Pharoah Sanders Live
Ronnie Scott's - Londra - 21 ottobre 2009
di Florindo Grillo
Stasera al Ronnie Scott's, il miglior jazz club di Londra, si esibisce
Farrell Sanders, dieci giorni dopo il suo 69mo compleanno. Ribattezzato
Pharoah "il faraone" da Sun Ra, Sanders e' di certo una delle figure
piu' importanti della storia del sassofono.
Ornette
Coleman lo considera "probabilmente il miglior tenorista al mondo".
Con un suono grezzo e ricco di armonici, secondo per potenza solo a George
Garzone, alla soglia dei 70 anni (13 Ottobre 1940), incarna l'idea musicale
coltraniana, anzi proprio grazie a lui Coltrane ha esplorato quelle particolari
sonorita' negli ultimi anni di vita.
Sanders, nativo di Little Rock, Arkansas, fa'
il grande passo verso New York nel 1961, dove
in vero non ha molta fortuna, non riuscendo a vivere di musica e finendo col sopravvivere
la giornata alla meno peggio, talvolta dormendo in strada. Dopo essere entrato
in contatto con Sun Ra, Don Cherry e Billy Higgins, nel '63
ha un ingaggio col suo primo gruppo al Village Gate, ed e' toccato dalla fortuna
poiche' tra il pubblico c'e'
John Coltrane,
che gli chiedera' di far parte del suo gruppo in modo ufficioso verso la fine dell'anno
successivo. Coltrane fin da subito incorpora nel suo modo di suonare lo stile piu'
sanguigno e free del giovane collega. Sanders e' stato per lui una fonte d'ispirazione
insostituibile, forse ancor piu' significativa di Rollins e Dolphy, e con Coltrane
ha forgiato uno stile, un modo d'intendere il jazz ed il sassofono assolutamente
immortale. Dagli anni 70 in poi Sanders esplora altri stili oltre al free, tra cui
R&B e hard bop, senza mai far calare d'intensita' la propria musica, ed aprendosi
verso un pubblico disposto ad apprezzare maggiormente jazz non troppo complesso.
Nel corso dei decenni Pharoah diventa un musicista maturo e completo, capace di
spaziare fra diversi idiomi, ed oggi il suo stile non e' free come decenni fa',
ma molto lirico e pieno di sostituzioni coltraniane.
La serata e' proposta in trio col fedele pianista William Henderson
ed il notissimo percussionista Giovanni Hildago, scelta particolare poiche'
lo stile del sassofonista e' associato ad un drumming possente e presente, con un
ampio uso di piatti. In serata, comunque, non si sente la mancanza di un batterista,
ed Hildago da' dimostrazione di tutta la sua esperienza e bravura.
Il concerto di Sanders e' una delle lezioni di jazz piu' pure ed impressionanti.
Pochi musicisti hanno un carisma che riempie le sale. Il faraone trascende la tecnica
dello strumento, e trascende la melodia e l'armonia di una composizione. Il primo
brano e' Ole' Coltrane, che non annuncia e che suona senza mai risolvere
il tema. Il giro armonico e' ovviamente riconoscibile e la direzione della sua frase
non lascia dubbi, specialmente quando la interrompe per urlare -ole'. Un brano di
50 minuti diventa tutt'altro che lungo da seguire, visto che Sanders riesce a trasmettere
lo spirito che e' in tutto ed intorno a tutto. Come Keanu Reeves decifra tutte le
cose attorno a se', come fatte dello stesso codice universale (Matrix), cosi' e'
assistere a Pharoah e vedere il potere che ha la musica sul tempo, sulla realta'.
Pharoah chiama lo spirito di Coltrane e lo porta nella nostra dimensione attraverso
il suo sax, dandogli vita in un modo che tutti possono comprendere e percepire.
Todd Barkan, amministratore artistico del Jazz al Lincoln Center, era un tempo proprietario
del Keystone Korner, locale in cui Sanders si esibiva molto frequentemente.
Barkan dice che negli anni '70 la gente era
molto aperta ad esperienze spirituali e che le serate di Sanders erano diventate
come delle sedute paranormali. Potrà sembrare assurdo, ma assistere ad uno dei suoi
concerti toglie anche il piu' piccolo sentimento di scetticismo.
Dopo aver suonato con incredibile gusto tutto cio' che era possibile suonare
sul sassofono, con una gamma di effetti che raggiungono l'inverosimile, Sanders
regala al pubblico la bella Say it over and over again. Il suo liricismo
tagliente mostra questo brano in una luce molto simile all'esposizione che ne fece
Coltrane sul disco Ballads, aiutato da un pianismo molto sincopato alla
McCoy Tyner.
Con 35 dischi da leader e 25 come sideman, Pharoah ha esperienza da vendere,
ed e' arrivato ad una maturazione completa con un gusto sopraffino, assimilando
alla perfezione lezioni stilistiche di puro stampo coltraniano a distanza di decenni
dalla collaborazione dei due titani del sax. Sembra che i loro due stili mischiati
siano la ricetta per un sassofono tenore senza paragoni e senza data di scadenza.
Sanders calibra sapientemente la nota cantata e la nota strillata, il vibrato, il
cambio ritmico, la frase free e la frase bop.
L'ultimo brano che ci concede e' un anatole originale, che suona
come un brano di Parker eseguito al contrario. Molto hard bop, molta poesia, effetti
free, un suono infinito, una dimensione della musica molto spirituale. Quanto e'
riuscito a dare il faraone al pubblico londinese. Citando una frase famosa di
Albert Ayler: "Trane era il Padre, Pharoah il Figlio, io lo Spirito Santo".
25/03/2010 | Hal McKusick si racconta. Il jazz degli anni '40-'50 visti da un protagonista forse non così noto, ma presente e determinante come pochi. "Pochi altosassofonisti viventi hanno vissuto e suonato tanto jazz quanto Hal Mckusick. Il suo primo impiego retribuito risale al 1939 all'età di 15 anni. Poi, a partire dal 1943, ha suonato in diverse tra le più interessanti orchestre dell'epoca: Les Brown, Woody Herman, Boyd Reaburn, Claude Thornill e Elliot Lawrence. Ha suonato praticamente con tutti i grandi jazzisti tra i quali Art Farmer, Al Cohn, Bill Evans, Eddie Costa, Paul Chambers, Connie Kay, Barry Galbraith e John Coltrane." (Marc Myers) |
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Data pubblicazione: 29/11/2009
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