietà e iniziativa privata. Nel suo libro « La virtù dell'egoismo » si sostiene che chiunque non si prenda cura di sé non ha diritto di cittadinanza in questo mondo ! L'unico scopo dei governi è proteggere la proprietà privata ed essere certo che i contratti siano onorati e rispettati. In altre parole, il sistema degenererebbe in uno stato di polizia. E' interessante notare quanti di questi seguaci siano fondamentalisti religiosi che credono nella darwiniana «sopravvivenza del più forte e sano» non credendo forse finanche in Darwin. Oltretutto ne sviliscono anche l'ateismo. La gente del Mid-West americano è la prova vivente della degradazione del sistema scolastico nazionale. Oggi in America, e in gran parte del Mondo Occidentale, si pensa che tutto sia riconducibile al business incluso il governo. La priorità del business è fare profitto e tagliare i costi. Il governo si suppone debba prendersi cura degli aspetti sociali che il business ignora o considera ininfluenti poiché non generano profitti. Fin dove arriverà l'incidenza del profitto nel mondo attuale ? I governi sono corrotti a sufficienza senza fare profitti. Per quanto riguarda il futuro della religione e della filosofia: credo diventeranno sempre più semplificate prima che quelle attuali siano viste come ridicole, irrealistiche e assurde.

Quanto l'arte possa contribuire a rendere la vita degli individui migliore? Può ancora essere ritenuta una «espressione di lotta politica» come negli anni Sessanta?
L'arte è allo stesso tempo diletto puro, espressione del mondo nel quale viviamo nonché riflesso di noi stessi. Conoscere la grande arte è una esperienza immateriale e molto più prossima all'esperienza religiosa e/o spirituale di quanto non si possa probabilmente ritrovare in qualsiasi altra religione o dottrina filosofica. E' un cliché che la buona politica produca arte cattiva. Fatta eccezione per Dickens o la Guernica di Picasso questo è un concetto rimasto costantemente valido. L'arte ti porta verso il trascendente o al contrario risultare introspettiva; trascendente poiché allarga lo spettro della riflessione verso nuovi orizzonti ed è intimista quando non è «passiva» e ti rende capace di valutare anche il tuo proprio sentire. L'arte può anche non essere bella esteriormente – esistono forme anche esteticamente brutali – ma per quanto mi riguarda è quella che preferisco poiché genera maggiore ispirazione. Questo non significa che mi piaccia pensare a «Bunnies in the meadow» perché la pur non bellezza esteriore di un pezzo come «Ugly Beauty» di Monk mi dà grande felicità. Nuovamente voglio fare a riferimento alla Guernica di Picasso. Ci sono «artisti» che uccidono animali e determinano distruzione. Possiamo concludere, essendo ancora più cinici, dicendo che trattasi di puro sensazionalismo. E' molto più facile distruggere che creare. Per oltre cento anni la maggior parte degli artisti sono sembrati accontentarsi di produrre effetti speciali piuttosto che creare bellezza o cercare di rendere anche loro stessi più creativi. Una vera e importante eccezione alla bellezza e il suo contrario è l'album Crescent di Coltrane. Essere bello nell'arte non è necessariamente essere bello da vedere o ascoltare. Molto poco venne fuori negli anni Sessanta quando la gente cercava di dare all'arte un connotato politico. La Pop Art fu vera politica, non pura arte. L'arte popolare, per il solo fatto che mira a un pubblico più vasto e avendo un comune denominatore, è il migliore veicolo per «consegnare » un messaggio politico e soprattutto di marketing essendo peraltro questi ultimi lontani dall'espressione artistica più pura. Un lavoro di vera arte può ugualmente essere amato dal pubblico di diverse estrazioni filosofiche. Come disse Mingus una volta: « la politica è il suolo e la musica il suo cielo »

