Giuseppe Barazzetta
Una vita in quattro quarti
Quaderni di Siena Jazz 2007
Il recente libro di Giuseppe Barazzetta,
Una vita in quattro quarti edito da
Siena Jazz
in occasione del trentennale della sua fondazione, non racconta solamente "gli
incontri le vicende gli aneddoti di un'esistenza tendenzialmente jazzistica"
del decano dei cronisti italiani ma è un documento sincero e appassionato della
"storia del jazz" in Italia condotta con un sottile sense of humor. Il libro
è perciò godibilissimo ed originale anche per l'organizzazione formale a "call
and response" e a "tempi" dicendola lunga sulla competenza musicale di
Barazzetta.
In altre parole è un libro fondamentale per chi vuole capire e ripercorrere
le tappe dell'evoluzione culturale di un genere artistico che proprio in questi
ultimi anni raccoglie in patria e all'estero unanimi consensi attraverso i suoi
musicisti.
Si può dire che Barazzetta, classe 1921,
sia sempre stato al momento giusto nel modo più giusto e indipendente, dalle prime
esibizioni della triade dei grandi: Armstrong, Goodman,
Ellington arrivando a Monk, Powell, Mingus,
Coltrane, Bill Dixon via via fino ai giorni nostri passando attraverso
i primi Hot Club italiani e la collaborazione con le riviste Musica Jazz
(alla cui gestazione ha dato un contributo fondamentale), Melody Maker, dapprima
in Inghilterra poi come corrispondente dall'Italia per oltre 25 anni, l'Italia,
Avvenire, Musica e Dischi, Ritmo e Musica Oggi per giungere nell'ultima decade
alla attività divulgativa e didattica a
Siena Jazz
e al CDpM di Bergamo.
E Pip, come viene chiamato dagli amici, è sempre lì, in prima linea con
il suo taccuino e la macchina fotografica pronto ad accogliere Armstrong
alla Malpensa nell'ottobre del 1949, dopo un
avventuroso viaggio in Lambretta, o nel camerino di un Coltrane stremato
(1962 e 1965)
e grondante sudore dopo una memorabile esibizione.
Ed ogni volta Barazzetta stupisce per la puntualità dei commenti
e delle date, regolarmente riportate sulle fotografie con tanto di dedica sincera
e affettuosa a testimonianza della stima e del rispetto che gode tra i musicisti.
Mingus arrivò persino a chiedere aiuto a Barazzetta per
le gravi condizioni in cui era costretto a lavorare in Usa per la continua discriminazione
razziale che si rifletteva anche in stroncature sui giornali, come quella di
Down Beat relativa al festival di Monterey nel
1964.
E Barazzetta riuscì anche in quel frangente a trovare le parole
giuste di conforto e leali: "Non ho ascoltato il disco e quindi non posso giudicare,
ma andiamo Charlie, cosa possono fare alcuni miopi (e cosiddetti) critici alla TUA
musica…?".
Una qualsiasi altra persona sarebbe sprofondata al cospetto di Mingus
e invece Barazzetta mantenne il giusto distacco e, proprio per questa coerenza,
fu apprezzato dal grande musicista. Barazzetta è uno spirito libero, indipendente
e soprattutto coerente, vuole prima ascoltare con le proprie orecchie, non va dietro
alle mode e alle tendenze del momento anche se si tratta di un grande come Mingus
o Ellington.
E proprio questa indipendenza e correttezza lo ha portato nel tempo a
fare delle scelte dolorose come ad esempio diradare ed interrompere la collaborazione
con Musica Jazz, che pur aveva contribuito a creare con Testoni prima
e Polillo dopo, durante le direzioni Candini e Sessa per alcune
scorrettezze subite o dimettersi dall'organizzazione di festival jazz dopo aver
contribuito al loro rilancio internazionale.
Un ultimo accenno riguarda il rapporto che Barazzetta ha con i
jazzisti italiani, veri fautori, secondo il suo pensiero, della diffusione del jazz
nel nostro paese. Anche in questo caso Barazzetta era in prima linea nella
costituzione del AMJ e della SISMA. Nel libro non mancano continue
attestazioni di stima ed amicizia verso tanti musicisti di casa nostra:
Gorni Kramer, Giulio Libano,
Oscar Valdambrini,
Franco Cerri,
Gianluigi
Trovesi, Guido Manusardi, Giorgio Gaslini,
Tony Scott
(un altro italiano che ha fatto la storia del jazz negli Usa) e tanti tanti
altri.
Claudio Angeleri
per Jazzitalia
Per contatti e acquisti del libro: info@sienajazz.it
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25/03/2010 | Hal McKusick si racconta. Il jazz degli anni '40-'50 visti da un protagonista forse non così noto, ma presente e determinante come pochi. "Pochi altosassofonisti viventi hanno vissuto e suonato tanto jazz quanto Hal Mckusick. Il suo primo impiego retribuito risale al 1939 all'età di 15 anni. Poi, a partire dal 1943, ha suonato in diverse tra le più interessanti orchestre dell'epoca: Les Brown, Woody Herman, Boyd Reaburn, Claude Thornill e Elliot Lawrence. Ha suonato praticamente con tutti i grandi jazzisti tra i quali Art Farmer, Al Cohn, Bill Evans, Eddie Costa, Paul Chambers, Connie Kay, Barry Galbraith e John Coltrane." (Marc Myers) |
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Data pubblicazione: 23/02/2008
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