Qual è il suo personale ricordo di Charles Mingus e come reclutava i suoi musicisti ?
Mingus assomigliava a un bambino mai realmente divenuto adulto: capace delle più affettuose tenerezze ma anche delle più bizzarre stravaganze tipiche di un bambino. Non c'era alcuna sovrastruttura in Charles. Poteva essere un vero e cinico bastardo e cinque minuti dopo scusarsi sinceramente e ridiventare come Easter Bunny. Avrebbe sempre voluto recarsi in Africa. Una volta fu avvicinato a Roma da un gruppo di persone che organizzavano un festival; gli chiesero di tenere un breve concerto nel suo giorno libero. Accettò la proposta. In seguito gli chiesero anche di lasciar il ragazzo bianco (cioè me) a Roma. A quel punto Charles disse loro che potevano andarselo a prendere nel culo: aveva dei principi e li seguiva scrupolosamente. Questo aumentava però la sua rabbia e sfiducia verso gli altri. Per quanto concerne i musicisti delle sue band: dovevano essere capaci di fare la loro parte e ritagliarsi un ruolo importante nell'ensemble stesso. Charles chiedeva solo di non ripetere gli stessi assoli ai propri musicisti; non ha mai interferito sulle improvvisazioni di ciascuno. Conferiva la massima libertà espressiva e la incoraggiava.

Non crede che i giovani musicisti soffrano un po' del costante raffronto con i miti del passato? Furono vere e proprie icone?
I critici sbagliavano su Bird, Coltrane e Ornette Coleman. Ho letto un libro scritto nel 1939 nel quale si affermava che Duke Ellington non suonasse jazz. E' imbarazzante quello che sto per affermare, ma negli anni Settanta cominciarono a chiamare avant-garde quasi chiunque facesse rumore con lo strumento e non sapeva al contrario suonare bene abbastanza da poter essere inserito in una band di R&B. Quando Wynton Marsalis irruppe sulla scena, finalmente – dal loro punto di vista – era arrivato qualcuno che si riusciva a «capire » che non metteva artisticamente soggezione, tanto che cominciarono ad elogiarlo non solo come il più grande musicista jazz di sempre ma anche come il più grande trombettista. Marsalis è stato in qualche modo sottratto all'apprendistato classico e quasi messo in una bacheca. In lui ho visto la risurrezione del movimento neo-conservatore applicato alla musica; peraltro agli inizi della sua carriera non subì l'influenza e il «sequestro» dalle corporation, di questo sono sicuro, e avrebbe potuto diventare un grande innovatore. Con il movimento neo-con, il jazz è diventato più un mestiere che non una forma artistica. Il dilemma è cambiato da: «cosa posso suonare oggi che non ho suonato ieri» a «come posso suonare più pulito quello che ho già suonato ieri?» Questo sta cambiando con i musicisti più giovani. Non è stato esattamente facile all'inizio, ma questo è cambiare. Sovente vengo ingaggiato come sideman da musicisti che hanno la metà dei miei anni. Marsalis, per parte sua, se la ride grazie ai sempre lauti incassi dei suoi concerti e ingaggi. Immagino anche che ci siano molte persone che fanno più soldi di Marsalis e neanche lontanamente paragonabili a lui in termini artistici. Negli anni Ottanta, Novanta, fino ad arrivare ad oggi i media hanno contrabbandato il vecchio come se fosse il nuovo, e molti che non erano nessuno qualche tempo fa oggi sono quasi delle icone.

Perché gente come Booker Little, Charles Tolliver, Woody Shaw non hanno mai avuto lo stesso riconoscimento di Freddie Hubbard e Miles Davis? (Booker Little e Woody Shaw in particolare dedicarono tutta la loro carriera alla ricerca di un sound unico e uno stile riconoscibile)
La gente non coglie il fatto che Miles Davis, nonostante la sua indubbia e grandissima creatività, volesse essere una pop star persino dai tempi di «The Birth of the Cool». Buono per lui! Avrei desiderato che fosse stato ancora più popolare. Miles fu grande osservatore di quello che era attorno a lui e attento alle evoluzioni dei gusti del pubblico. Avrebbe fatto uso di molte innovazioni introdotte da altri e reinterpretate da par suo. E' stato come Bach ai suoi tempi. Penso comunque che Davis debba moltissimo ad Ahmad Jamal: qualche royalty sicuramente. Quando Shaw, Tolliver e altri arrivarono sulla scena, il rock and roll era in grande crescita e dunque vennero un po' oscurati. Inoltre, essi furono difficili da riconoscere per via di tutti coloro che già li imitavano. Prendiamo Charlie Parker, Gillespie e Monk furono immediatamente catapultati sulla scena. A quei tempi c'era una mentalità molto diversa che perdurò per diverso tempo. La depressione del 1929 e la Seconda Guerra Mondiale contribuirono (in modo forse involontario) alla ricerca da parte dei musicisti di nuovi linguaggi e forme di espressione.

Chi è stato il più grande innovatore dell'ultimo secolo in ambito musicale e perché?
In questo non posso esprimermi perché nessuna giuria si è ancora espressa al riguardo. Gente come Reich e Glass spiccano traendo molto della loro ispirazione da Perotin un compositore del 1100. Ayler, da una banda di New Orleans. Sono un collezionista accumulatore: possiedo oltre 20.000 dischi, cd e cassette. Ho molti video di concerti, centinaia di spartiti, libri di teoria musicale e biografie. Musicalmente tutti hanno avuto un'influenza. Quando mi chiedono il mio trombettista preferito, la mia risposta è «Io». Se non lo fossi diventerei matto nel sentire questo dannato suono ogni giorno, non ti sembra? Il mio secondo trombettista preferito è senza dubbio Sonny Rollins.

Come ha sviluppato il suo stile alla tromba? Cosa le ha insegnato Mingus dal punto di vista della conoscenza dell'armonia e più in generale musicalmente?
Essendo cresciuto nel Montana, ho tratto beneficio dall'assoluta mancanza di pressione. Fui naturalmente attratto dal Dixieland, poiché vicino alla mia energia di giovane studente. La prima band professionale che ho visto dal vivo è stata quella di Louis Armstrong. Ho continuato a suonare jazz per i successivi otto anni. Quello che avevo sentito essere alla radio, il jazz moderno fu quello della West Coast. Mi piaceva tuttavia anche la grande energia del jazz tradizionale. Mi recai a un seminario musicale estivo dove c'era gente che aveva come riferimento artistico Cannoball Adderley. Nat Adderley è stato per me un grande punto di partenza nell'ambito dello studio del jazz moderno: il suo stile fortemente espressivo e caldo era un misto tra Dizzy Gillespie, Miles Davis e Clark Terry per non menzionare me stesso. Subito dopo ho iniziato a studiare Dizzy, Davis, Monk e molti altri. Da loro sono arrivato a Ornette Coleman. Con tutta queste novità pensavo che le cose potessero diventare sempre più interessanti e appassionanti. Oltretutto non sono stato mai influenzato da coloro che venivano reclamizzati dai media. Armonicamente ho seguito sia Ray Charles che Mingus. Quando andammo in Africa con Charles, ascoltammo alcuni musicisti tunisini in un ristorante. Questo colpì Charles a tal punto che producemmo successivamente «Three Worlds of Drums». La diatriba arabo-semita mi portò a scoprire altre culture musicali in giro per il mondo e utilizzarle in un contesto Occidentale arrivando a melodie e accordi completamente diversi dal solito. Sovente mi invento scale che non hanno nulla a che vedere con quelle tradizionali europee gli accordi 1, 3, 5, 7.

Perché i musicisti jazz attuali non sono altrettanto riconoscibili come quelli di qualche anno?
Ce ne sono senza dubbio alcuni, ma non si ascolta il jazz tanto quanto lo si faceva una volta. Inoltre, è vero che non ci sono in giro così tante spiccate personalità artistiche e musicali. Posso immaginarne un paio, ma forse anche perché li conosco personalmente. Con la predominanza degli specialisti e l'accentuazione della forma sul contenuto, si possono forse sentire musicisti che si assomigliano tutti oppure ascoltare diversi generi suonati alla perfezione. Il livello della tecnica è cresciuto esponenzialmente, ma quello che spesso è dimenticato è che la tecnica è solo un mezzo e non un fine.

Quanto le corporation della musica stanno influenzando la stessa musica?
In ragione della scoperta di Wynton Marsalis, che a suo modo era un prodigio e che, sì, possedeva un certo tipo di genio, le grandi corporation hanno pensato di poter fare profitti sul jazz, o su quello che pensavano fosse jazz. Per prima cosa devi essere giovane e venire da New Orleans. Quando le corporation erano a corto di giovani talenti da New Orleans allora coniarono il termine di «giovane leone»: questo è marketing puro. Se si nota, molti di questi ragazzi avevano ventidue anni quando questo fenomeno si verificò. Questa è l'età nella quale escono dal college. Questa è anche la fascia di età preferita dalle corporation per investire sulle risorse umane in senso più generale. A causa di questa visione puramente materialistica del considerare solo progetti «rassicuranti» e dunque vendibili immediatamente e su larga scala, le vere icone sono state accantonate. Jay Jay Johnson e Billy Higgins furono tra coloro ai quali la Blue Note Records non rinnovò il contratto. Giovani e inesperti musicisti con una certa abilità nella dita e ottima conoscenza delle scale cromatiche sono stati chiamati geni e proposti ai giovani che ascoltavano heavy metal. Tuttavia presto nelle corporation si accorsero che coloro che seguono heavy metal non vestivano in giacca e cravatta. A quel punto le corporation iniziarono ad evitare il jazz come la peste. In ogni modo la mentalità da corporation, cioè avere una laurea al Conservatorio e seguire il buon gusto e senso comune anche nella musica e nell'arte in genere, esiste ancora nel sistema scolastico. A meno che non si voglia insegnare in una vera scuola come Harvard o Julliard, devi avere un master, o in alcuni casi un dottorato in musica. Come risultato, conosco molti, compreso me stesso, che hanno trascorso realmente la propria vita a suonare e che sanno realmente cosa veramente serve al di là dei «clichés», i quali tuttavia non risultano «adatti» per insegnare in certe istituzioni (forse il termine istituzione è qui il più appropriato). Mi è stato detto ripetutamente che non sarei il più idoneo neanche per insegnare e spiegare la musica di Mingus. Avendo scritto molta musica per Charles, questo significa che non sarei titolato ad insegnare cose che io stesso ho scritto. Ultimamente, questo jazz insegnato e programmato sta declinando. La gente sta riconoscendo l'assurdità di spendere 100.000 dollari per un programma che non funziona. Penso di parlare a vario titolo e non solo personale, quando all'età di nove anni imbracciai la tromba, il mio primo pensiero non fu: «spero di poter diventare un insegnante un giorno».

Pensa che internet sia stato positivo per la musica o abbia messo sul mercato troppo?
Internet è ottimo per fare ricerche e attivare contatti. Questo è tutto. Internet ha reso la gente pigra dando loro l'illusione di poter ottenere le cose più velocemente risparmiando tempo. Puoi navigare senza senso a renderti conto che hai trascorso magari quattro ore davanti ad un pc. L'atto di andare in un negozio di dischi e scegliersi un'opera d'arte è ormai roba preistorica. Quante persone ascoltano Beethoven sull'ipod, anche solo per tre minuti? Non mi sorprenderebbe se la risposta fosse negativa. Tuttavia, non credo di poter essere definito naif se una volta che qualcuno sia reputato appena accettabile, se ne intuisca per intero il suo valore. Questo vale per la recrudescenza del vinile. Per quanto concerne Internet, ho ristabilito contatti su Facebook e fatto alcune cose grazie a questo strumento. Addirittura ho inviato una traccia via telefono per un progetto di musica Garage. Comunque alcune persone si sono illuse nel pensare che la rete fosse meglio per loro poiché potevano prodursi da soli e prendersi tutto il ricavato dalle vendite. Questo non è accaduto perché si deve sapere esattamente cosa si cerca per trovarlo. Non c'èrano store online di musica da consultare. Il segno lampante fu quando solo una star planetaria come Prince riuscì a farlo funzionare.

Quali sono stati i suoi ultimi progetti musicali e quelli a cui sta lavorando?
Devo riprendere a scrivere il mio libro sui dischi rari, il mondo della musica e la mia personale biografia. Ci sono stati molti libri scritti su Mingus da parte di coloro che non erano la in quel periodo.
Essendo old school sto cercando di spingere sul concetto di avere una band regolare. Qualcuno disse che la definizione di follia è legata allo svolgere sempre le stesse azioni ed aspettarsi risultati diversi. Mi sono chiesto per un pò a tal proposito finché i computer non hanno messo in discussione questa affermazione. Con i computer sappiamo che il termine follia è ripetere le stesse cose e aspettarsi gli stessi risultati. Tengo spesso seminari e sono sempre ricettivo a progetti innovativi. Recentemente ho scritto musica per un quintetto di ottoni.

Cosa ne sa del movimento BAM inaugurato da Nicholas Payton?
No so nulla di questo, neanche dell'esistenza stessa del movimento.







Articoli correlati:
25/05/2014

Trilogy (Quintorigo + Italian Jazz Orchestra + Roberto Gatto): "Un Primo Maggio diverso, al teatro Diego Fabbri di Forlì: incontro speciale tra Mingus, Hendrix e Zappa grazie ai Quintorigo" (Eugenio Sibona)

03/04/2013

Il jazz non è una setta, è un mondo...: "...il jazz è un po' come quelle fidanzate con cui si passa volentieri il tempo ma che ci si vergogna di esibire in pubblico." (Filippo Bianchi)

11/09/2011

Mingus Reform School (C.O.D. Trio)- Andrea Gaggero

31/07/2010

The Salle Wagram Concert – Complete Edition (Charles Mingus – Eric Dolphy Quintet/Sextet) - Alceste Ayroldi

06/02/2010

Altre x-roads (Franco Minganti)- Franco Bergoglio

11/10/2009

Everlasting (The Jazz Tribe) - Giuseppe Mavilla

12/01/2009

Quintorigo Play Mingus (Quintorigo)

03/05/2008

Birdland 1951 (Miles Davis)

23/02/2008

Una vita in quattro quarti (Giuseppe Barazzetta)

15/09/2007

Mingus' sound of love (Federica Gennai Quartet)

22/09/2006

LEZIONI (Analisi): Analisi varie e letture possibili del brano "Duke Ellington's Sound Of Love", grandioso omaggio di Charles Mingus al "suono d'amore" del Duca (Andrea Pellegrini)

01/04/2006

Le "avventure" di Giorgio Buratti col grande Charles Mingus: "...Non abbiamo mai parlato di musica ma ci siamo comportati con grande semplicità come se ci conoscessimo da una vita e ci fossimo ritrovati parlando di noi e della nostra vita..." (Giorgio Buratti)

31/12/2005

Ogni martedì sera, all'Iridium Jazz Club di New York, la Mingus Big Band, gestita da Sue Mingus, si esibisce all'insegna della musica del grande Charles ospitando artisti di fama sempre diversi come, in questo caso, è stato per Randy Brecker...(Roberta E. Zlokower)

23/01/2005

Charles Mingus 2002 80th Anniversary: Il ricordo del contrabbassista al Brass Group di Palermo (Antonio Terzo)

25/07/2004

Tonight at Noon (Sue Graham Mingus)





Video:
Charles Mingus Sextet featuring Eric Dolphy Take The A Train
Take The A Train, tune of Billy Strayhorn interpreted by Mingus Sextet in Oslo., Charles Mingus Double Bass, Eric Dolphy Bass Clarinet, Dannie Richmon...
inserito il 01/09/2007  da 27max - visualizzazioni: 4121


Inserisci un commento


© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.


Questa pagina è stata visitata 1.698 volte
Data pubblicazione: 13/01/2014

Bookmark and Share



Home |  Articoli |  Comunicati |  Io C'ero |  Recensioni |  Eventi |  Lezioni |  Gallery |  Annunci
Artisti |  Saranno Famosi |  Newsletter |  Forum |  Cerca |  Links | Sondaggio |  Cont@tti